30 gennaio, 2019

31 gennaio 1987 – La meteora Robbie Nevil


Il 31 gennaio 1987 al vertice della classifica dei dischi più venduti in Gran Bretagna arriva C'est la vie, un singolo di Robbie Nevil già piazzato con successo anche nelle classifiche statunitensi. In molti parlano del cantante come di una nuova promessa del pop internazionale. Nato a Los Angeles inizia la sua carriera lavorando come musicista di studio con moltissimi artisti come Sheena Easton, Al Jarreau, DeBarge ed altri. Verso la metà degli anni Ottanta comincia ad affermarsi come autore tanto che nel 1985 il suo brano Just a little closer, interpretato dalle Pointer Sisters viene inserito nel famoso album benefico We are the world. Nel 1986 decide che è giunto il momento di sfruttare in proprio il suo talento. Registra un album che porta il suo nome da cui vengono estratti un paio di singoli. Uno di questi è proprio C'est la vie che spopola nelle radio e nelle classifiche. È nata una stella? No. Rapido come una meteora con la stessa velocità con cui si è imposto rientra rapidamente nei ranghi dopo il modesto album A place like this del 1988.


29 gennaio, 2019

30 gennaio 1958 – Volare, oh oh


Il 30 gennaio 1958 inizia un Festival di Sanremo destinato a lasciare un segno profondo nella canzone italiana. Alla rassegna, che si svolge dal 30 gennaio al 1° febbraio, partecipa un giovane cantante e autore, Domenico Modugno. La canzone che presenta, Nel blu, dipinto di blu, già nei giorni delle prove suscita più d’una perplessità in critici ed esperti. C'è chi si chiede perché sia stata ammessa e chi ne parla decisamente male. Nella trappola cadono anche i più scafati. Perfino un musicista cresciuto alla scuola del jazz e, in genere, aperto alle innovazioni come il maestro Gorni Kramer la boccia senza pietà. Gli sfugge la portata della composizione, non ne capisce il senso e si lascia andare a commenti non proprio lusinghieri: «Ma che pazzia è questa canzone? Non ha stile, non esiste». Non diversa, per la verità, è l’opinione dei giornalisti presenti, con qualche rara eccezione come quella di Mario Casalbore, un "veterano" della stampa festivaliera che non esita ad andare controcorrente e prendere le parti di Modugno. Il brano merita tutta questa attenzione. È insolito e innovativo a partire dal testo in cui evidenti sono i riferimenti surrealisti, ma anche dal punto di vista musicale non scherza. Nel blu, dipinto di blu, infatti, porta per la prima volta sul palcoscenico di Sanremo varianti ritmiche e compositive nelle quali non è difficile cogliere l’eco delle novità che arrivano d’oltreoceano. Nonostante il pessimismo e le critiche degli "addetti ai lavori" il pubblico saluta con una vera e propria ovazione l’esibizione di Modugno che rompendo la tradizione dei cantanti composti e immobili, sul ritornello, allarga le braccia come se volesse levarsi in volo. Il pubblico che affolla il salone delle feste del Casinò di Sanremo si fa trascinare dall'entusiasmo e non sono pochi gli spettatori che si alzano in piedi sventolando i fazzoletti e accompagnandolo in coro. La diretta televisiva fa il resto. La carica emotiva del brano arriva ovunque e tutta l’Italia resta soggiogata dalla personalità di Modugno e dalla forza trascinante della sua canzone. Nei giorni successivi il ritornello «Volare, oh, oh...» diventa quasi il nuovo inno nazionale. Il successo di Nel blu, dipinto di blu sarà clamoroso e non resterà rinchiuso nei confini italiani. La canzone, in varie versioni, farà il giro del mondo vende oltre venticinque milioni di dischi. Un record all'epoca superato soltanto da White christmas di Bing Crosby.

