Il 6 luglio 1957 i Quarrymen di John Lennon suonano in una festa nel sobborgo di Woolton. Un amico comune presenta a Lennon un ragazzo di nome Paul McCartney, che fa subito un'ottima impressione: sa accordare la chitarra, conosce tutte le parole di canzoni come Be Bop A Lula di Gene Vincent e suona gli accordi di Long tall Sally e di altri brani di Little Richard. Figlio di Jim McCartney un jazzista che negli anni Trenta era stato leader della Jim Mac's jazz band. Paul ha sviluppato una sua personale tecnica da mancino. Dopo quell'incontro a Woolton, Paul entra ufficialmente nei Quarrymen. John e Paul trascorrono interi pomeriggi insieme a esercitarsi, a sperimentare e imparare nuovi accordi, iniziando a stabilire quella stretta collaborazione tra due opposte personalità che sarebbe diventata il cuore delle imprese musicali dei Beatles. Verso la fine del 1957, John Lennon e Paul McCartney sono ormai in grado di comporre canzoni. E la prima canzone di Paul, I lost my little girl, viene presentata da McCartney al gruppo come una sorta di riparazione a una serata disastrosa alla chitarra solista. Il brano è buono ed entra nel repertorio. Inizia qui una storia lunga, lunghissima...
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio...
06 luglio, 2025
05 luglio, 2025
5 luglio 1946 - La prima volta del bikini

04 luglio, 2025
4 luglio 1971 - La leucemia uccide Donald McPherson dei Main Ingredient

03 luglio, 2025
3 luglio 1930 - Tommy Tedesco, dal jazz al pop
Il 3 luglio 1930 nasce a Niagara Falls, New York, il chitarrista Tommy Tedesco, all'anagrafe Thomas Tedesco. Debutta sulla scena jazz nel 1953 con la formazione di Ralph Marterie e quindi si trasferisce a Los Angeles. Suona per qualche tempo con il trio di Joe Burton, e subito dopo forma un proprio gruppo con il quale si esibisce al Lighthouse. Nella seconda metà degli anni Cinquanta suona con Dave Pell e quindi con Chico Hamilton, Buddy De Franco, Jack Montrose, Mat Mathews, Herb Geller e altri. Nel pop ottiene un grande successo soprattutto nelle colonne sonore. Muore il 10 novembre 1997 a Northridge, in California.
02 luglio, 2025
2 luglio 1946 - Dove sono finiti gli agenti dell'OVRA?

01 luglio, 2025
1 luglio 1971 – Bobby Donaldson la batteria del jazz tradizionale

