20 gennaio, 2017

21 gennaio 1941 – Richie Havens, un folk singer dalla pelle nera


Il 21 gennaio 1941 nasce a Brooklyn Richie Havens, considerato uno dei migliori folk singer del periodo a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta. Figlio di un pianista del ghetto nero di New York, ultimo di nove fratelli impara ben presto le regole della sopravvivenza e per aiutare la famiglia inizia a cantare in pubblico quando ha da poco compiuto i sei anni. A quattordici forma un gruppo gospel, i McCrea Gospel Singers, insieme ai quali comincia ad allargare i suoi orizzonti al di fuori dei vicoli e dei locali della zona in cui è vissuto fino in quel momento. Chiusa la parentesi gospel, non ancora diciassettenne, saluta famiglia e amici e se ne va. Non lascia la musica, ma si adatta a qualunque lavoro pur di sopravvivere: il ritrattista per turisti nel Greenwich Village, il fattorino della Western Union e l'operaio. Nei primi anni Sessanta inizia a frequentare i circoli folk del Greenwich Village e resta affascinato dalla lezione politica e musicale dei vecchi folk singer bianchi come l’onnipresente Pete Seeger. Da quel momento la sua storia artistica si lega con quella degli emergenti profeti della nuova canzone di protesta. Nella sua voce calda e profonda, arricchita dall’emotività interpretativa di derivazione gospel, sembrano saldarsi le tradizioni musicali bianche e quelle nere. Nel 1968 è tra i protagonisti del commosso tributo alla memoria di Woody Guthrie che si svolge alla Carnegie Hall di New York e l’anno dopo entra nella leggenda aprendo con la sua Freedom il Festival di Woodstock. Gli anni Settanta lo vedono ancora sulla cresta dell’onda con una serie di album di qualità e con canzoni come l’indimenticabile Going back to my roots o la curiosa versione della beatlesiana Here comes the sun. Parallelamente all’attività discografica e concertistica sperimenta altre forme espressive, dedicandosi in particolare al teatro. Nel 1972 partecipa alla messa in scena sui palcoscenici statunitensi dell’opera rock Tommy e due anni dopo indossa i panni d’Otello nel musical Catch my soul. Con l’arrivo degli anni Ottanta inizia la sua parabola discendente anche se non sparirà mai del tutto dalla scena. Pubblica qualche album e spesso si ritrova a dare una mano in sala di registrazione ai suoi vecchi compagni del Greenwich Village, in particolare a Bob Dylan, ma gli anni d’oro e gli ideali di rivolta sono ormai lontani. Muore a Jersey City il 22 aprile 2013.

05 gennaio, 2017

7 gennaio 1970 – ... vi tocca pagare i danni!

Fin dall’inizio si era capito che non l’avrebbe passata liscia e Max Yasgur, il proprietario della fattoria di Bethel che aveva ospitato la “tre giorni di pace, amore e musica” entrata nella storia come il Festival di Woodstock si era preparato per tempo alla resa dei conti. Il 7 gennaio 1970, puntualmente, viene citato in tribunale dai proprietari dei terreni confinanti che chiedono trentacinquemila dollari di risarcimento per i danni provocati dal pubblico alle loro proprietà. Non è che l’ultimo strascico, in ordine di tempo, di un evento la cui portata epocale non ha impressionato né le autorità, né i grandi proprietari terrieri di una zona fondamentalmente conservatrice e che ha vissuto la pacifica invasione dei cinquecentomila giovani come un insopportabile fastidio. Spenti i fari dei palchi, rimesse in sesto le strade, rinata l’erba sui prati trasformati in pantano, rifatte le recinzioni travolte dalla massa umana, anche l’attenzione dei media si è spostata altrove. L’unico a non andarsene è stato Max Yasgur, cui la commozione aveva fatto pronunciare le parole rimaste a simbolo di un evento irripetibile: «Credo che tutti voi abbiate dimostrato qualcosa al mondo, e cioè che mezzo milione di giovani possano stare insieme e divertirsi ad ascoltare musica...» La sua casa è qui. Qui è nato, è cresciuto e qui ha vissuto uno dei momenti più straordinari della sua vita. Quando gli viene notificata la citazione non fa commenti. È un uomo semplice. A un cronista locale chiarisce soltanto la sua posizione: «Non ho tutti i soldi che mi chiedono. Andrò davanti ai giudici e glielo dirò...». Pratico più che rassegnato, per lui il mondo è più semplice di come vogliono farlo apparire gli altri. Nella battaglia legale che l’aspetta non può contare sul sostegno di nessuno. Anche i protagonisti del Festival di Woodstock, divenuti improvvisamente delle star, sono lontani, impegnati a far fruttare l’inaspettata popolarità. Lui non si lamenta, non si fa problemi. La causa si trascinerà per molto tempo, ma non approderà a niente, anche perché il buon Max con la sua semplicità troverà un modo originale per uscirne: l’8 febbraio 1973, a cinquantatré anni, morirà d’infarto lasciando tutti con un palmo di naso...

02 gennaio, 2017

2 gennaio 1987 – La comunità nera perde Miss America ma trova una nuova cantante

Il 2 gennaio 1987 la prima Miss America nera della storia degli Stati Uniti deve restituire il titolo. Capita a Vanessa Williams, che l’anno prima aveva strappato la palma della donna-simbolo degli States alle colleghe bianche. Parte dello showbusiness non ha mai digerito questa novità e per mesi ha cercato qualche scusa per eliminare l’anomalia. Finalmente è arrivata. La motivazione ufficiale alla giuria è fornita dal fatto che Vanessa ha posato nuda per alcune foto poi pubblicate dalla rivista Penthouse. La decisione di chiedere la restituzione del titolo non è comunque indolore. I giornali vengono sommersi da lettere di protesta di cittadini ed esponenti della comunità nera che ritengono sia stata penalizzata per il colore della sua pelle, visto che non è la prima Miss America a posare senza veli. Non cambia niente e il 2 gennaio la prima Miss America nera restituisce ufficialmente il titolo. La ragazza, però, lungi dall’abbattersi, pensa di rilanciare le sue azioni approfittando della popolarità per debuttare in campo musicale. Non è una novellina. Ha studiato pianoforte, flauto e violino e non ha paura di lavorare. Con l’aiuto di Ramon Hervey, suo manager e compagno di vita, si chiude in uno studio di registrazione e inizia a lavorare al primo album. Alla fine dell’anno è pronto The right stuff , un disco sorprendente con il quale dimostra di avere, oltre che notevoli qualità fisiche, anche eccellenti doti vocali. Dopo aver piazzato ben cinque singoli nella classifica di rhythm and blues e dopo il successo del brano Dreamin' inizia a lavorare senza fretta a un nuovo album. Soltanto nel 1991 vedrà la luce suo secondo album The comfort zone salutato da un nuovo grande successo e accompagnato dal singolo Save the best for last che resterà al vertice della classifica statunitense per ben cinque settimane. La comunità nera ha perso Miss America ma ha trovato un’interprete straordinaria.