29 gennaio 1977 – Il "Car wash" dei Rose Royce


Il 29 gennaio 1977 arriva al vertice della classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti il brano Car wash, tema conduttore del film omonimo. Lo interpreta un gruppo misterioso che si firma con il nome di Rose Royce. Dietro a questa sigla si nascondono alcuni tra i migliori sessionmen di Los Angeles, come il solista vocale Gwen “Rose” Dickey, il bassista e chitarrista Lequeint Jobe, il chitarrista Kenji Brown, il trombettista Freddie Dunn, il percussionista Terrall Santiel e il tastierista Mike Nash. Da tempo sono conosciuti e apprezzati sulla scena musicale losangelina e con il nome di Total Concept hanno partecipato alle registrazioni degli album di artisti come i Temptations, Edwin Starr e altri. L’avventura con il marchio Rose Royce nasce nel 1974 quando l'autore e produttore Norman Withfield lascia la Motown per creare la sua Whitfield Records. Proprio lui decide di fare dei Rose Royce una delle band di punta della sua casa discografica. La prima uscita discografica avviene proprio con Car wash, che ottiene un inaspettato e rapido successo e consente ai Rose Royce di vincere ben tre Grammy: come miglior band di R&B, miglior gruppo vocale e gruppo rivelazione. Visto il buon inizio decidono di continuare e pur non riuscendo più a ripetere lo straordinario successo pubblicheranno un pugno di album.


27 gennaio, 2019

28 gennaio 1952 - Papavero a chi?

Lunedì 28 gennaio 1952 inizia la seconda edizione del Festival di Sanremo. Dopo un anno l’interesse comincia a crescere e ben trecentottanta sono le canzoni inviate alla commissione esaminatrice: centoquaranta in più dell’anno precedente. Cresce anche il numero dei cantanti. A quelli della prima edizione, Nilla Pizzi, Achille Togliani e Duo Fasano, si aggiungono Gino Latilla e Oscar Carboni. Il Festival è trasmesso in diretta dal Secondo programma radiofonico della RAI. Il presentatore è sempre Nunzio Filogamo. Tra il pubblico sono presenti numerosi operatori discografici americani invitati come "osservatori" da Ladislao Sugar, uno dei pionieri italiani della moderna industria discografica. Il dato di crescita più rilevante è quello del biglietto d’ingresso alla manifestazione che aumenta di ben otto volte, passando dalle cinquecento lire del 1951 a quattromila, consumazione compresa: una bella cifra per quei tempi! Vince la canzone Vola, colomba... di Bruno Cherubini e Carlo Concina, interpretata da Nilla Pizzi che bissa così il successo dell’anno prima ma il vero successo è Papaveri e papere, una canzoncina spensierata nel filone delle “canzoni dell’allegria” scritta da Nino Rastelli, Mario Panzeri e Vittorio Mascheroni. Il disco della canzone vende più di settantamila copie, superando anche la vincitrice Vola, colomba..., ferma a quarantacinquemila, ed è protagonista di uno straordinario successo in terra britannica dove arriva alla bella cifra di seicentomila copie vendute. La canzone ispira anche il film “Lo sai che i papaveri...”, una commediola diretta da Vittorio Metz e Marcello Marchesi, che ha tra gli interpreti principali Walter Chiari e Anna Maria Ferrero e che incassa quasi quattrocento milioni di lire. La popolarità del brano è tale da suscitare anche una polemica politica. Secondo alcuni censori Papaveri e papere conterrebbe in codice una offensiva allusione nei confronti dei notabili democristiani dell’epoca, indicati nel testo come i “papaveri alti, alti, alti”. Come accade spesso in Italia, la polemica si spegnerà con la stessa rapidità con la quale si è accesa.