Il 1° luglio 1971 muore a New York il batterista Bobby Donaldson uno dei migliori batteristi che il jazz tradizionale abbia avuto. Nato a Boston, nel Massachusetts, il 29 novembre 1922 il suo nome completo è Robert Stanley Donaldson. Cresciuto in una famiglia di musicisti studia musica fin da ragazzo e ottiene le sue prime scritture tra il 1939 e il 1941 con varie orchestre della sua città natale tra cui quella di Tasker Crosson. Durante il servizio militare suona con Russell Procope e successivamente con Cat Anderson. Nel 1947 perfeziona negli studi musicali alla Schillinger House e verso la fine degli anni Quaranta lavora con Paul Bascomb e con Willis Jackson. Tra il 1950 e il 1952 è con l'orchestra del clarinettista Edmond Hall al Café Society di Boston. Nella prima metà degli anni Cinquanta è attivissimo e suona, spesso in contemporanea, con le orchestre di Sy Oliver, Lucky Millinder e Andy Kirk. Successivamente la sua batteria scandisce il ritmo delle orchestre più prestigiose dell’epoca come quelle di Buck Clayton, con cui suona al “Basin Street" di New York, Benny Goodman, Red Norvo, Eddie Condon; Ruby Braff e Mel Powell solo per citare le più conosciute. Instancabile, nel 1957 i Seven Avenue Stompers, una band di stampo dixieland, composta da musicisti dotati come Emmett Berry, Vic Dickenson, Buster Bailey, Red Richards e Al Lucas, con la quale registra anche una serie di dischi per la World Wide e la Savoy.
30 giugno, 2025
30 giugno 1917 - Lena Horne, una delle grandi signore della musica
Il 30 giugno 1917 nasce a New York Lena Horne. Con Billie Holiday ed Ella Fitzgerald è considerata una delle grandi signore della musica statunitense. Inizia la sua carriera come ballerina nel 1934 nel celeberrimo Cotton Club e come cantante debuttò con l'orchestra di Noble Sissle, con la quale pubblica i primi dischi. Dopo aver fatto parte come vocalist delle orchestre di Charlie Barnet e di Teddy Wilson diventa popolarissima grazie alle sue esibizioni al Cafè Society. Trasferitasi a Hollywood nel 1942, senza abbandonare la musica, partecipa a film di successo come "Stormy weather" e "Due cuori in cielo". Nel 1981 Broadway le tributa un omaggio d'eccezione con "The lady and her music", uno spettacolo interamente dedicato a lei. Nel 1989 vince il Grammy alla carriera. Tra i suoi album più importanti ci sono At the Waldorf Astoria (1957), Give the lady what she want (1958), Porgy & Bess (con Harry Belafonte), Lena on the blue side (1962), Lena, lovely and alive (1963), Lena & Gabor (1970, con Gabor Szabo) e The lady and her music (1981). Muore il 9 maggio 2010 a New York.
29 giugno, 2025
29 giugno 1918 - Libero Tosoni, un jazzista che non disprezza la musica da ballo
Il 29 giugno 1918 nasce a Roma il chitarrista Libero Tosoni. A vent'anni inizia trasforma la passione della musica in una professione suonando all'EIAR con il chitarrista Saverio Seracini. Nel 1939 entra a far parte del grupp diretto da Enrico Pratt. Suona poi con Carlo Zeme e con un quintetto diretto da Bruno Martelli. Dopo la Liberazione di Roma forma insieme ad Armando Trovajoli un gruppo swing con Cecconi, Ammonini, De Carolis e Beppe Carta, con cui prende parte alle trasmissioni radiofoniche intitolate "Il Club del Ritmo", nel corso delle quali ha occasione di suonare con molti solisti statunitensi. Nel 1945 suona all'Arlecchino con un trio formato da Bruno Martino e Beppe Carta, ai quali si aggiunge in seguito Tino Fornai al violino. Nel 1947 suona al Bel Sito, sempre di Roma, con Armando Trovajoli. Prende parte all'attività jazzistica romana suonando in molte jam session, soprattutto all'Arlecchino e alla Conchiglia, due locali dove nella seconda metà degli anni Quaranta vengono organizzate molte manifestazioni a carattere jazzistico. La sua carriera proseguirà alternando il jazz a fortunate incursioni nella musica da ballo.
28 giugno, 2025
28 giugno 1927 - Franco Morea, dal sax alla batteria
Il 28 giugno 1927 nasce a Roma il batterista Franco Morea. Figlio del sassofonista Vito Morea sembra inevitabilmente destinato a seguire le orme del padre quando nel 1947 inizia a studiare il sax baritono e il clarinetto sotto la guida del professor Gambacorta. Nel 1950 passa alla batteria come autodidatta. A sostenerlo nella decisione è la madre che non vede di buon occhio gli strumenti a fiato. L’anno seguente suona con Brugnolini musica commerciale e sul finire dell’anno entra a far parte della Junior Dixieland Gang con la quale resta fino allo scioglimento, nell’estate del 1955, partecipando all’incisione per la Voce del Padrone di Louisiana, Ballin’ The Jack, Lississippi, Mud, Margie, Canal Street Blues, Wabash Blues, Bixin The Blues, Indiana, Royal Garden Blues. Dlla fine degli anni Cinquanta riduce di molto l'attività pur partecipando a numerose jam session, concerti, esibizioni e incidendo anche un brano con la Modern Jazz Gang.
27 giugno, 2025
27 giugno 1980 - Quando David Knopfler lasciò i Dire Straits
Il 27 giugno 1980 i Dire Straits iniziano a registrare i brani dell'album Making movies. Proprio nel bel mezzo delle sedute David Knopfler annuncia a sorpresa la sua decisione di lasciare il gruppo. Secondo la leggenda la scintilla sarebbe scoccata al momento di provare le parti di chitarra per Romeo and Juliet.
David, ai fronte alle critiche del fratello Mark, da lui ritenute ingiuste, avrebbe preteso scuse che non sarebbero mai arrivate. Questa tesi è stata successivamente confermata dallo stesso David: «Me ne andai dopo un litigio abbastanza duro su alcuni dettagli di studio, ma non era quella la cosa rilevante. Eravamo tutti troppo sotto pressione: era solo una questione di tempo e poi tutto sarebbe scoppiato. Eravamo troppo carichi di responsabilità e impegni: non c'era tempo di riflettere su niente».
David, ai fronte alle critiche del fratello Mark, da lui ritenute ingiuste, avrebbe preteso scuse che non sarebbero mai arrivate. Questa tesi è stata successivamente confermata dallo stesso David: «Me ne andai dopo un litigio abbastanza duro su alcuni dettagli di studio, ma non era quella la cosa rilevante. Eravamo tutti troppo sotto pressione: era solo una questione di tempo e poi tutto sarebbe scoppiato. Eravamo troppo carichi di responsabilità e impegni: non c'era tempo di riflettere su niente».
26 giugno, 2025
26 giugno 2009 - Quando arrivò la notizia della morte di Michael Jackson
Il 26 giugno 2009 nel mondo si diffonde la notizia che Michael Jackson è morto. La morte in realtà è avvenuta il giorno prima nella sua casa di Holmby Hills, vicino a Los Angeles. Il certificato medico stilato dopo il decesso attribuisce le cause della morte ad arresto cardiocircolatorio, ma le circostanze restano oscure. L’indagine avviata in seguito porterà al rinvio a giudizio per omicidio del suo medico personale, colpevole di avergli somministrato una dose eccessiva di farmaci. Jackson ha cinquant’anni. Star dello star dello showbusinnes è una delle più discusse figure della storia musicale degli ultimi anni del Novecento. Inizia la sua carriera come bambino prodigio nei Jackson Five il gruppo formato insieme ai suoi fratelli Jackson, figli della cantante di blues e country Katherine "Kate" e dell'ex chitarrista dei Falcons, Joe Jackson. Nel 1993 ha addirittura ottenuto un Grammy speciale "alla carriera" assurgendo ufficialmente al ruolo di mito, a soli trentacinque anni d'età, ma con venticinque anni di carriera all'attivo. La sua attività solistica inizia all’inizio degli anni Settanta quando la Motown decide di promuovere anche individualmente i componenti dei Jackson Five. Il primo è proprio Michael che nel 1971 pubblica il singolo Got to be there, seguito dall’album omonimo. Dopo vari dischi di buon successo nel 1979 Michael partecipa con Diana Ross al film "The wiz", un remake del "Mago di Oz" con un cast interamente composto da attori di colore, cantando You can't win con la supervisione di Quincy Jones, l'autore dell'intera colonna sonora. Proprio da questa esperienza nasce la sua intesa musicale con Jones che trova la sua prima concretizzazione nell’album Off the wall, alla cui realizzazione partecipano sessionmen come i Brothers Johnson e autori come Rod Temperton degli Heatwave. Michael nel 1981 vince il Grammy come miglior cantante per Don't stop 'til you get enough mentre Off the wall conquistò il doppio disco di platino vendendo oltre 4 milioni di copie in tutto il mondo. Il 1 dicembre 1982 viene pubblicato Thriller, il maggio successo di vendite dell'industria discografica, con 40 milioni di copie vendute, che vince ben otto Grammy. Con la notorietà iniziano le leggende sul conto di Michael Jackson, ormai divenuto un mito astratto. Il suo silenzio e il suo ritirarsi nel privato suscitano l'interesse morboso dei giornali e l'invidia dei più. Di lui si scrive tutto e il contrario di tutto, investigando ogni più nascosto anfratto della sua vita, dalla sessualità, alla sua ipotizzata verginità con punte di sessuofobia, alle sue operazioni di chirurgia plastica, fino all'accusa di tingersi la pelle di bianco vergognandosi del suo colore. L'aver vissuto da star fino dall'età di dieci anni non aiuta Michael a reggere il suo ruolo di mito. La morte non cancella le polemiche.
25 giugno, 2025
25 giugno 1969 - Fabbrica e Cantagiro due facce della stessa medaglia
«Ritmi infernali in fabbrica, ritmi musicali al Cantagiro: due facce della stessa medaglia». La frase, riprodotta su migliaia di volantini, accompagna il 25 giugno 1969 a Cuneo la dura contestazione al Cantagiro. Nel 1969 la manifestazione è ormai arrivato all’ottava edizione schierando ai nastri di partenza personaggi adorati dal pubblico giovanile come Massimo Ranieri, Lucio Battisti e Mal. Mentre torna il girone riservato ai giovani, in ossequio ai gusti del periodo viene “inventato” un girone destinato al folk cui partecipano, tra gli altri, Cochi e Renato, Giorgio Gaber, Gabriella Ferri, Lino Toffolo, Bruno Lauzi e un giovane Pippo Franco. Nonostante il buon livello della proposta musicale i tempi stanno ormai cambiando. I giovani non s’accontentano delle canzoni, vogliono di più e qualche volta sognano addirittura di cambiare il mondo. Il Cantagiro finisce per far da catalizzatore delle proteste giovanili che il 25 giugno 1969 trovano un momento eclatante a Cuneo dove i giovani manifestanti bloccano l’ingresso della Stadio Comunale della cittadina piemontese con la parola d’ordine “Ritmi infernali in fabbrica, ritmi musicali al Cantagiro: due facce della stessa medaglia”. Invitati a sgomberare da parte dei responsabili dell’ordine pubblico decidono di resistere. Ne nascono tafferugli poi sedati. Il dado però è tratto. È il primo segnale di un rapporto tra contestazione e concerti che negli anni successivi diventerà esplosivo. Con la fine degli anni Sessanta l’epoca d’oro del Cantagiro finisce.
24 giugno, 2025
24 giugno 1931 – La prima volta di "Casa mia (Casetta de’ Trastevere)"

