28 febbraio, 2021

28 febbraio 1892 – Giorgio Schottler jr, tra i primi a cantare alla radio


Il 28 febbraio 1892 nasce a Napoli Giorgio Schottler jr, uno dei primi cantanti scritturati negli anni Venti dalla sede EIAR. Erede di una famiglia di musicisti suo padre Raimondo e suo zio Giorgio sr sono due personaggi fondamentali della musica italiana d’inizio secolo. Interprete di classici napoletani gode di una buona popolarità negli anni Trenta e Quaranta. Nel 1931 e nel 1932 partecipa alle due edizioni del Festival Napoletano. Tra le sue interpretazioni restano famose quelle di 'A luna nova in duetto con Vittorio Parisi, I' te vurria vasà e 'E spingole frangese. Nel 1960 pubblica un album di classici napoletani.


27 febbraio, 2021

27 febbraio 2007 - Al 57° Festival di Sanremo con Simone Cristicchi vince l’impegno

Presentato dall’inedita coppia formata da Pippo Baudo, che ne è anche il direttore artistico, e Michelle Hunziker il 27 febbraio 2007 inizia il Festival di Sanremo. La popolare manifestazione, arrivata alla cinquantasettesima edizione, si svolge all’ormai abituale Teatro Ariston. Dopo un paio d’anni di assenza la RAI rispolvera per l’occasione il Dopofestival, un programma d’intrattenimento e commento che inizia dopo la conclusione della serata all’Ariston, affidandone la conduzione a Piero Chiambretti. L’edizione 2007 del Festival, che si conclude il 3 marzo, premia due artisti e due brani di particolari impegno. La canzone vincitrice della sezione "Campioni", infatti, è Ti regalerò una rosa di Simone Cristicchi dedicata al problema delle malattie mentali mentre Pensa, il brano con il quale Fabrizio Moro vince nella sezione "Giovani", è un esplicito omaggio a tutti gli uomini che combattono la mafia.



26 febbraio, 2021

26 febbraio 1960 – La Peugeot 203 va in pensione

Il 26 febbraio 1960, la Peugeot decide di cessare la produzione della 203, un’auto che ha lasciato un segno importante nella storia e nel costume di Francia Ha l’aria di una tranquilla e placida leonessa, ma come la compagna del re del giungla se sollecitata mette in mostra un’aggressività imprevedibile. Insieme alla 4 Cv e alla 2 CV la Peugeot 203 è per i francesi una delle vetture che hanno accompagnato la motorizzazione di massa e, insieme uno dei simboli dei rutilanti anni Cinquanta, quelli che segnavano la ripresa del paese dopo la tragedia della guerra e, soprattutto, della voglia di vivere. Nella Francia del dopoguerra è stata l’unica vettura moderna di classe media fino all’arrivo della Simca Aronde. La sua storia comincia nel 1947 quando la stampa può contemplarne i prototipi in anticipo di almeno un anno sull’avvio della commercializzazione. Qualcuno la definisce “Un’economica automobile di lusso”, cosciente della contraddizione insita nella definizione stessa. Quando anche il pubblico può ammirarla al Salone dell’automobile di Parigi nel 1948 se ne innamora. Non è tanto la potenza nascosta in quel motore a quattro cilindri in linea che lascia a bocca aperta i visitatori quanto le forme, ispirate alla produzione statunitense dell’epoca, a modelli come la Lincoln Zephir o alla Clipper. La fluidità delle linee della 202, il modello che l’ha preceduta, cede alle suggestioni d’oltreoceano non rinunciando, però, alla solida sobrietà francese. È una sorta di simbolica applicazione dei concetti che stanno alla base della scelta del marchio della Peugeot: una testa di leone che ruggisce. La leggenda tramanda, infatti, che Emile Peugeot in persona avesse scelto quel simbolo per evidenziare le tre caratteristiche fondamentali delle sue vetture: resistenza, eleganza e rapidità di reazione alle sollecitazioni. La 203 è tutto questo. L’eleganza delle forme si sposa, infatti a un motore a quattro cilindri da 1290 cc di concezione modernissima con camere da scoppio emisferiche e valvole in testa con disposizione a V. Le sue caratteristiche esalteranno anche la fantasia dei progettisti. A parte le numerose versioni elaborate dalla Peugeot, a partire dalla Limousine Famigliare, con il passo allungato fino a 2.780 mm. e uno spazio interno in grado di ospitare comodamente fino a otto persone, numerose sono le cosiddette “elaborazioni speciali” tese a esaltarne le caratteristiche sportive. La più famosa è la 203 Coupé Darl’mat, una freccia capace di volare a 140 Km/h grazie a due carburatori, al telaio ribassato e all’aumento del rapporto di compressione. All’inizio degli anni Cinquanta viene anche scelta per ospitare il direttore di gara e accompagnare i ciclisti francesi al Tour De France legando così le sue vicende all’epopea della più massacrante corsa a tappe del mondo. Quando, il 26 febbraio 1960, la Peugeot decide di sospenderne per sempre la produzione, la 203 è già un mito. Quando l’ultima 203 lascia la catena di montaggio di Sochaux i libri matricola della Peugeot raccontano di una produzione totale di 669.163 vetture alle quali vanno sommate alcune migliaia di modelli speciali variamente realizzati. La parte del leone la fanno le Berline che nelle due versioni immesse sul mercato sfiorano il mezzo miliardo di automobili vendute. Tra le “speciali” spiccano le 16 vetture realizzate appositamente per il Tour de France e le 1.280 203 attrezzate ad ambulanza.