25 gennaio, 2019

26 gennaio 1961 – Il rock and roll sbarca a Sanremo


La sera del 26 gennaio 1961 il rock and roll arriva ufficialmente sul palcoscenico del Festival di Sanremo con la canzone 24 mila baci, interpretata da Adriano Celentano e Little Tony. È un brano violento, aggressivo, come si conviene a due esponenti di una generazione di giovani interpreti che sta cambiando le regole della canzone italiana. Composto dai registi Piero Vivarelli e Lucio Fulci con l'apporto, non si sa quanto veritiero, dello stesso Celentano, segna una rottura con la tradizione anche per il testo, accusato di ridurre l'amore a una sorta di meccanica gestualità. «Non c'è poesia» urlano i benpensanti attribuendo al passaggio «Niente bugie meravigliose/frasi d'amore appassionate/ma solo baci chiedo a te» un'importanza decisamente eccessiva. A complicare la situazione ci si mette anche Adriano Celentano che si presenta sul "sacro" palcoscenico del Festival in modo strafottente e fuori dagli schemi. Durante l'esibizione si contorce come se fosse stato morso dalla tarantola e non si preoccupa dell'impostazione vocale, privilegiando la fisicità del brano al suo effettivo valore musicale. Come se non bastasse si permette anche di voltare la schiena al pubblico dimenando i glutei in diretta televisiva. Sul palcoscenico di Sanremo con quell'esibizione non sbarca soltanto il rock and roll, ma anche la carica sessuale che l'accompagna. Sono i primi segnali di una rivoluzione sessuale che sta per cambiare le radici stesse e i valori morali della società borghese. La diretta televisiva amplia a dismisura l'impatto. La critica si divide. Pochi incoraggiano, qualcuno non capisce, i più storcono il naso e mentre l'elegante e ingioiellato pubblico che affolla il salone delle feste del Casinò di Sanremo ammutolisce inorridito, i perbenisti gridano all'oltraggio, ma i giovani sono tutti con Celentano. Il successo del brano è straordinario. Oltre un milione di copie del disco verranno letteralmente bruciate in poche settimane: ottocentomila nella versione di Celentano, il resto in quella di Little Tony, un ragazzo romano che ha alle spalle una lunga gavetta in Gran Bretagna come rocker latino adolescenziale. 24 mila baci farà il giro del mondo e, tradotto in innumerevoli lingue, entrerà nel repertorio di una lunga fila di interpreti dell'epoca, da Johnny Halliday a Peter Krauss. Farà scalpore anche in Polonia trionfando al Festival di Varsavia nell'esecuzione di una popolare interprete di rock and roll di quel paese.

24 gennaio, 2019

25 gennaio 1969 – "Lily the pink" e il fratello di McCartney

Il 25 gennaio 1969 ai vertici della classifica dei dischi più venduti in Gran Bretagna c'è un brano curioso. È Lily the pink, una canzone che porta per la prima volta in vetta alla classifica gli Scaffold, un ironico trio pop nato nella zona del porto di Liverpool. Di loro non si sa molto di più, salvo i nomi dei componenti: John Gorman, Roger McGough e Mike McGear. Quest'ultimo, che è anche l'anima del gruppo, nasconde dietro a uno pseudonimo il suo vero cognome, cioè McCartney. A Liverpool sanno tutti, infatti, che Mike è il fratellino più piccolo del Beatle Paul McCartney, ma lui non ci tiene troppo a diffondere la notizia. Pur essendo in buoni rapporti con Paul si sente un po' schiacciato dalla sua popolarità e teme di fare la figura del raccomandato. Il suo ambiente sono i pub della zona del porto, gli stessi nei quali ha incontrato i due amici con i quali ha dato vita agli Scaffold. Il trio, che verrà considerato negli anni Settanta una sorta di gruppo di culto dagli appassionati del filone demenziale, dopo una lunga gavetta nei vari locali della città dove è nato, fa il suo debutto discografico nel 1967 con il singolo Thank u very much. Gli Scaffold non sono, però, tagliati per la dimensione discografica. Frenetici e abili improvvisatori danno il meglio di sé negli spettacoli dal vivo che spesso si trasformano in veri e propri happening interattivi con il pubblico. Non è quindi un caso che la loro produzione discografica sia discontinua, quasi svogliata, in un alternarsi di insuccessi e strepitosi exploit che sembrano lasciare del tutto indifferenti i tre componenti. Dopo Lily the pink riusciranno ad arrampicarsi nuovamente ai vertici della classifica dei dischi più venduti in Gran Bretagna soltanto nel 1974 con Liverpool Lou. A dispetto delle apparenze però dietro la leggera e giocosa patina demenziale che caratterizza le loro esibizioni c'è un progetto interessante di integrazione tra musica e teatro che troverà la sua più compiuta realizzazione proprio nel 1974 quando il trio inizierà a lavorare con il gruppo teatrale dei Grimms. Dalla collaborazione nascerà anche un album interessante ma ovviamente al di sotto della resa scenica. Da parte sua Mike McGear parallelamente all'attività della band pubblica come solista gli album Woman e McGear, quest'ultimo prodotto dall'ingombrante fratello Paul McCartney che ne compone anche alcune canzoni, ma gli Scaffold sono un'altra cosa.