Al festival poetico-musicale indetto a Roma in occasione della Festa di S. Giovanni del 1931 viene presentata per la prima volta al pubblico il brano Casa mia (Casetta de’ Trastevere). L’autore è Alfredo Del Pelo, considerato, insieme a Romolo Balzani, uno degli esponenti più rappresentativi della scuola degli stornellatori romani degli anni Venti. Del Pelo, che si esibisce alla famosa Taberna Ulpia, destinata a essere distrutta negli anni Trenta dagli sventramenti decisi dal Duce per realizzare la via dell’Impero, ha composto questa canzone l’anno prima insieme ad Alberto Simeoni e Ferrante Alvaro De Torres e ha voluto provare il suo effetto sul pubblico (oggi si direbbe “testarla”) in occasione dell’importante rassegna. Presentata fuori concorso diventa ben presto uno dei canti della tradizione della capitale.
23 giugno, 2025
23 giugno 1969 - Nasce il Manifesto
Il 23 giugno 1969 attorno a Luigi Pintor e Rossana Rossanda nasce il Manifesto, una rivista di ricerca politica nata dalla componente più "a sinistra" della linea ufficiale del Partito Comunista Italiano e destinata a diventare successivamente un quotidiano. Il primo numero ha una tiratura di 75.000 copie e viene pubblicato dalle Edizioni Dedalo. Alla redazione partecipano Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Luciana Castellina e Ninetta Zandegiacomi.
22 giugno, 2025
22 giugno 1936 – Kris Kristofferson, tra poesia, canzoni e cinema

Il 22 giugno 1936 a Brownsville, nel Texas nasce il cantante, autore e attore di successo Kris Kristofferson. Negli anni del College la sua prima passione è la letteratura: compone poesie e scrive un paio di romanzi trovando anche qualcuno disposto a pubblicarli e leggerli. Durante il servizio militare resta, però, affascinato dalla possibilità di aggiungere la musica alle parole. L'emozione per la scoperta è tanta che quando, nel 1965, viene congedato, rifiuta la cattedra di Letteratura a West Point e decide di dedicarsi anima e corpo alla musica. A sostenerlo nella scelta c'è il cantante country Johnny Cash, suo grande estimatore, che da tempo insiste perché il ragazzo si applichi con più continuità alla composizione di testi per le canzoni. Si lascia alle spalle West Point e si trasferisce a Nashville. Qui sbarca il lunario scrivendo canzoni per i vari personaggi del country e qualche ballata d'impegno sociale. È proprio in questo periodo che vede la luce Me and Bobby McGee, un brano che conosce un discreto successo nel 1969 nell'interpretazione del cantante Roger Miller e che un paio d'anni dopo diventa uno dei cavalli di battaglia di Janis Joplin. La sua produzione alimenta il repertorio di personaggi di primo piano della scena country come Gordon Lighfoot, Johnny Cash e Willie Nelson. Meno bene vanno le cose quando decide di interpretare da solo i propri brani. Pubblica, infatti, una lunga serie di album senza infamia né lode, tre dei quali in coppia con Rita Coolidge che per qualche anno diventa anche sua moglie. Una nuova svolta nella sua carriera arriva nel 1971 quando Dennis Hopper lo vuole nel suo film "The last movie" (Fuga da Hollywood), uno dei manifesti più confusi della generazione hippie. La piccola e, tutto sommato, marginale partecipazione alla pellicola di Hopper gli apre le porte del cinema. In breve diventa uno dei personaggi più interessanti del cinema degli anni Settanta. Gran parte del merito va al regista Sam Peckinpah che gli affida due parti significative in "Pat Garrett & Billy The Kid" e "Voglio la testa di Garcia" e il ruolo del protagonista in "Convoy, trincea d'asfalto". Tra i suoi successi di quel periodo c'è anche il remake di "È nata una stella" al fianco di Barbra Streisand. Nel 1980 è tra gli attori scelti da Michael Cimino per lo sfortunato film-denuncia "I cancelli del cielo". L'attività cinematografica lo porterà a trascurare quella musicale, anche se non mollerà mai del tutto né la sala di registrazione né le esibizioni dal vivo. Muore il 28 settembre 2024.
21 giugno, 2025
21 giugno 2009 - Amiche per l’Abruzzo, musica e solidarietà al femminile
L’idea nasce da Laura Pausini. “Amiche per l’Abruzzo” è un concerto di sole donne con lo scopo di raccogliere fondi da destinare alle popolazioni colpite dal sisma che in aprile ha colpito l’Abruzzo. Sembra una boutade, forse un azzardo, invece è un’idea geniale. Il 21 giugno 2009 accorrono circa sessantamila persone allo stadio di San Siro per assistere all’evento. L’incasso totale della serata è di circa 1 milione e mezzo di euro, cui andranno poi sommati i proventi derivanti da Cd e DVD del concerto stesso. Non si tratta soltanto di un grande evento di solidarietà ma un eccezionale appuntamento musicale che vede unite sullo stesso palco stelle di prima grandezza come Giorgia, Elisa, Irene Grandi o Gianna Nannini. Il via alle canzoni viene dato dalla voce di Antonella Ruggero sulle note di Ave Maria di Fabrizio de Andrè. Nel lungo pomeriggio si alternano interpreti come Senit, Jo Squillo, Alexia, Paola e Chiara, Malika Ayane, Arisa, Simona Molinari, Dolcenera, Alessandra Amoroso, Karima, Noemi, Giusy Ferreri e molte altre. Non mancano inediti duetti come quelli tra Fiordaliso e Annalisa Minetti, Giorgia e Gianna Nannini o Laura Pausini e un Elisa in attesa di diventare mamma. Nel gran finale Elisa, Giorgia, Laura Pausini e Gianna Nannini cantano Donna d’Onna, scritta dalla stessa Nannini in ricordo di tutte le donne che hanno sofferto e continuano a soffrire in seguito al terremoto chiamando poi tutte le cantanti in un grande coro sulle note de Il mio canto libero di Mogol - Battisti.
20 giugno, 2025
20 giugno 1987 – Lisa l'ispanica