25 febbraio, 2021

25 febbraio 1993 – Eddie Constantine, il duro dalla voce calda

Il 25 febbraio 1993 muore a Wiesbaden, in Germania l’attore e cantante Eddie Constantine. Con il sorriso largo da conquistatore accompagnato da una piega di ironia e il cappello stile Borsalino, un po’ da duro ma senza esagerare, insieme a Josephine Baker è uno dei pochi statunitensi che possa vantarsi di essere stato capace di conquistare il cuore del diffidente pubblico francese. Cantante cresciuto alla scuola dei crooners con qualche esperienza hollywoodiana come cascatore quando mette piede sul suolo europeo prima si lascia catturare dalla grande famiglia degli chansonniers e poi si converte in attore. Sul grande schermo è destinato a diventare uno degli eroi di una generazione che dopo l’angoscia della guerra comincia a non aver più paura di sognare nuove avventure nelle sale fumose dei cinematografi. Se il primo grande amore di Eddie Constantine è la musica tuttavia sarà il cinema a regalargli un successo popolare straordinario. Il suo volto dalla mascella quadrata e la sua figura robusta ma non massiccia sono ancora oggi considerati tra gli elementi che più caratterizzano il periodo d’oro del cinema poliziesco d’oltralpe. Constantine porta sul grande schermo personaggi come Nick Carter e, soprattutto, l’agente Lemmy Caution, un personaggio nato dalla fantasia dello scrittore britannico Peter Chesney che in Francia conosce una popolarità paragonabile a quella che qualche anno dopo in altri paesi arriderà al primo James Bond interpretato da Sean Connery. Nonostante il successo Eddie Constantine negli ultimi anni di vita confessa di non aver mai amato troppo la sua maschera cinematografica: «È un mestiere che non ho mai fatto per passione quello dell’attore. Diciamo che la motivazione più profonda nella mia carriera artistica è stata il denaro, cioè la sola cosa che non ho mai smesso di amare e non mi ha mai deluso... Il cinema mi ha consentito di vivere senza problemi e di avere tutto ciò che ho voluto. Pensate poi che ho orrore della violenza e invece nei miei film se ne vedeva moltissima. Mi massacravano, mi cospargevano di benzina e mi incendiavano dopo avermi legato ben stretto ma non c’era verso: alla fine ne uscivo vivo e mi vendicavo. Ero invincibile. Ero una specie di James Bond qualche anno prima che sugli schermi di tutto il mondo arrivasse James Bond. La gente che mi incontrava per la strada mi chiamava Lemmy, come il personaggio di Lemmy Caution che interpretavo sullo schermo. Ecco, io detestavo tutto questo...».. Edward Constantinowsky, questo è il vero nome di Eddie Constantine, nasce a Los Angeles in California il 29 ottobre 1917. I suoi genitori non sono statunitensi, ma russi che si trovano in territorio nordamericano per lavoro e che decidono di restare lì per tenersi fuori dai guai visto che nella loro terra natale è cominciata quella che verrà ricordata come le più grande rivoluzione sociale del Novecento. Nella nuova Russia degli eguali, repubblicana e comunista, non sono annunciati tempi di particolare tenerezza nei confronti di chi ha goduto della protezione dello Zar e ha vissuto gomito a gomito con una nobiltà ritenuta superflua e parassita. Per questa ragione il baritono Constantinowsky, padre di Eddie e figlio di un altro famoso cantante lirico, pur non avendo particolari antipatie per i rivoluzionari preferisce restare negli Stati Uniti. Intenzionato a garantire un futuro alla tradizione di famiglia costringe il piccolo Edward a studiare musica e canto. Pur essendo obbligato però il piccolo Eddie non vive le lunghe ore di studio e d’esercizio come una fatica. «La musica m’affascinava. Vivevo con stupore la scoperta che un po’ d’esercizio poteva rendere semplice la formazione di suoni che mi sembravano difficilissimi». Nonostante le intenzioni del padre nei suoi sogni non c’è l’opera lirica, ma i palcoscenici di Broadway, lo splendore dei teatri di varietà, le rutilanti scenografie dei musical e la caotica allegria delle grandi sale da ballo. Proprio inseguendo questo sogno parte ancora adolescente per New York dove la realtà sembra fare a pugni con le sue fantasie. Per garantirsi il minimo necessario a sopravvivere accetta lavoretti saltuari d’ogni genere mentre qualche presenza come corista di complemento rappresenta l’unica possibilità offerta da Broadway. È un periodo difficile ma Eddie Constantine non si arrende e riesce a farsi scritturare in un locale famoso come il Radio City Music Hall. Alla fine degli anni Trenta e nei primi anni Quaranta gran parte dei personaggi più popolari dello spettacolo quando sono a New York amano frequentare il Radio City Music Hall. È uno dei locali più alla moda ed Eddie Constantine fa parte dello spettacolo, sia pur in un ruolo di contorno. Proprio questo ruolo gli consente di conoscere alcune star del cinema, in particolare Joan Crawford e John Garfield che lo aiutano a entrare nel mondo del cinema e a ottenere anche un contratto dalla Metro Goldwin Mayer come comparsa e controfigura. La seduzione del cinema però sembra non avere effetto su di lui che al set preferisce la musica e le esibizioni dal vivo. Proprio al Radio City Music Hall avviene la svolta destinata a cambiargli per sempre la vita. Il destino ha il corpo seducente e gli occhi ammalianti di Hélène Mousill, una giovane danzatrice del Balletto di Montecarlo che gli fa battere forte il cuore. Per tutta la durata della tournée americana dell’ensemble danzereccio i due vivono giorni d’intensa passione e quando arriva il momento della separazione si lasciano con la promessa di scriversi. Eddie però non ce la fa ad accontentarsi di quei piccoli segni che parlano d’amore, di dolcezza e nostalgia vergati dalla sua amata sulla carta da lettera. Decide quindi di raggiungerla. Mette da parte i soldi necessari e nel 1949 sale su un piroscafo che lo porterà in Europa verso un nuovo e inaspettato destino. Eddie Constantine sbarca sulle coste francesi, raggiunge l’amata Hélène, la sposa e insieme a lei si trasferisce a Parigi. È il 1949 e il giovane russo nato e cresciuto negli Stati Uniti respira a fondo l’aria degli chansonnier. La sua voce morbida e impostata alla maniera dei crooner statunitensi sembra nata per esaltare i colori della canzoni di quell’epoca. In breve diventa uno dei beniamini del pubblico parigino ottenendo anche varie scritture in programmi radiofonici di successo. Una delle artefici principale del suo successo è Edith Piaf, la prima a intuire il talento di questo giovanottone con la faccia da duro e la voce calda. Incurante delle resistenze di Raymond Rouleau, per il quale Eddie Constantine è troppo rigido e limitato per avere successo, utilizza tutto il suo prestigio per imporlo tra gli interpreti principali dell’operetta “La p’tite Lili” di Marce Achard. È il grande successo. Anche il cinema si accorge di lui e nel 1952 gli fa vestire per la prima volta i panni del duro detective privato statunitense Lemmy Caution in “La môme vert-de-gris”, ispirato ai romanzi di Peter Chesney e arrivato in Italia con il titolo “F.B.I. Divisione criminale”. Nel corso degli anni seguenti veste anche i panni del detective Nick Carter, specializzandosi nei ruoli da duro senza mai prendersi troppo sul serio. È proprio quella sottile vena d’ironia che gli consente di passare indenne lo scorrere del tempo senza diventare una grottesca ripetizione di se stesso. Proprio questa sua capacità attira l’attenzione di registi come Jean-Luc Godard che danno nuove sfumature al suo personaggio. Negli anni Settanta si avvicina al nuovo cinema tedesco e lavora con Peter Lilienthal e Rainer Werner Fassbinder. Pur riducendo molto la sua attività non si ritira mai dalle scene. Muore il 25 febbraio 1993 a Wiesbaden, in Germania.


24 febbraio, 2021

24 febbraio 1977 - La televisione a colori? Un pericolo per l’economia

Il 24 febbraio 1977 hanno ufficialmente inizio le trasmissioni a colori della RAI. La decisione di dare il via alla programmazione a colori ha trovato a lungo un feroce oppositore in Ugo La Malfa, il segretario del Partito Repubblicano che teme un rilancio dei consumi in tempi in cui, a suo parere, è prioritario il contenimento dell’inflazione. Secondo l’esponente politico l’Italia dovrebbe prevedere un periodo di sacrifici per contenere il debito verso l’estero in una fase in cui la bilancia dei pagamenti è fortemente in passivo. In fondo, pensa La Malfa, la televisione a colori è un genere voluttuario di cui si può fare tranquillamente a meno ancora per un po’...