23 gennaio, 2019

24 gennaio 1959 - Paul Anka al Brancaccio di Roma


Il 24 gennaio 1959 al Teatro Brancaccio di Roma arriva Paul Anka. Dentro e fuori dal teatro sono centinaia le ragazzine urlanti in attesa del diciottenne autore e interprete di Diana. Il concerto romano coincide con l’apice della carriera di uno dei più importanti idoli adolescenziali degli anni Cinquanta. Nato il 30 luglio 1941 a Ottawa in Canada, figlio di ristoratori, a soli dodici anni forma il suo primo gruppo scolastico. Il talento della band attira l’attenzione di molti operatori del settore musicale che vorrebbero scritturarla, ma Paul preferisce proseguire da solo. Ottenuto dal padre il permesso di andare negli Stati Uniti si trasferisce a Hollywood presso uno zio. Talento precoce, a soli quattordici anni ha già al suo attivo la composizione di numerose canzoni. In quel periodo la giovane età non sembra essergli d’aiuto, ma i tempi stanno cambiando. L’industria discografica, infatti, è alla ricerca di adolescenti che possano conquistare un pubblico nuovo di consumatori di dischi. Dopo qualche singolo senza particolare successo per Paul Anka arriva la svolta. Nel 1957 il maestro Don Costa lo vuole con sé all’ABC-Paramount, una delle grandi case discografiche del periodo. Con la supervisione dello stesso Costa pubblica in singolo Diana che diventa il disco più venduto dell’anno e arriva al vertice delle classifiche discografiche in più di venti paesi. Il brano, una vera e propria pietra miliare della musica pop internazionale avrà oltre trecento diverse versioni in tutto il mondo. Il successo del concerto romano convincerà i suoi produttori delle possibilità del cantante sul mercato italiano tanto che Paul Anka registrerà numerosi dischi nella nostra lingua e parteciperà a varie edizioni del Festival di Sanremo. Sul piano internazionale fino al 1962 la sua carriera è ricca di successi e soddisfazioni. Con l’esplodere del beat e la nascita di nuovi eroi musicali invece di abbattersi sceglie di dedicarsi di più alla composizione. Alla sua vena creativa sono da attribuire grandi successi internazionali come She’s a lady di Tom Jones e, soprattutto, My way, uno dei cavalli di battaglia di Frank Sinatra. Astuto e intelligente gestore del proprio lavoro riesce a costruire attorno a sé un piccolo impero commerciale, tornando, di tanto in tanto, a pubblicare qualche disco e a cantare nei Club esclusivi statunitensi. Nel 1993 è stato inserito nella “Hall of Fame” della musica pop statunitense.

22 gennaio, 2019

23 gennaio 1972 – Big Maybelle, la cantante dalla tonalità ampia e distesa


Il 23 gennaio 1972 muore a Cleveland, nell’Ohio, la cantante Big Maybelle, una delle più originali voci del soul e del jazz. Nonostante la sua bravura la ragazza, nata a Jackson nel Tennessee nel 1924 ha continuato a lavorare nell'ombra dei club per molti anni spaziando dalle canzoni in chiave soul e blues al jazz. Big Maybelle per molti anni è conosciuta e apprezzata più dai musicisti e dagli addetti ai lavori che non da un pubblico per il quale è sostanzialmente una sconosciuto. Dopo questa fase un po’ oscura la vera carriera inizia all’alba dei… trentaquattro anni. Il grande pubblico, infatti, ha modo di conoscerla e di apprezzarla soltanto dopo la sua partecipazione al Festival del Jazz di Newport del 1958, dove ha modo di prodursi al meglio delle sue possibilità. La sua popolarità si estende ulteriormente anche grazie al film “Jazz on a Summer's Day”, realizzato durante da quella manifestazione. Da quel momento la tonalità ampia e distesa della sua voce e le innegabili doti interpretative le hanno consentito di farsi apprezzare nei blues, negli spiritual e soprattutto nei gospel. Proprio con i gospel ha ottenuto i migliori risultati della sua carriera esibendosi accompagnata da cori religiosi che meglio evidenziavano il timbro suggestivo del suo canto.