19 giugno, 2025
19 giugno 1917 - Dave Lambert, la prima voce del bop su disco
Il 19 giugno 1917 nasce a Boston, nel Massachusetts, il cantante Dave Lambert, il cui nome completo è David Alden Lambert, il primo interprete vocale dei capolavori del jazz in grado di muoversi in complessi arrangiamenti. A dieci anni inizia a studiare la batteria e proprio come batterista muove i primi passi sulla scena musicale alla fine degli anni Trenta nel trio di Hugh McGuinness. Solo nel 1943, terminato il servizio militare, dà inizio alla carriera di cantante nell'orchestra di Johnny Long. La svolta arriva il 22 gennaio 1945 quando Gene Krupa lo vuole come cantante della sua grande orchestra insieme a Buddy Stewart. In quell'anno Lambert incide per la Columbia What's This che viene ricordato come il primo brano cantato di bop. Nel 1946 e 1947 dirige un quartetto vocale in uno spettacolo a Broadway e incide in proprio per la Capitol e per la Columbia. In quel periodo si esibisce anche alla radio e alla televisione curando gli arrangiamenti per altri cantanti come Carmen McRae. Nel 1957 Lambert si unisce a John Hendricks dando inizio a un sodalizio che tocca vertici assoluti di qualità con l'arrivo della cantante Annie Ross. L'album d'esordio See Lambert, Hendricks & Ross ottiene un grande successo, La collaborazione tra i tre cantanti dura fino al 1963, quando la Ross , per motivi di salute, viene sostituita da Yolande Bavan. L'anno dopo anche Lambert se ne va per continuare da solo su nuovi progetti, ma il 6 ottobre 1966 muore in un incidente d'auto.
18 giugno, 2025
18 giugno 2004 – Il giorno in cui i Marmaja persero Elia

Il 18 giugno 2004 muore improvvisamente Elia Mantovani, il chitarrista dei Marmaja. «Nessuno potrà ascoltare dal vivo il nuovo disco, perché Elia dal 18 giugno non c’è più». L’emozione è palpabile nella voce di Guido Frezzato il front man di uno dei gruppi storici di quel genere che in modo alquanto impreciso viene definito “combat rock”. Nella frase c’è più di una verità perchè l’uscita di Marmaja, il terzo album della loro storia, coincide con la morte improvvisa di Elia Mantovani, la chitarra grafica del gruppo, il levigatore delle atmosfere, il cesellatore delle evoluzioni sonore. Per capire quanto di lui ci sia nel disco è sufficiente leggere la title track dove la sua firma compare in sette brani su dodici o ascoltarlo con orecchio allenato per accorgersi come nei primi cinque brani tutto giri intorno alla sua chitarra. La scomparsa stende un’ombra sul futuro del gruppo. In una lunga intervista proprio Frezzato chiarisce le intenzioni della band. «Ci manca e ci mancherà sempre perché i Marmaja non sono soltanto un gruppo musicale, ma un laboratorio, una comunità unita e solidale nel profondo. La sua scomparsa apre una ferita dolorosa in quella comunanza di sentimenti e idee che sta alla base del nostro lavoro. Non molleremo, ripartiremo da lì e andremo avanti. Non lo sostituiremo. Ridistribuiremo i ruoli e continueremo per la nostra strada». E a chi gli chiede se non sia paradossale che tutto questo avvenga dopo la pubblicazione di un album in cui la band sembra trovare una nuova fisionomia sonora, più solare, quasi gioiosa, risponde: «È la morte che è paradossale, non la sua scadenza temporale. L’album nasce dalla voglia di ragionare intorno all’idea del domani, di un futuro che ci piaceva immaginare ricco anche di gioia, di giocare un po’ con le promesse, il mistero, le speranze che l’idea del domani alimenta». La chiave è forse nella canzone di Bertelli Vedrai come è bello? «È anche lì, ma è soprattutto in quell’allegria sudamericana che caratterizza le musiche e gli arrangiamenti. Il folk è solo un pezzo della nostra storia, così come gli echi balcanici ieri e, oggi, le atmosfere sudamericane. Chiudere i Marmaja in un genere fa torto alla nostra storia che è improntata al confronto, alla voglia di conoscere e sperimentare senza preoccuparsi dell’etichetta. Nel disco confluiscono tante idee ed esperienze, compresi un paio di progetti paralleli di cui alcuni di noi fanno parte come il bossa rock degli Iguana Sana o del jazz samba del Trio Brasil. Noi raccontiamo storie, parliamo del lavoro, della vita della gente, delle sue speranze e anche delle sue lotte. È un modo di fare politica, anche se diverso da chi sceglie la canzone-slogan col riff ripetuto da cantare con il pugno alzato, ma è il nostro».
17 giugno, 2025
17 giugno 1938 – Nicuzza se ne va

Il 17 giugno 1938, a Napoli, muore a ventidue anni fra atroci sofferenze la cantante Nicuzza, una delle più popolari interpreti femminili di café chantant. Nata il 5 aprile 1906 a Messina e registrata all’anagrafe con il nome di Maria Sergi a quindici anni scappa di casa e se ne va a Napoli dove studia canto facendosi mantenere dal suo maestro. Graziosa ed eccentrica nel 1923 debutta come cantante nei Café Chantant interpretando brani come Ninì, La spagnola, L’ingenua e ‘A frangesa. Tra le sue performances più famose c’è l’interpretazione di Balocchi e profumi spargendo sul pubblico fiori ed essenze profumate. Con le sue mossette, le gonne alzate al momento opportuno e la voce sensuale conquista una lunga serie di uomini importanti dell’epoca che si innamorano perdutamente di lei. Partecipa a varie audizioni di Piedigrotta e vive rocambolesche avventure fino al punto da ritrovarsi sul capo un mandato di comparizione per “comportamento scandaloso”. Accade nel gennaio del 1938, quando in Italia c’è un regime dittatoriale, ma lei non se ne cura. Una notte ruba una divisa militare a un amante occasionale e fugge in Africa Orientale dove si esibisce in vari locali. A giugno, quando tutto sembra ormai a posto, s’imbarca per tornare in Italia. Nel viaggio di ritorno s’ammala a causa di una dolorosa malattia tropicale e muore in clinica pochi giorni dopo essere sbarcata a Napoli.
16 giugno, 2025
16 giugno 1979 - Ring My Bell