23 febbraio, 2021

23 febbraio 1966 – Billy Kyle, sottovalutato in vita rivalutato da morto

Il 23 febbraio 1966 muore a Youngstown, in Ohio, il pianista Billy Kyle. Registrato all’anagrafe con il nome di William Osborne Kyle nasce a Philadelphia, in Pennsylvania, 14 luglio 1914. Il suo incontro con il jazz avviene a sedici anni quando comincia a suonare in vari gruppi della zona di Philadelphia fresco di studi di pianoforte classico. Proprio questo tipo di studi gli lascia una traccia precisa, originale e molto piacevole, nel tocco e nello stile. Nel 1936 riunisce per breve tempo una propria orchestra, poi suona con le formazioni di Lucky Millinder, John Kirby, Sy Oliver e Roy Eldridge. All'inizio degli anni Cinquanta è a New York nell’orchestra che accompagna la famosa operetta “Guys and Dolls”. Nel 1953 inizia la più lunga esperienza della sua carriera, entrando a far parte del gruppo All Stars di Louis Armstrong. Sottovalutato in vita dopo la sua morte Kyle viene rivalutato dalla critica al punto che molti pianisti moderni, fra i quali Lennie Tristano, lo citano fra i loro ispiratori e precursori.


22 febbraio, 2021

22 febbraio 1930 – Giuliano Montaldo, da attore a regista d’impegno

Il 22 Febbraio 1930 nasce a Genova Giuliano Montaldo. Le sue prime esperienze cinematografiche risalgono all’inizio degli anni Cinquanta quando partecipa come attore in film di Carlo Lizzani, Giacomo Gentilomo, Luciano Emmer e Francesco Maselli. Il suo passaggio dietro alla macchina da presa avviene come aiuto regista di Carlo Lizzani e, soprattutto, di Gillo Pontecorvo. Nel 1961 debutta alla regia con “Tiro al piccione” cui segue, tre anni dopo, “La moglie svedese” uno degli episodi del film collettivo “Extraconiugale”. Nel 1965 al Festival di Berlino riceve il Premio speciale della giuria per il film “Una bella grinta”, in cui punta il dito sulle storture dell'Italia del boom economico. Il suo impegno artistico va di pari passo con quello civile e sociale dirigendo film come “Gott mit uns” nel 1969, il pluripremiato “Sacco e Vanzetti” nel 1971, “Giordano Bruno” nel 1973, “L'Agnese va a morire” nel 1976, “Il giocattolo” nel 1979, “Il giorno prima” nel 1986, “Gli occhiali d’oro” nel 1987, “Tempo di uccidere” nel 1989 e “Le stagioni dell’aquila” nel 1998. Oltre a dirigere anche una serie di film televisivi di successo non rinuncia a comparire di tanto in tanto nelle originarie vesti di attore in film come “Il lungo silenzio” di Margarethe Von Trotta nel 1993, “Un eroe borghese” di Michele Placido nel 1995 o “Il caimano” di Nanni Moretti nel 2006. Nel 2007 ha ottenuto il Premio Speciale David di Donatello alla carriera.


21 febbraio, 2021

21 febbraio 1930 - Eddie DeHaas, il jazzista nato all’isola di Giava

Il 21 febbraio 1930 nasce a Bandoeng, sull’Isola di Giava, il bassista Eddie DeHaas. Prevalentemente autodidatta ha all’attivo solo un brevissimo periodo di studi musicali dal 1950 al 1955 anche se la sua attività comincia prima. Dal 1942 al 1945 infatti suona con lo Hawaiian Ensemble,e nel 1946 entra a far parte del sestetto di Rob Pronk. Tra il 1948 e il 1950, trasferitosi in Olanda, suona con il quartetto di Rob Madna. Nel 1951 collabora con Pia Beck e Wally Bishop e l'anno partecipa a una lunga tournée con i Bill Coleman All Stars. Trasferitosi a Parigi tra il 1952 e il 1955 suona con molti dei più popolari jazzisti di quel periodo, da Dizzy Gillespie a Herb Jeffries, da Don Byas a Martial Solal, a Henri Renaud a tanti altri. Tra il 1955 e il 1956 se ne va in tournée con il trombettista Chet Baker e nel febbraio del 1957 si trasferisce negli Stati Uniti dove suona con Larry Sonn, Terry Gibbs, Blossom Dearie, Miles Davis e Bernard Peiffer. Nel 1958 collabora con Kay Winding, Benny Goodman, Toshiko Akiyoshi e l'anno dopo con Chris Connor, Bobby Jaspar, Attila Zoller, Kenny Burrell e Roy Haynes. Proprio con Hynes resta fino al 1961 quando passa al fianco di Peter Nero. Nel 1962 suona con Johnny Mathis e compie una lunga tournée con il gruppo di Peter, Paul & Mary. Tra il 1964 e il 1965 va in tournée con Gene Krupa e nel 1966 collabora con Clark Terry, Roy Eldridge, Zoot Sims e Illinois Jacquet. Tornato in Europa per un breve periodo si stabilisce a Colonia con l'orchestra di Kurt Edelhagen. Nel 1967 partecipa alla tournée asiatica dei Dukes of Dixieland. Dopo tanto girovagare decide di fermarsi un po’ e a partire dal 1968 suona solo nei gruppi dei locali notturni con contratti stagionali.

20 febbraio, 2021

20 febbraio 2004 - One mind one vote

Il 20 febbraio 2004 negli Stati Uniti parte la campagna “One mind one vote”, una mente un voto. Si tratta di una iniziativa che vede la mobilitazione di vari esponenti della black music per convincere i giovani coloured, in particolare afro e ispanoamericani, a registrarsi e a votare per le Elezioni Presidenziali che si svolgeranno nel mese di novembre. Negli Stati Uniti, infatti, la registrazione al voto è obbligatoria per poter esercitare il diritto di recarsi alle urne. I promotori della campagna, l’impresario Russell Simmons e i rappers LL Cool J, Run dei Run-DMC e Jadakiss, si sono dati l’ambizioso obiettivo di convincere almeno due milioni di giovani a non disertare le urne. Al loro fianco si muove anche un programma radiofonico condotto da Doug Banks che intende promuovere un lungo tour di spettacoli nelle periferie delle città più importanti degli States. L’iniziativa, pur non essendo legata direttamente alla campagna elettorale di alcun candidato specifico, non riscuote molte simpatie negli ambienti conservatori, visto che né Bush né la guerra in Iraq sembrano riscuotere tanti consensi tra i ragazzi dei ghetti. Polemiche a parte i promotori della campagna sostengono che la loro è una battaglia di civiltà e che i giovani non possono più permettersi di «lasciare che altri decidano il loro futuro senza fare niente».



19 febbraio, 2021

19 febbraio 1923 - Bruno Rosettani, il bancario che divenne cantante

Il 19 febbraio 1923 nasce a Porto Sant'Elpidio, in provincia di Ascoli Piceno il cantante Bruno Rosettani. Da ragazzo studia canto e pianoforte ma non pensa proprio che la musica possa diventare l’elemento principale della sua vita. Laureatosi in Economia e Commercio inizia a lavorare in banca. La musica resterebbe una passione e niente più se il destino non ci mettesse lo zampino. Nel 1947 mentre è in un locale notturno in compagnia di alcuni amici il cantante del gruppo che sta suonando si sente male. Un po’ per scherzo lui si offre di sostituirlo. All’esibizione è presente un discografico che, alla fine della serata gli offre una scrittura. La tentazione è forte e il giovane Bruno questa volta non resiste. Accetta la proposta, si licenzia dalla banca e si trasferisce a Torino dove, nel 1948 inizia a cantare alla radio con l’orchestra di Carlo Savina facendosi apprezzare dal pubblico con la sua voce limpida capace di interpretare efficacemente sia i brani melodici che quelli ritmati. Successivamente passa con le formazioni di Segurini, Cergoli e Ferrari e nel 1955 partecipa al Festival di Sanremo interpretando Era un omino piccino piccino con il Trio Aurora e Clara Iajone e Il primo viaggio con Marisa Colomber. Alla fine dello stesso anno sposa la cantante Mirosa Blengio e negli anni successivi compie numerose tournée all’estero, soprattutto nel continente americano dove gode di una notevole popolarità. Alla fine degli anni Cinquanta fonda una casa editrice musicale e un’etichetta discografica. Tra i suoi successi, oltre a quelli citati, si ricordano Lilly, Muliera, Julia, Per un filino d'erba e Cipollina e ravanello. Muore a Civitanova Marche il 14 ottobre 1991.