Il 16 giugno 1979 arriva al vertice della classifica dei singoli più venduti in Gran Bretagna un brano dall'arrangiamento in sintonia con la moda imperante della Disco Music. Si intitola Ring my bell. Lo interpreta una cantante dalla splendida voce, ma del tutto sconosciuta al grande pubblico. Si chiama Anita Ward ed è nata ventun anni prima a Memphis, nel Tennessee. Dietro alle spalle ha una lunghissima carriera di cantante gospel iniziata fin da bambina nel coro della sua chiesa. Proprio in una delle esibizioni a sfondo religioso in una delle tante chiese della zona dove vive viene notata dal manager Chuck Holmes che, affascinato dalla sua voce, le propone di tentare la carriera solistica. Nel 1971, a tredici anni, inizia quindi a tenere concerti come cantante di gospel e soul. Ben presto il suo nome diventa popolarissimo tra gli amanti del genere, grazia anche ad alcuni dischi registrati "a cappella", cioè senza accompagnamento orchestrale. Cosa c'entra una cantante come lei con la disco music? Tutto accade quando le viene offerto di registrare Songs of love il primo album "con accompagnamento" della sua carriera. Inizialmente si pensa di sfruttare i suoi brani più conosciuti e più impegnativi svecchiandoli con arrangiamenti specifici, ma poi, si sa, l'appetito vien mangiando. Il diavolo tentatore assume le vesti del produttore Frederick Knight che suggerisce di aggiungere qualche brano più commerciale al suo repertorio. In particolare le offre di interpretare Ring my bell, una canzone inizialmente composta per l'undicenne Stacy Lattisaw, una delle tante cantanti-bambine di quel periodo. Pur senza esserne completamente convinta la Ward accetta. Il singolo, in linea con i canoni della Disco Music, diventa un successo mondiale. Non avrà, però, seguito. L'improvvisa popolarità finisce per spaventare Anita Ward che dopo qualche tempo tornerà al gospel e al soul più tradizionale lasciandosi alle spalle l'exploit del singolo milionario.
15 giugno, 2025
15 giugno 1933 – Sergio Endrigo, il cantautore che piace ai poeti

Il 15 giugno 1933 nasce a Pola, nell'Istria, Sergio Endrigo, uno dei più interessanti cantautori italiani, amico e collaboratore di poeti e scrittori. All'inizio degli anni Cinquanta sbarca il lunario cantando nei night club della provincia di Trieste i classici standard della canzone americana senza rinunciare a una sorta di "vita artistica parallela" in cui compone ed esegue, per ristretti gruppi d'amici, canzoni di sua composizione. Nel 1960 viene scritturato dalla Ricordi, la casa discografica di Milano impegnata a dare spazio alle esperienze dei primi cantautori. Tra i brani che vedono la luce nell'ambito di questa esperienza ci sono I tuoi vent'anni e La brava gente. L'avventura milanese, però, non lo soddisfa completamente per cui se ne va a Roma. Nel 1963 arriva il primo successo discografico con Io che amo solo te. Tre anni dopo partecipa per la prima volta al Festival di Sanremo con Adesso sì in coppia con gli inglesi Chad & Jeremy. Nel 1968 è il primo cantautore a vincere la rassegna sanremese insieme a Roberto Carlos con Canzone per te. Negli anni successivi, nonostante il buon successo commerciale, la sua carriera si avvia, però, a una nuova svolta. L'orizzonte cantautorale gli va ormai stretto e dopo un memorabile recital al Piccolo Teatro di Milano da cui viene tratto anche un album doppio, decide di dedicarsi alla ricerca di nuovi punti d'incontro tra musica, poesia e letteratura. Inizia così a scrivere canzoni con parole che portano la firma di poeti come Ignazio Buttitta, Giuseppe Ungaretti e Pier Paolo Pasolini. L'esperimento ottiene risultati inaspettati, tanto da portarlo al vertice delle classifiche di vendita con canzoni per bambini come La casa e Il pappagallo i cui testi nascono dalla penna sognante e curiosa del poeta brasiliano Vinicius De Moraes. Accanto alla canzone vive esperienze politiche intense nell'ambito della sinistra e riceve consensi per la sua interpretazione nel film "Tutte le domeniche mattina" di Carlo Tuzii, prodotto dalla RAI e presentato al Festival Internazionale del Cinema di Venezia. Dall'amicizia e dalla collaborazione con lo scrittore Gianni Rodari nasce nel 1974 la canzone Ci vuole un fiore. Vari album scandiranno la prosecuzione della sua carriera anche se i cambiamenti del clima culturale e politico non favoriranno le sue scelte musicali. Riservato e schivo, Endrigo proseguirà con impegno e convinzione per la sua strada anche quando le sue scelte artistiche non incontreranno più il favore del grande pubblico. Muore a Roma il 7 settembre 2005.
14 giugno, 2025
14 giugno 1972 – L'ultimo concerto di Simon & Garfunkel, anzi no

13 giugno, 2025
13 giugno 1979 – La leucemia si porta via Demetrio Stratos

12 giugno, 2025
12 giugno 1963 – Addio a Bob Scobey

Il 12 giugno 1963 a Montréal in Canada, il cancro si porta via per sempre il trombettista Bob Scobey. Nato il 9 dicembre 1916 a Tucumcari, nel New Mexico, a soli due anni il piccolo Robert Alexander Scobey, come è registrato all’anagrafe, si trasferisce con la famiglia a Stockton in California. Proprio in questa cittadina Bob comincia a suonare la cornetta all'età di nove anni, passando poi alla tromba verso i quattordici. Per non lasciare niente al caso affianca le sue doti naturali con lo studio frequentando il Berklee College. La tromba diventa un mestiere a partire dal 1936 quando si fa professionista esibendosi con orchestre da ballo in vari club e teatri di San Francisco. Nel 1938 conosce Lu Watters che gli fa conoscere il jazz. Bob se ne innamora e in brave tempo diventa uno dei principali rappresentanti del cosiddetto San Francisco Style. Insieme a Lu Watters e a Turk Murphy partecipa alla costituzione della Yerba Buena Jazz Band, con la quale suona per molti anni consecutivi, prendendo parte anche alla registrazione della nutrita serie di dischi di successo per la Good Time Jazz. Il segreto delle fortune della Yerba Buena è in una sorta di revival aggiornato dei brani classici. In pratica la band riprende i pezzi di Oliver e di Morton e li ripropone arrangiandoli in modo spettacolare senza tradirne lo spirito e rispettandone, per quanto possibile, l'arcaicità del suono. Nel 1947 forma una sua jazz band nella quale in anni diversi si avvicenderanno personaggi di spicco come Jack Buck, Wally Rose, Burt Bales, Clancy Hayes, Bob Mielke, Bill Napier, Bob Short, Ralph Sutton, Abe Lincoln, Warren Smith. Alla testa del suo gruppo si esibisce nei più eleganti ritrovi di Oakland, Los Angeles e San Francisco, registrando parecchi dischi per la Good Time Jazz, la Victor e la Verve. In questi anni si afferma anche come valente solista dimostrando di aver bene assimilato la lezione di Armstrong. Verso la fine degli anni Cinquanta se ne va prima a New York e poi a Chicago dove suona e incide alla testa di una nuova formazione di cui fanno parte Jim Beebem, Gene Schroeder, Art Hodes, George Duvivier e Clancy Hayes. Un anno prima di morire attraversa tutta l’Europa con un lungo tour.
11 giugno, 2025
11 giugno 1948 - Apre il Club Saint-Germain

L'11 giugno 1948 a Parigi apre i battenti il Club Saint-Germain, forse il più noto circolo di jazz della capitale francese negli anni dell’immediato dopoguerra. Aperto in rue St. Benoit in un periodo che ancora oggi viene definito “il grande momento di Saint-Germain-des-Prés” per la straordinaria vivacità culturale che attraversa le vie del quartiere, il locale è destinato a ospitare uno dopo l'altro tutti i grandi nomi del jazz mondiale di passaggio a Parigi, sia quelli di stile mainstream che i protagonisti delle evoluzioni più moderne. Alla fine degli anni Sessanta entra in un declino che appare inarrestabile e, complici una serie di problemi relativi alla proprietà e alla gestione, finisce per chiudere i battenti. Non sarà per sempre perché dopo un’interruzione dell’attività durata qualche anno, riaprirà le porte ai musicisti jazz a partire dal 1979.
10 giugno, 2025
10 giugno 1940 – C’è la guerra, niente musica americana!

09 giugno, 2025
9 giugno 1934 - Nasce Paperino
È nato il 9 giugno 1934. In quel giorno infatti nel cortometraggio animato The Wise Little Hen, conosciuto in Italia con il titolo La gallinella saggia fa la sua prima apparizione un nuovo componente della famiglia delle creazioni di Walt Disney. È un buffo papero che indossa blusa e cappello da marinaio. Il suo nome è Donald Duck, anzi, per la precisione Donald Fauntleroy Duck. Nella versione italiana diventa Paperino. Nei primi cartoni animati fa da spalla al personaggio principale di casa Disney, Mickey Mouse alias Topolino, ma già nel 1936 diventa protagonista, prima con Donald & Pluto e poi con Don Donald, ambientato in Messico, il primo interamente dedicato a lui. In occasione dei festeggiamenti per il sessantacinquesimo compleanno di Paperino viene anche stato indetto un concorso mondiale per il migliore disegno di Donald Duck del XXI secolo. L’opera vincitrice è esposta ad Anaheim, nel California Convention Center, accanto a Disneyland.
08 giugno, 2025
8 giugno 1948 - La prima Porsche 356
L’8 giugno 1948 nasce la prima Porsche 356. Tutto inizia nell’agosto del 1947 quando Ferdinand Porsche, il geniale progettista del primo Maggiolino, lasciata la prigione francese nella quale era stato rinchiuso con l’infamante accusa di collaborazionismo con i nazisti, torna a Gmünd in Carinzia. Qui scopre che il figlio Ferry, nonostante la sua assenza forzata, non ha gettato la spugna, ma insieme a Karl Rabe e Erwin Kamenada, i suoi più stretti e fedeli collaboratori d’un tempo, ha continuato a lavorare. I tre hanno aperto una modesta officina per la costruzione e la manutenzione di macchinari agricoli e autovetture. Il trio è molto popolare nella zona per la sua abilità nel riparare le vecchie Volkswagen militari riconvertite a uso agricolo da parte dei coltivatori austriaci. La scoperta più sorprendente e lieta che attende Ferdinand Porsche gli arriva, però, da suo figlio che ha salvato dalla distruzione degli stabilimenti Volkswagen i vecchi progetti di una versione coupé sportiva del futuro “maggiolino”. L’idea nata negli anni Trenta era quella di utilizzare gran parte degli organi meccanici della berlina per un modello dotato di un motore più potente che avrebbe dovuto partecipare al Rally Berlino-Roma del 1939. I responsabili della produzione della Volkswagen, più occupati a preparare le forniture belliche che a seguire i sogni di Ferdinand Porsche, non avevano ritenuto il progetto interessante mentre il Rally era stato annullato per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Un mese prima della liberazione di Ferdinand il suo sogno aveva cominciato a essere sviluppato nel concreto. Il 17 luglio, infatti, aveva rivisto la luce la progettazione per un modello sportivo a due posti derivato dalla meccanica Volkswagen. Il numero di riferimento del progetto è 356.00.015, lo stesso che contrassegnava i disegni dell’auto ideata da Ferdinand Porsche prima della guerra. 356 diviene così il nome della vettura che, pian piano, vede la luce. Il prototipo costruito a Gmünd è quello di un’auto sportiva aperta a due posti. È una soluzione quasi obbligata perché il trio non ha le risorse per costruire una carrozzeria chiusa. Il telaio tubolare d’acciaio e il motore sono presi pari pari dal Maggiolino mentre il cambio viene collocato a sbalzo dietro l’asse posteriore. Anche le sospensioni, lo sterzo e i freni sono gli stessi della Volkswagen. Le modifiche, piccole ma essenziali, servono soltanto a migliorare la potenza e la tenuta di strada. Per esempio le testate del motore da 1131 cc vengono modificate con valvole un po’ più grandi e un rapporto di compressione aumentato dall’originale 5,8:1 a 7:1 portando così la potenza da 25 a 35 cv. Successivamente viene aggiunto un secondo carburatore a corrente d’aria discendente e si arriva così a 40 cv. Le linee aerodinamiche della carrozzeria in alluminio della prima 356, progettate da Erwin Komenda prima della guerra, vengono fabbricate a mano dall’artigiano Friedrich Weber. L’8 giugno 1948 la prima vettura è pronta. Un mese dopo Herbert Kaes, cugino di Ferry e suo collaboratore tecnico, porta la 356 alla prima vittoria in una corsa su strada a Innsbruck. Il primo acquirente di una 356 è il signor Von Seeger, proprietario di un’agenzia pubblicitaria di Zurigo. La partecipazione ufficiale della 356 al Salone di Ginevra e le richieste conseguenti rischiano però di mettere in crisi sul nascere il sogno di Ferdinand Porsche. Mentre fioccano le prenotazioni, infatti Porsche padre e figlio devono affrontare i problemi relativi alla produzione, visto che le loro officine di Stoccarda sono ancora occupate dalle truppe statunitensi. Ripiegano allora sul garage della loro villa di Feuerbach dove si iniziano a produrre otto-dieci vetture al mese. Contemporaneamente per evitare conflitti con la Volkswagen Ferry Porsche stipula un accordo in cui si impegna a non costruire vetture che possano entrare in concorrenza diretta con il Maggiolino in cambio dell’utilizzo della componentistica e della rete commerciale della stessa Volkswagen. Alla fine del 1949 un contratto con il carrozziere Neuter di Stoccarda risolverà il problema. Quest’ultimo costruirà tutte le carrozzerie della 356. Le vetture interamente costruite a Gmünd sono quarantasei. Due anni dopo i Porsche rientreranno in possesso dei loro vecchi stabilimenti e trasferiranno l’intera produzione a Stoccarda.
07 giugno, 2025
7 giugno 1971 – Il suicidio di Ben Pollack