18 febbraio, 2021

18 febbraio 1986 - Evviva il “pancione” della Bertè

Il Festival di Sanremo del 1986 vede l’affermazione di Eros Ramazzotti, uno dei nuovi idoli della ragazzine di tutta Italia, con la canzone Adesso tu, seguito da un sorprendente Renzo Arbore con Il clarinetto, un motivetto vagamente jazz con un testo ricco di garbati doppi sensi. Tra gli esclusi dalla serata finale c’è Paola Turci, una giovane cantautrice destinata a svolgere un ruolo da protagonista nella musica leggera italiana degli anni successivi. All’edizione del 1986 partecipa anche, per la prima volta, Loredana Bertè, una delle più trasgressive interpreti della musica leggera italiana della seconda metà degli anni Settanta e dei primi Ottanta. La cantante si presenta sul palcoscenico in minigonna e con una falsa pancia da gestante suscitando le ire dei benpensanti e della quasi totalità di critici e giornalisti. Tra le poche eccezioni c’è la "pagina delle donne" del quotidiano romano Paese Sera, che proprio il 18 febbraio, in un pezzo a firma Diotima, approva la scelta: “Brava Loredana Bertè. Indossando quella maschera sei riuscita a togliere la loro. Quanto livore nei loro articoli!


17 febbraio, 2021

17 febbraio 1986 – Condannato Patrizio Peci, il primo pentito delle Brigate Rosse

Il 17 febbraio 1986 termina il processo a Patrizio Peci, passato alla storia come il primo pentito delle Brigate Rosse che con le sue rivelazioni ha consentito per la prima volta alla task force antiterrorismo messa in piedi dal Generale Carlo Alberto di penetrare i segreti della più grande e ramificata formazione dell’eversione armata di sinistra. Le sue indicazioni sono preziose per comprendere la struttura gerarchica dell’organizzazione, la suddivisione dei ruoli, le competenze, l’articolazione delle sedi e i nomi e le identità dei principali responsabili. La collaborazione di Peci segna una svolta decisiva per le sorti della guerra che oppone lo Stato alle Brigate Rosse. Dopo di lui altri militanti della lotta armata ne seguiranno l’esempio portando alla progressiva dissoluzione di gran parte delle strutture che avevano alimentato gli “anni di piombo”. Nato ad Ascoli Piceno nel 1953 Patrizio Peci è il maggiore di quattro fratelli: Ida, Roberto ed Eleonora. Cresce a Ripatransone fino al 1962 quando per lavoro il padre si trasferisce con tutta la famiglia a San Benedetto del Tronto. Ancora adolescente lavora come barista presso il Circolo Nautico e frequenta gli ambienti della sinistra extraparlamentare, ma le discussioni politiche non fanno per lui. Affascinato dalla concretezza dell’azione diretta dà vita ai PAIL (Proletari Armati In Lotta) con un gruppo di compagni insieme ai quali nel 1975 dà vita al Comitato marchigiano delle Brigate Rosse. In quel periodo Patrizio Peci entra in clandestinità e a partire dal mese di dicembre del 1976 si trasferisce prima a Milano e poi a Torino dove diventa un elemento di spicco della robusta organizzazione locale dell’organizzazione che conta, tra gli altri, i nomi di Rocco Micaletto, Raffaele Fiore, Angela Vai e Nadia Ponti che è anche compagna di Patrizio. Proprio nel capoluogo piemontese viene arrestato nei pressi di Piazza Vittorio, il 19 febbraio 1980, in compagnia di Rocco Micaletto. Due settimane dopo l’arresto incontra Carlo Alberto Dalla Chiesa nel carcere di Cuneo e accetta di collaborare fornendo indicazioni preziosissime per le indagini come l’indirizzo del covo di Via Fracchia a Genova nel quale in seguito all'irruzione dei Carabinieri vengono uccisi Piero Panciarelli detto "Quartino", Lorenzo Betassa, Riccardo Dura e Anna Maria Ludman. Lui stesso ammette la sua responsabilità in sette omicidi oltre a una lunga serie di azioni avvenute tra il 1977 e la fine del 1979. Il 17 febbraio 1986 viene condannato a otto anni di reclusione al termine del processo contro l’intera colonna torinese. Ai suoi compagni vengono comminate ben tredici condanne all’ergastolo. Oggi vive in una località segreta dopo aver cambiato nome.

16 febbraio, 2021

16 febbraio 1935 - Edda Dell'Orso, una voce western

Il 16 febbraio 1935 nasce a Genova la cantante Edda Dell'Orso, all’anagrafe Edda Sabatini. Trasferitasi a Roma con la famiglia si diploma nel 1956 in canto e pianoforte all'Accademia Santa Cecilia di Roma inizia a lavorare come corista nel gruppo di Franco Potenza. Due anni dopo entra nei Cantori Moderni di Alessandro Alessandroni con i quali partecipa alla registrazione di moltissimi dischi della RCA. Qui viene notata da Ennio Morricone che le suggerisce di sfruttare meglio la sua voce da soprano con un'estensione di tre ottave e le affida parti da solista in alcune colonne sonore tra le quali figurano quelle de “Il buono, il brutto, il cattivo” nel 1966 e “C'era una volta il West” nel 1968 e “Giù la testa” nel 1971. Sua è la voce che canta la famosa Sean Sean in “Giù la testa”. Partecipa anche alla registrazione di album come Per un pugno di samba di Chico Buarque de Hollanda, Alice non lo sa di Francesco De Gregori e Non al denaro, non all'amore né al cielo di Fabrizio De Andrè. Sua è la voce che canta in Il suonatore Jones. Nel 1997 ha riproposto la celebre colonna sonora di Giù la testa nella terza puntata della trasmissione televisiva “Anima mia” in una versione cantata insieme a Claudio Baglioni. Nel 2007 ha pubblicato l’album Voice. Nel 2009 ha ripreso a cantare in pubblico, esibendosi perlopiù in concerti di beneficenza, accompagnata da suo marito Giacomo al pianoforte e da Piero Montanari al basso. 