Il 7 giugno 1971 a Palm Springs, in California, viene ritrovato il corpo del sessantasettenne batterista, cantante e direttore d’orchestra Ben Pollack. Si è impiccato. Le ragioni della tragica decisione sono sconosciute. C’è chi ipotizza dissesti finanziari e chi invece tenta di scavare nella sua travagliata vita sentimentale. Al di là delle motivazioni, se ne va per sempre uno dei protagonisti del jazz orchestrale, abile batterista dixieland e leader dalle grandi capacità. Nato a Chicago, nell'Illinois, inizia da ragazzo a suonare la batteria in vari gruppi studenteschi. Non ha ancora compiuto diciott'anni quando ottiene il suo primo ingaggio importante da Dick Shoenberg che lo scrittura per suonare con il suo gruppo al Navy Pier di Chicago. È l'inizio di un periodo frenetico in cui Ben vagabonda per gli Stati Uniti passando dalla band del pianista Izzy Wagner ai New Orleans Rhythm Kings, dal gruppo del clarinettista Larry Shields a quello di Harry Bastin. Nel 1924 entra in crisi. Stanco di quella vita torna alla sua Chicago, deciso ad abbandonare l'attività musicale e a dedicarsi, insieme con i familiari, al commercio delle pellicce. Dopo pochi mesi cambia idea e se ne va a New York in cerca di lavoro. Qui diventa per la prima volta leader rilevando per quasi un anno l'orchestra di Harry Bastin. Chiusa la parentesi torna a Chicago per suonare nella band di Art Kassel, ma l'esperienza come leader gli è piaciuta. Nel 1926 forma la sua prima vera orchestra. Da quel momento il suo nome diventa una garanzia sulla qualità della band. Per quasi vent'anni organizza e dirige varie formazioni mentre la sua popolarità si allarga a macchia d'olio. Nel 1943 diventa anche impresario e due anni dopo fonda anche una propria etichetta discografica: la Jewel Company. Negli anni Sessanta abbandona l'ambiente musicale per dedicarsi alla gestione di un ristorante a Palm Springs, in California. Non si muove più fino al disperato e mai completamente chiarito suicidio.
06 giugno, 2025
6 giugno 1960 – L'irrequieto Steve Vai

Il 6 giugno 1960 nasce a Long Island, New York, Steve Vai, uno dei chitarristi più versatili e tecnici del rock degli anni Ottanta e dei primi anni novanta. A tredici anni suona per la prima volta in pubblico con i Rayge, una band formata insieme a un gruppo di compagni di scuola. Proprio nella stagione degli studi ha la fortuna di avere per maestro un chitarrista leggendario come Joe Satriani, impegnato nell'insegnamento per risolvere i suoi problemi finanziari. L'incontro con Satriani lascia il segno sullo stile del giovane Steve che, per completare la sua formazione, frequenta anche i corsi di jazz e musica classica al Berklee College di Boston. Nel 1979 si trasferisce a Los Angeles dove la sua tecnica e la sua versatilità colpiscono un musicista attento come Frank Zappa. A diciannove anni non ancora compiuti si ritrova così a ricoprire l'impegnativo ruolo di chitarra solista nella band di uno dei più geniali personaggi del rock. L'esperienza lo irrobustisce e lo stimola a sviluppare un progetto solistico che, dopo varie difficoltà, si concretizza nel 1984 con la pubblicazione dell'album Flex-able. Il disco, nonostante qualche inevitabile ingenuità, propone un'interessante miscela stilistica nella quale sono evidenti i richiami al rock, al jazz e alla musica classica che in qualche brano sfiora anche l'avanguardia sperimentale. L'esperienza solistica non riesce a trovare continuità, se si eccettua la pubblicazione di Flex-able leftovers, una sorta di seconda versione rivista e corretta dell'album del debutto. Due anni dopo, perciò, Steve si unirà per un breve periodo agli Alcatrazz, entrando poi a far parte della band di David Lee Roth, con cui resterà fino al 1988. Nel 1989 si entrerà a far parte degli Whitesnake. Ormai considerato anche dagli stessi musicisti come uno dei migliori chitarristi in circolazione, ritenterà con maggior fortuna l'esperienza solistica negli anni Novanta, pubblicando album Passion & warfare e Sex & religion.
05 giugno, 2025
5 giugno 1977 – Il blues di Sleepy John Estes
Il 5 giugno 1977 muore a Brownsville, nel Tennessee il bluesman Sleepy John Estes. Nato a Estes Ripley, Tennessee, 25 gennaio 1904, John Adams, questo è il suo vero nome, è uno degli esponenti più significativi del blues di campagna, che trova in lui un interprete molto particolare e sensibile, Sleepy John Estes ha avuto una carriera musicale che può nettamente dividersi in due parti, con un muro costituito da quei dieci anni di totale silenzio che vanno dal 1952 al 1961. Nella prima come nella seconda fase della sua fervida attività invece, egli ha modo di porre in evidenza capacità musicali e sostegni ispirativi che fanno dei suoi testi poetico-musicali alcuni tra i documenti umani più interessanti della storia del blues. Inizia a dedicarsi a questa attività poco dopo il suo trasferimento a Brownsville dalla natia Ripley, ma la vera e propria carriera ha inizio dopo la morte del padre nel 1920, e dopo che in seguito a una ferita riportata durante una partita di football, perde l'uso dell'occhio sinistro. Da qui quella sua immagine un po' dimessa, con larghi occhiali neri a coprire il difetto, con cui è stata tramandata la sua leggenda. Sleepy John Estes comincia ad avere successo dopo l'incontro con il giovanissimo Hammie Nixon, armonicista di buona levatura con cui inizia a percorrere in lungo e in largo le regioni del sud fino al 1934, quando si uniscono a un “medicine show”. Alla coppia si aggiunge anche Yank Rochelle. Negli anni '40 il maggior successo è costituito dal brano Someday Baby Blues, mentre il bluesman va progressivamente perdendo anche l'altro occhio fino a divenire del tutto cieco nel 1949. Si stabilisce allora a Memphis sopravvivendo con una magra pensione offertagli dallo stato del Tennessee, e smette di suonare e di esibirsi. Il suo nome cade nel più completo silenzio fino al 1961 quando il regista David Blummenthal lo chiama a Chicago e lo convince a tornare a esibirsi. Inizia così la sua seconda carriera durante la quale incide parecchi dischi e partecipa a vari festival. All’inizio degli anni Settanta arriva anche in Europa.
04 giugno, 2025
4 giugno 1990 – La prima volta di "Beautiful"