15 febbraio, 2021

15 febbraio 1937 - Fausto Cigliano una voce e una chitarra per Napoli

Il 15 febbraio 1937 nasce a Napoli il cantante e chitarrista Fausto Cigliano. Penultimo di sette figli nei primi anni della sua vita è soggetto a frequenti crisi d’asma che gli rendono impossibile seguire le orme dei quattro fratelli più grandi, cantanti nel coro del Teatro San Carlo. Non si rassegna però all’idea di vivere fuori dal mondo della musica. Con una chitarra regalatagli da un compagno di scuola inizia a studiare prima da solo e poi con vari maestri finché, nel 1953, guarito dall’asma, debutta come chitarrista e cantante dell’orchestra da ballo di Lello Greco. Nell’estate del 1955 è la voce solista di un gruppo jazz che si esibisce all’Hotel Moresco di Ischia e l’anno dopo, insieme ad Amedeo Pariante e Sergio Centi viene incaricato di rieseguire i motivi in gara al Festival di Napoli, esperienza che ripete nel 1957 con Armando Romeo e Ugo Calise. Nel 1959 presenta al Festival di Sanremo con Nilla Pizzi Sempre con te e pochi mesi dopo vince il Festival di Napoli con Sarrà chi sa, in coppia con Teddy Reno. La sua carriera continua con la partecipazione ai Festival di Napoli del 1961 e del 1962 e ai Festival di Sanremo, dove presenta Splende il sole nel 1960 in coppia con Irene D’Areni, Lei in coppia con Joe Sentieri nel 1961, Cose inutili insieme a Jenny Luna e Vestita di rosso in coppia con Mario Abbate nel 1962 e, nel 1964, E se domani insieme a Gene Pitney che diventerà poi un grande successo di Mina. Nello stesso periodo interpreta anche alcuni film divertenti e senza pretese con Nino Manfredi, Renato Salvatori e Memmo Carotenuto. Nel 1965 forma con il chitarrista Mario Gangi un duo di ricerca, riscrittura e riproposizione della musica tradizionale napoletana destinato a diventare famoso in tutto il mondo e a registrare ben nove album dell’antologia Napoli Concerto. Il lavoro di ricerca assorbe quasi tutto il suo tempo anche se, di tanto in tanto, non disdegna di tornare alla musica leggera come, nel 1986, con l'album Ventata nova. Tra le sue interpretazioni, oltre alle canzoni già citate, meritano di essere ricordate Anema e core, Nnammuratella, Il poeta guappo e ‘Na voce ‘na chitarra e ‘o poco ‘e luna.


14 febbraio, 2021

14 febbraio 2007 - Con “Notte prima degli esami – Oggi” nasce il “newquel”

Il 14 febbraio 2007, giorno di San Valentino, arriva nelle sale cinematografiche italiane “Notte prima degli esami – Oggi” un film che riprende i personaggi e la formula del fortunato e omonimo lungometraggio uscito nelle sale l’anno precedente collocandoli però in un altro periodo storico. Non si tratta di un “prequel”, cioè il racconto dei fatti che hanno preceduto gli eventi narrati nel film precedente né un “sequel”, cioè la narrazione del seguito. Come definirlo? Nella conferenza stampa di presentazione il regista Fausto Brizzi conia il termine di “newquel” spiegandolo così: «Io aggiorno la storia. È come se fosse un’istantanea di due periodi completamente diversi». Per meglio far comprendere le sue intenzioni allo spettatore sui titolo di testa mette il protagonista Luca, interpretato da Nicolas Vaporidis, di fronte alle commissioni di varie sessioni dell’esame di maturità ambientate in epoche diverse. Il ragazzo, indipendentemente dalle diverse ambientazioni, appare imbarazzato e reticente come sempre perché in fondo i veri protagonisti del film sono loro, gli esami di maturità, anno dopo anno così uguali eppure così diversi. Come già accaduto per il primo film della serie anche "Notte prima degli esami – Oggi" arriva nelle sale il 14 febbraio 2007, giorno di San Valentino, festa degli innamorati. Ad accompagnarlo ci sono due iniziative editoriali decisamente curiose. La prima è un libro, pubblicato dalla Mondadori, con il “Diario di Luca e Azzurra” direttamente tratto dalla sceneggiatura del film e la seconda è ancora più singolare. Nel numero di “Topolino” che arriva in edicola nello stesso giorno d’uscita del film, infatti, c’è una storia a fumetti intitolata “Qui Quo Qua e il giorno prima degli esami” il cui soggetto è stato scritto dallo stesso Fausto Brizzi, regista del film.


13 febbraio, 2021

13 febbraio 1872 - George Filhe, un pioniere del trombone jazz

Il 13 febbraio 1872 nasce a New Orleans, in Louisiana, il trombonista George Filhe. Porta ancora i pantaloni corti quando comincia a soffiare in un trombone. Lo fa da solo, da autodidatta, riuscendo ugualmente a perfezionarsi sotto il profilo strumentale fino a diventare uno dei migliori trombonisti di quella che è considerata la prima generazione di pionieri del jazz. Nel 1892 ottiene il suo primo ingaggio professionale con la Cousto-Desdunes Orchestra, diretta dai cornettisti Manuel Cousto e Dan Desdunes. L'anno dopo viene scritturato dalla Onward Brass Band, uno dei gruppi più prestigiosi dell’epoca a New Orleans con il quale resta per diciotto anni consecutivi, conquistandosi, come trombone solista, una larga fetta di popolarità. Tra il 1903 e il 1910 Filhe suona anche con la Bab Frank's Peerless Orchestra e con l'Imperial Orchestra del cornettista Manuel Perez. Nel 1910 Oscar Celestin, che ha ottenuto un contratto importante per suonare alla Tuxedo Dance Hall, lo chiama a far parte di una vera e propria All-Stars, comprendente Peter Bocage, Lorenzo Tio jr., Louis Cottrell e Manuel Manetta. Resta con questo gruppo fino al 1913, anno in cui viene chiusa la Tuxedo Dance Hall. In quello stesso anno Filhe, assieme a Manuel Manetta e al violinista Charles Elgar, si trasferisce a Chicago dove continua a essere conteso dai maggiori leader dei gruppi di “New Orleans style” da Joe Oliver a Manuel Perez, da Sidney Bechet a Lawrence Duhè. Il suo ultimo ingaggio conosciuto risale alla fine degli anni Venti e lo vede aggregato all'orchestra di Dave Peyton. Sembra che poi sia uscito definitivamente dalla scena musicale. Muore a Chicago, nell’Illinois, nel 1954.



12 febbraio, 2021

12 febbraio 1919 – Ferruccio Valcareggi, l’allenatore della staffetta

Ferruccio Valcareggi nasce a Trieste il 12 febbraio 1919 e debutta nel mondo del calcio come mezzala della Triestina, squadra con la quale gioca per la prima volta in serie A nel 1938. Nel 1940 passa alla Fiorentina dove rimane per tre stagioni per poi passare al Bologna e ritornare quindi alla Fiorentina. Nel corso della sua lunga carriera gioca poi nella Lucchese, nel Vicenza e nel Piombino dove nel 1953 inizia la carriera di allenatore. Passa poi ad allenare il Prato e per il suo lavoro riceve l’ambito riconoscimento del “Seminatore d'oro”, l’Oscar degli allenatori. La sua avventura con la nazionale inizia nel 1966 quando, dopo la disfatta della squadra azzurra nei mondiali inglesi, la federazione intenzionata a rimuovere il condottiero della sfortunata spedizione Edmondo Fabbri con figure nuove chiama lui ed Helenio Herrera. Nominato responsabile tecnico della squadra azzurra nel 1968 vince il Campionato d'Europa. Due anni dopo diventa vice campione del mondo nei mondiali del Messico e viene licenziato dopo l’eliminazione dell’Italia ai campionati del mondo del 1974. La sua ultima esperienza su una panchina è con la Fiorentina, dove subentra a De Sisti nel campionato 1984/85. Proprio a Firenze muore il 2 novembre 2005.