Alle 14.30 del 4 giugno 1990 Raidue trasmette la prima puntata di “Beautiful”, una soap-opera destinata a ottenere un successo del tutto inaspettato che arriverà a toccare la punta di ben sette milioni di fedeli telespettatori a puntata. Destinate dai programmisti RAI a coprire lo spazio estivo lasciato libero da un’altra soap-opera, “Quando si ama”, le avventure della famiglia Forrester, contro ogni previsione, appassioneranno gli italiani e alimenteranno un business ricchissimo di gadget, riviste e poster. È l’ennesima conferma della fortuna delle soap opera nel nostro paese iniziata sull'onda del successo di “Dallas” tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta. I campioni sono “Capitol”, “Quando si ama” e, soprattutto “Beautiful”. Lunghissimi e ripetitivi nella loro struttura nella cultura popolare occupano uno spazio simile a quello del fotoromanzo degli anni Cinquanta e Sessanta. La loro capacità attrattiva deriva dall’abilità con la quale nella narrazione vengono mescolati gli ingredienti in modo da assecondare il gusto del pubblico. Sono saghe famigliari che raccontano di intrighi, tradimenti e inganni. Nel caso di “Capitol” le famiglie dei Clegg e dei McCandless lottano tra loro per la conquista della Casa Bianca, cioè del potere, sul cui altare vengono sacrificati sentimenti, emozioni e passioni. Gli stessi ingredienti sono rovesciati in “Quando si ama” dove le vicende d’amore diventano il centro d’interesse della narrazione, mentre le carriere, le ambizioni, gli affari ne costituiscono l’elemento di disturbo. È una sorta di remake di “Giulietta e Romeo” dove il ruolo dei Capuleti e Montecchi è assunto dalle famiglie Alden e Donovan. “Beautiful”, invece, rappresenta un po’ la sintesi di entrambe le strutture narrative. Gli intrighi incrociati di tre famiglie di Los Angeles tengono in piedi una storia ambientata nel mondo degli stilisti ricca di intrighi sentimentali e affaristici. “Capitol” è la meno fortunata delle tre e finirà per essere cancellata dalla stessa CBS, la sua casa produttrice, quando esploderà la febbre di “Beautiful”.
03 giugno, 2025
3 giugno 1987 – La chitarra di Segovia

Dopo una carriera leggendaria e costellata da trionfi mai tributati ad alcun chitarrista prima di lui, muore a Madrid il 3 giugno 1987, ucciso da un attacco cardiaco Andrès Segovia considerato da parte della critica come il più grande chitarrista del Novecento. Stilare in questo campo delle classifiche non è mai facile, ma senza dubbio il suo apporto stilistico, teorico e in qualche caso i consigli tecnico-costruttivi, hanno contribuito in maniera decisiva a rivoluzionare l’utilizzo della chitarra cosiddetta “classica” come strumento solista da concerto. Alla sua cultura dell’innovazione non è estranea la sua stessa storia che lo vede dapprima misurarsi con il violoncello e solo successivamente con la chitarra, seguendo un percorso in cui lo studio continuo e costante è la base fondamentale per poter raggiungere risultati importanti, ma l'originalità è un elemento aggiuntivo che solo l’intelligenza e l’istinto applicati alla tecnica possono dare. Proverbiale resta la sua indicazione della “cultura dello studio” come base fondamentale per poter eccellere. Una testimonianza esemplare in questo senso arriva dall’aneddoto che circola da decenni in cui si racconta che alla domanda «Scusi, ma perché lei si esercita otto ore al giorno?» egli, già celebrato e famoso, abbia risposto «…perché, se non lo faccio, il primo giorno me ne accorgo io, il secondo se ne accorgono i critici e il terzo se ne accorge anche lei». Per lui, però, lo studio è solo la base da cui partire, non il mezzo attraverso il quale arrivare ai risultati. Oltre allo studio c’è quell’insieme di disciplina interiore, curiosità e genialità che fa di un bravo strumentista un grande e, in qualche caso, un grandissimo concertista. In questo senso si può dire che il suo insegnamento, e le conseguenze rivoluzionarie che esso ha avuto sulla tecnica chitarristica moderna non derivano da alcuna scuola. Segovia stesso ha sostenuto in più d’un occasione di essere stato il maestro e l'allievo di se stesso. Con il gusto del paradosso ha giocato anche con i termini definendosi un “autodidatta” della musica classica. Al di là del senso dell’umorismo con il quale tende ad accompagnare la sua avventura musicale oggi in molti ritengono che nella storia della chitarra il fenomeno di Segovia sia paragonabile a quello di Paganini nella storia del violino. Oltre alle indiscutibili qualità tecniche gli va riconosciuto il grande merito di avere ridato nuova vita a un’infinita lista di partiture antiche come la famosa trascrizione per chitarra della Ciaccona per violino solo di Bach, che meravigliò pubblico e critica nella sua prima esecuzione a Parigi nel 1935. Al suo lavoro si devono altre meraviglie come, per esempio, l'adattamento di musiche dei liutisti rinascimentali, la rivalutazione di autori classici della chitarra come Giuliani e Sor, il recupero di quelli legati alla tradizione ottocentesca o impressionista e le trascrizioni di brani pianistici dei suoi conterranei Albeniz e Granados Segovia nasce a Linares, in Andalusia, il 18 febbraio 1893. A partire dall’età di quattro anni si dedica alla musica studiando prima il violoncello e poi la chitarra. Proprio con quest’ultimo strumento fa la sua prima breve esibizione in pubblico nel 1909 a Granada. Ha sedici anni e qualche anno dopo tiene a Madrid il suo primo concerto nel quale interpreta alcune trascrizioni per chitarra di Francisco Tárrega insieme a vari brani di Johann Sebastian Bach che lui stesso ha provveduto a sviluppare e trascrivere per il suo strumento. Da quel momento e per tutta la sua carriera il suo lavoro è finalizzato a qualificare sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista strettamente musicale la chitarra classica, che ancora agli inizi del Novecento era sostanzialmente ignorato, quando non disprezzato perché "troppo popolare". È lui che, lavorando gomito a gomito con un gruppo di liutai di fiducia, crea la chitarra classica"moderna", utilizzando le corde in nylon in grado di produrre un timbro più consistente e un volume più alto di quelle precedentemente adottate. Grazie a lui in qualche decennio si è finalmente ottenuto il recupero e la strutturazione di un vero repertorio classico per questo strumento sia attraverso le numerose trascrizioni operate in proprio, sia per le nuove composizioni scritte appositamente per lui da molti compositori stimolati dal suo successo. Dopo il primo concerto parigino del 1924 la sua popolarità inizia ad allargarsi prima all’Europa e poi al mondo. Nel 1928 una famosissima tournée statunitense lo consacra come il “più grande chitarrista classico” del mondo e davanti alla sua porta si allunga la fila di musicisti che disposti a scrivere brani per il suo repertorio. Per lui scrivono compositori come gli spagnoli Joaquin Turina, Joaquin Rodrigo e Manuel de Falla, il brasiliano Heitor Villa-Lobos, l’italiano Mario Castelnuovo-Tedesco e il messicano Manuel M. Ponce destinati a diventare il primo e più popolare nucleo di quella generazione di autori cui ancora oggi viene dato il nome di “Compositori segoviani”.
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