11 febbraio, 2021

Dick Van Der Capellen, il bassista olandese

L’11 febbraio 1919 a Batavia, in Indonesia, nasce il contrabbassista olandese Dick Van Der Capellen. Autodidatta nel 1946 si trova alla guida del Blanton Trio e nel 1948 inizia a lavorare con Jos Cleber. Nel 1952 si esibisce per tutto il territorio olandese con The Three Blind Mice e The Progressives. Dal 1954 al 1956 suona con il pianista Rob Pronk che lascia nel 1957 per passare con il gruppo dei Diamond Five con cui resterà fino al 1959 pur non rinunciando a esperienze personali e diverse. Nel 1957, per esempio, accompagna per qualche tempo anche la cantante Pia Beck. Tra il 1964 e il 1965 forma un trio che ha come elemento fisso, oltre a lui, il flautista Chris Hinze e nel quale si alternano Louis Deby e Cees See. L'anno dopo collabora con Boy Edgar, passando poi a lavorare con il sassofonista Willem Breuker. Negli anni Settanta oltre a spaziare nel cabaret musicale con Paul Van Vliet fonda un nuovo trio di cui per qualche tempo fa parte anche il chitarrista Bill Arendsma. Muore il 27 gennaio 2011 a Voorburg.


10 febbraio, 2021

10 febbraio 2006 – La voce di Pavarotti accende il braciere

Nella serata del 10 febbraio 2006 si svolge la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi Invernali di Torino. Tocca ad Alberto Tomba l’onore del primo ingresso nello stadio con la torcia olimpica che viene poi ceduta ai fondisti De Zold, Vanzetta, Albarello e Fauner, i quattro staffettisti della 4x10 km di fondo che nel 1994 hanno vinto la medaglia d’oro a Lillehammer. Il simbolo olimpico viene poi ceduto a Piero Gros, campione olimpico nello slalom a Innsbruck nel 1976 che la passa poi alla tre volte olimpionica Deborah Compagnoni, la quale la dà all'ultimo tedoforo, la sciatrice Stefania Belmondo. Sono le 22,34 quando la campionessa cuneese accende il braciere. Mentre il fuoco del braciere si staglia sul buio della notte Luciano Pavarotti intona l’aria “Nessun dorma” dalla Turandot di Puccini. Quando la musica si spegne partono i fuochi d'artificio.


09 febbraio, 2021

9 febbraio 2002 – Raiz debutta in teatro

Dopo aver portato con successo sul palcoscenico dei teatri d'Italia i Sud Sound System in "Acido Fenico - Ballata per Mimmo Carunchio camorrista" i Cantieri Teatrali Koreja continuano a far incontrare teatro e musica. Il 9 febbraio 2002 presentano "Brecht’s dance" un lavoro teatrale nel quale fa il suo debutto come attore e cantante Raiz, voce e frontman degli Almamegretta. Lo spettacolo, ispirato a tre opere di Brecht, “Baal”, “L’opera da tre soldi” e “Il cerchio di gesso del Caucaso”, è una sorta di viaggio nella "fatica di vivere" tra adolescenze rabbiose e disperate. Scritto da Gianluigi Gherzi e diretto da Salvatore Tramacere ha visto un apporto diretto di Raiz già nella fase di elaborazione. Il leader degli Almamegretta, infatti, ha riletto insieme a Paolo Polcari le canzoni de “L’opera da tre soldi” ispirandosi, oltre che alla musica di Kurt Weill, anche alla fascinazione di Brecht per l'Asia. Il linguaggio brechtiano viene riproposto non con intento calligrafico, ma come lettura viva della realtà di oggi. Del resto, come dice il regista Salvatore Tramacere «Bertolt Brecht aveva già capito nel suo tempo che il teatro doveva incontrare la musica e cercare insieme di costruire un linguaggio nuovo». La sfida vera è quella di reggere l'impatto con «l’ambiguità e la complessità del nostro tempo». L'opera verrà presentata presso i Cantieri Teatrali di Lecce a partire dall'11 febbraio. Non sarà un evento isolato, ma una parte significativa del progetto “I giorni di Brecht", una serie di spettacoli, mostre, convegni e feste dedicati al grande maestro che richiameranno nella città pugliese artisti, docenti universitari, critici ed esperti.

08 febbraio, 2021

8 febbraio 1962 - La strana coppia sbanca Sanremo

L’8 febbraio 1962 si apre la XII edizione del Festival di Sanremo, presentato da Renato Tagliani con al fianco Vicki Ludovisi e Laura Efrikian.. L’attenzione della stampa e del pubblico è tutta per Claudio Villa e Domenico Modugno, la “strana coppia” formata da due artisti che, solo un paio d’anni prima, apparivano come due acerrimi rivali. Il brano presentato è Addio… addio scritto da Domenico Modugno e sembra fatto apposta per esaltare le qualità di Villa. Come previsto la gara non ha alcuno storia. L’accoppiata tra i due “giganti” della scena musicale sbanca Sanremo. Addio... addio vince il Festival davanti a Tango italiano, interpretata da Milva e Sergio Bruni. Quest’ultimo conquista anche il terzo posto con Gondolì gondolà, insieme a Ernesto Bonino. Claudio Villa, motivato e deciso a farsi valere, appare in gran forma, tanto che in molti attribuiscono proprio alla sua interpretazione gran parte del merito della vittoria. Di questo parere è anche il regista Bernardo Bertolucci che sceglie la versione di Villa per la colonna sonora del suo film “La commare secca”.



07 febbraio, 2021

7 febbraio 1927 - Juliette Gréco, la musa dell’esistenzialismo

«Mi chiamo Juliette Gréco e non ho mai avuto uno pseudonimo. Sono nata il 7 febbraio 1927 a Montpellier in una giornata che mi hanno detto fosse uggiosa. È stata mia madre ha raccontarmi che quel giorno pioveva ma ha anche aggiunto che ero una bambina fortunata perché la pioggia favorisce la crescita di tutte le piante, anche quelle più velenose». Così la cantante racconta l’inizio della sua vita. Dice anche che da ragazzina voleva impegnarsi a diventare santa nel convento di Dordogne, ma la vita le ha fatto capire che tra il paradiso e l’inferno la distanza non è così lunga. Per lei la porta dell’inferno, quello vero, si apre quando, adolescente, scopre, nella Parigi occupata dai nazisti, di avere il "sangue impuro" perché sua madre è ebrea e vive come in un’agghiacciante film il suo arresto da parte della Gestapo, la deportazione della madre e della sorella a Ravensbrück e a Holleinstein, il carcere nella prigione di Fresnes, cella 326, con tre prostitute che le insegnano tutto della "scuola superiore del marciapiede" e i giorni nel centro d'accoglienza dell'Hotel Lutetia in una Parigi liberata ma non ancora risorta. Quelle vicende Juliette se le porterà dentro per sempre. Odierà il suo naso lungo "da ebrea" e lo cambierà ben cinque volte prima di decidere che è tempo di fermarsi. La sua vita correrà veloce come il vento, scandita da un tourbillon di amicizie, aspirazioni, tradimenti, canzoni, ideali, matrimoni, poesie, film, avventure, sogni e storie d'amore. L'esistenzialismo sarà un arma in più per sferrare un calcio a una società che, pur avendo bisogno di cambiare, rifiuta il cambiamento. Offre la sua voce ai musicisti e ai poeti più famosi, regala parole e note alle passioni di una stagione in cui, come dice Simone de Beauvoir, si guarda al futuro «…con dubbi e speranze. Non potevamo essere sereni perché il mondo appariva ostile alle nostre passioni…». I primi passi nel mondo dello spettacolo non sono incoraggianti. La ragazza vuole fare l’attrice, non la cantante. Spinta dalla sua insegnante di francese Hélène Duc si presenta al concorso de le Conservatoire, una famosa scuola d'arte drammatica, viene respinta anche se la direttrice Madame Dussane annota nei suoi commenti che la ragazza è da tenere d’occhio. Juliette non s’arrende. Prende lezioni d’arte drammatica sa Solange Sicard e muove i primi passi sul palcoscenico della Comédie-Française nell’opera dove il regista Jean-Louis Barrault mette in scena “Le Soulier de Satin” di Paul Claudel. Tra teatro, cinema amatoriale e grandi serate con poeti, registi e aspiranti tali prendono corpo le notti di Saint-Germain-des-Prés e del Tabou, il Club privato dove si riuniscono gli esistenzialisti di cui diventa la regina. Qui la chiamano “la toutoune” (il cagnolino buono) e la amano alla follia, uomini e donne. Tutti copiano il suo trucco agli occhi con l'eye-liner corposo e abbondante, il suo maglione e i suoi pantaloni neri. «Io, Jean Paul Sartre, chansonnier e autore di liriche, mi impegno a far avere a Juliette Gréco, artista, giovane elegante e ambiziosa, cantante affascinante, una canzone scritta da me prima del 10 del mese d'agosto…» È il mese di luglio del 1950 quando il filosofo, cedendo alle sue sollecitazioni prende carta e penna e scrive poche righe di solenne impegno in un albergo di Juan Les Pins sulla Costa Azzurra. Sembra uno scherzo, ma un mese dopo a Juliette arrivano davvero due canzoni firmate da Sartre. Si intitolano Ne faites pas suer le marin (non fate sudare i marinai) e La perle de Paissy, ma la cantante non le interpreterà mai. Stando alla leggenda andranno disperse nella confusa stagione delle poesie, degli eccessi, delle seduzioni, della filosofia e delle battaglie politiche e culturali di Saint-Germain-des-Près. Se i versi e le musiche di Sartre si perdono nella confusione, altri personaggi le regaleranno perle preziose per i suoi concerti. Hanno nomi illustri come quelli di Jacques Prévert, Raymond Queneau, Boris Vian, Jacques Brel, George Brassens, Serge Gainsbourg, Charles Aznavour, Leo Ferré e tanti altri. Storie di una Francia d'altri tempi animata da idee e passioni travolgenti, passaggi di una vicenda collettiva nella quale Juliette cambia spesso pelle pur rimanendo sempre se stessa. Quando la sua voce, accompagnata dal pianista Jean Wiener vola per la prima volta sulla musica il successo è immediato. È nato un mito. Charles Aznavour le regala Je hais les dimanches, un brano rifiutato da Edith Piaf che le porta bene e le fa vincere il Premio di interpretazione a Deauville. I successi sul palcoscenico attirano l’attenzione dei discografici e arriva il primo contratto con la Philips. Nel cuore degli anni Cinquanta Juliette Gréco è ormai tra i protagonisti assoluti della scena musicale. Tutti la vogliono ascoltare e anche negli Stati Uniti somma trionfi a trionfi. Anche il cinema la vuole e le affida ruoli capaci di esaltare la sua enigmatica personalità. Non mancano parentesi difficili come quando il pubblico dell'Alcazar di Marsiglia la fischia lanciandole monetine sul palcoscenico, ma sono solo piccoli inconvenienti che non ne mutano il destino. Nel 1954 prende sotto la propria ala protettrice un cantautore sconosciuto d’origine belga che risponde al nome di Jacques Brel ed è la prima a portare sul palcoscenico le sue difficili canzoni. Il suo successo fa emergere gli autori fino a quel momento rimasti confinati nelle cantine di Saint-Germain-des-Prés. Nel suo repertorio entrano e prendono vita canzoni di Georges Brassens, Charles Trent, Léo Ferré e altri. La sua popolarità non conoscerà cali neppure con il passare delle mode. Decennio dopo decennio attraverserà da protagonista, i tumultuosi anni Sessanta e i contraddittori Settanta superando in un balzo solo gli Ottanta delle illusioni colorate e i Novanta dei fermenti nuovi arrivando al nuovo millennio con ancora tanta voglia di cantare. «Il palcoscenico e il pubblico sono come l'amore. Più ci si dedica e più se ne ha voglia». Poi, per evitare equivoci rassicura tutti su di sé con una frase che in questi anni è diventata il suo distintivo: «Tranquilli, con il passare del tempo, non sono per niente diventata assennata». Nel nuovo millennio Juliette Gréco interpreta se stessa senza indulgere nella nostalgia. «Io non so che cosa significa la parola "nostalgia". Non l'ho mai capito e non penso di impararlo mai anche se mi dispiace che non si possa più pagare al ristorante con una poesia». Il suo cuore, la sua vita, i suoi sentimenti sono rimasti in Saint-Germain-des-Près dove i primi anni del nuovo millennio si è aperta una nuova battaglia. Non sono soltanto vecchi nostalgici quelli che denunciano la barbarie del degrado modernista del quartiere-simbolo di Saint-Germain-des-Près dove i caffé stavano diventano self service e dove i negozi di moda e d'abbigliamento espellevano le storiche librerie. Ci sono giovani pur nati e cresciuti nella globalizzazione del cattivo gusto e della colonizzazione culturale, proprio dalla riscoperta delle antiche radici traggono linfa per nuove battaglie contro l'omologazione e l'appiattimento. E quando la denuncia diventa movimento Juliette Gréco fa la sua parte. Si fa testimonial vivente dell'impegno, saluta i primi risultati con l'entusiasmo di un'adolescente e, come l’Araba Fenice rinasce a nuova vita. Muore a Ramatuelle il 23 settembre 2020.


06 febbraio, 2021

6 febbraio 2004 - Quando i PGR persero i pezzi

Il 6 febbraio 2004 Ginevra Di Marco e il suo compagno, di vita oltre che d'avventura artistica, Francesco Magnelli se ne vanno. Due pilastri importanti dei PGR lasciano il gruppo. La notizia viene data ufficialmente da un comunicato stampa di Gianni Maroccolo, fondatore del gruppo nato dalle ceneri dei CSI insieme ai due "dimissionari" e a Giovanni Lindo Ferretti e Giorgio Canali. Nel suo scritto Maroccolo non si nasconde dietro parole di circostanza «Scelte di vita personali, private, profonde, per certi aspetti a me incomprensibili, comunque sia da rispettare, seppur a malincuore», ma conclude augurando buona fortuna alla cantante e al tastierista della band «Non state a chiedervi o a chiedermi le ragioni. Così è! Ogni parola risulterebbe superflua». Con la defezione di Ginevra Di Marco e Francesco Magnelli si allungano ombre preoccupanti sul destino del gruppo. Proprio qualche giorno prima lo stesso Maroccolo presentando il suo primo album solista, A.C.A.U., aveva detto che i PGR a fine febbraio sarebbero ritornati in studio per lavorare a un nuovo album il cui materiale è già stato composto. La band si sarebbe dovuta ritrovare a Bath, negli studi della Real World di Peter Gabriel. L'addio di Ginevra e Francesco cambia le prospettive.



05 febbraio, 2021

5 febbraio 2000 - L’Italia nel gotha del rugby

Nel febbraio del 2000 l'Italia viene ammessa per la prima volta alla corte delle grandi del rugby mondiale. Lo storico torneo delle Cinque Nazioni (Scozia, Inghilterra, Galles, Irlanda e Francia) si apre alla rappresentativa del nostro paese. Sabato 5 febbraio 2000 alle ore 15 gli azzurri iniziano la loro prima avventura nel Torneo delle Sei Nazioni, manifestazione che proprio da quel giorno assume quella denominazione dopo essersi chiamato per novant'anni Torneo delle Cinque Nazioni. Allo Stadio Flaminio di Roma l’Italia affronta la Scozia, cioè la squadra che ha vinto l'ultimo Trofeo delle Cinque Nazioni. La rappresentativa azzurra, a dispetto dei pronostici che la vogliono nei panni della vittima predestinata entusiasma, di fronte a venticinquemila spettatori mette sotto gli scozzesi con il punteggio finale di 34 a 20. Ventinove punti azzurri portano la firma di Diego Dominguez mentre la meta finale è di Giampiero De Carli.

04 febbraio, 2021

4 febbraio 1908 - Manny Klein, trombettista precoce e irrequieto

Il 4 febbraio 1908 nasce a New York il trombettista Manny Klein, registrato all’anagrafe con il nome di Emmanuel Klein. Nato da una famiglia di musicisti inizia prestissimo a soffiare nella tromba e solo successivamente perfeziona gli studi musicali frequentando l'Institute of Musical Arts. Le sue prime esperienze in concerto lo vedono giovanissimo trombettista nella B. F. Keith's Boy's Band e nella New York Junior Police Band. La sua prima vera scrittura da professionista arriva dall’orchestra di Louis Katzman. Nel 1928, a soli vent’anni suona nel gruppo di Al Goodman che lascia poi per mettersi in proprio. Chiuso il periodo di attività indipendente lavora con varie orchestre da quella di Red Nichols a quella di Freddie Rich, da quella di Roger Wolfe Kahn a quella di Benny Goodman, a quelle di Tommy e Jimmy Dorsey, a quella di Joe Venuti e tante altre. Nel 1932 se ne va in Inghilterra. Al suo ritorno in patria lavora presso varie stazioni radiofoniche di New York dirigendo spesso proprie formazioni. Nella seconda metà degli anni Trenta, dopo una breve permanenza con l'orchestra di Glenn Miller, forma con Frank Trumbauer una big band. Irrequieto nel 1939 unisce al gruppo di Matty Malneck e poi a quelli di Ray Noble e di Artie Shaw. Nel 1942 diventa musicista di studio presso la Metro Goldwin Mayer ma proprio in quell’anno viene richiamato alle armi. Congedato, riprende il suo posto alla MGM dove resta per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta. A partire dagli anni Settanta limita la sua attività a occasionali sedute di registrazione. Muore il 31 maggio 1994.


03 febbraio, 2021

3 febbraio 1957 - L'Italia va a letto dopo Carosello

Il 3 febbraio 1957 va in onda per la prima volta “Carosello”, un programma televisivo esclusivamente dedicato alla pubblicità. Nel 1957 gli abbonati alla RAI sono 6.682.466 e la televisione non è ancora un elettrodomestico abituale nelle case degli italiani. Le punte massime d’ascolto si registrano al sabato e alla domenica quando intere famiglie si radunano nei locali pubblici intorno alla magica scatola che diffonde immagini in bianco e nero. Il giorno scelto per programmare la prima diffusione pubblicitaria della storia della televisione italiana è quindi una domenica e la fascia oraria è quella più comoda, dalle 20,50 alle 21, quando anche gli adulti che il giorno dopo devono andare a lavorare e i ragazzi che devono andare a scuola sono ancora disponibili a prestare la loro attenzione. Nasce così, quasi in punta di piedi, un fenomeno che condizionerà anche il linguaggio, oltre che la cultura generale dell’intera nazione. In pochi anni la frase «Si va a letto dopo Carosello» entra nelle abitudini dei bambini. Il programma diventa una sorta di confine che chiude la giornata dei piccoli e sancisce l’inizio delle trasmissioni per i “più grandi”. Non dimentichiamoci che in quegli anni tutti, accendendo la televisione, guardano gli stessi programmi perché il canale è uno solo e la possibilità di scelta si riduce al semplice gesto di accendere o spegnere. Carosello entra così nell’immaginario infantile. In quei pochi minuti davanti agli occhi dei piccoli spettatori scorrono fiabe, cartoni animati, scenette comiche e, soprattutto, prodotti da consumare. Nel 1957 lo spazio per un cortometraggio costa un milione e mezzo e al momento di programmare la prima trasmissione gli inserzionisti vengono sorteggiati. I primi quattro sono: Shell Italiana, L’Oreal, Singer e Grandi Marche Associate.


02 febbraio, 2021

2 febbraio 1917 - Tony Gottuso, eclettico chitarrista di studio

Il 2 febbraio 1917 nasce a New York il chitarrista Anthony Gottuso detto Tony, uno dei musicisti più popolari tra quelli che si esibiscono nel circuito newyorkese della seconda metà degli anni Trenta. Nel 1936 sostituisce Gene Stultz nell'orchestra di Artie Shaw e partecipa così alle sedute di incisione della band negli ultimi mesi di quell'anno per la Brunswick. L'anno seguente torna in sala di registrazione in duo con il chitarrista John Cali per la Victor. Nel 1939 entra nella formazione dei Bouncing Brass di Paul Whiteman con la quale registra vari brani per la Decca. Sempre negli studi di registrazione della Decca suona con Frank Signorelli e con i Blues Boys di Erskine Butterfield sempre per Decca. Nella seconda metà degli anni Quaranta affianca al lavoro in studio la partecipazione alle orchestre fisse di vari programmi radiofonici e televisivi. Alla fine degli anni Cinquanta lascia l'attività professionale.


01 febbraio, 2021

1° febbraio 1979 - Il ritorno dell’ayatollah Khomeini

Due milioni di persone in delirio accolgono il 1° febbraio 1979 l’ayatollah Khomeini che, dopo un esilio durato quindici anni ritorna a Teheran, la capitale dell’Iran. La rivolta popolare contro il sanguinario e dispotico regime dello scià Reza Pahlavi sembra così trovare la sua conclusione in un clima di rinnovata unità nazionale tra le forze della ribellione antidittatoriale. È solo un’illusione. Superato il primo momento tra le varie fazioni che hanno concorso all’abbattimento dello Scià si scatenano in una lotta fratricida che alla fine vede prevalere la parte più legata agli ambienti religiosi tradizionalisti. Pochi mesi dopo in Iran verrà proclamata la “Repubblica islamica” e tutte le componenti laiche della resistenza, i comunisti per primi, saranno disperse e in molti casi perseguitate.