22 gennaio 1995 - Tornano i Beatles!


Il 22 gennaio 1995 gran parte delle riviste musicali della Gran Bretagna danno spazio a una notizia clamorosa: tornano i Beatles. Come se fossero guidate da un’unica strategia sostengono che il 1995 sarà l’anno del grande ritorno del quartetto di Liverpool. Tra le sorprese più stupefacenti i di questa nuova “Beatles Invasion”, coordinata dal Neil Aspinal, un vecchio amico e collaboratore del gruppo, ci sarebbe anche una nuova canzone registrata da Paul, Ringo e George che dovrebbe essere presentata nel corso di una serie televisiva in dieci puntate destinata a ripercorrere la storia dei “Fab Four” e un album con nuove canzoni pescate dai loro ricchissimi archivi. La notizia del ritorno in sala di regisrazione è la novità più ghiotta, anche se non è la prima volta che si parla di una riunione della band e molti sono ancora gli scettici. Certamente però sull’onda del doppio album con le loro vecchie registrazioni alla BBC la Gran Bretagna è tornata nel periodo delle feste natalizie in piena “Beatlemania” e i gadget del quartetto di Liverpool hanno fatto la parte del leone sotto l’albero di Natale. Il più venduto è stato il poster che riproduce la copertina dell’album Sgt. Peppers Lonely Heart Club Band. Il ritorno però non ci sarà e la campagna stampa si rivelerà per quello che è: il sostegno a un progetto quasi esclusivamente commerciale. Dei tanti eventi annunciati due soli vedranno davvero la luce. Il primo sarà il programma televisivo intitolato “The Beatles anthology”, di tre e non di dieci puntate, con vecchie e nuove interviste alternate a concerti, ricordi, ecc destinato a finire anche in videocassetta. Il secondo è un singolo che si intitola Free as a bird e verrà pomposamente definito «il primo disco dei Beatles dopo lo scioglimento». In realtà si tratta di una sovrapposizione postuma di strumenti voci e arrangiamento a un brano registrato da John Lennon accompagnandosi con il pianoforte. Niente di nuovo sotto il sole. Solo qualche affare.

21 gennaio 1937 - Snooks Eaglin, cieco e vagabondo


Il 21 gennaio 1937 a New Orleans, in Louisiana, nasce Snooks Eaglin, uno dei quei bluesmen vagabondi che si sono formati percorrendo in lungo e in largo le regioni del sud degli Stati Uniti e assimilando una grande varietà di stili, dal jazz suonato nella città del delta al gospel, al blues vero e proprio fino alla musica hillbilly che ha rappresentato spesso per lui una piacevole parentesi. Dopo aver imparato da autodidatta a suonare la chitarra nel 1952 entra a far parte dei Flamingoes, un gruppo con un repertorio incentrato sul rock'n'roll, sul country e sul western come prevedono il gusto e le tendenze del tempo. Siccome i pochi soldi che gli derivano dall’attività in gruppo non gli bastano e per ampliare il bilancio canta e suona per le strade della città natale spesso accompagnato spesso da Percy Randolph e da Lucius Bridges. Nel 1956, a diciannove anni, diventa cieco in seguito a un tumore al cervello asportatogli con una difficile operazione chirurgica. Nel 1958, con l'aiuto di Harry Oster e Richard B. Allen, registrare alcuni dischi con alcune importanti etichette che gli aprono anche la strada per potersi esibire in locali più importanti. Negli anni Sessanta dopo il matrimonio con Doretha si stabilisce a St. Rose, sempre in Louisiana. Nell'aprile del 1970 partecipa per la prima volta al New Orleans Jazz & Heritage, una manifestazione che lo avrà come ospite fisso per cinque anni consecutivi. In quel periodo viene spesso in Europa, soprattutto a Londra dove in compagnia con il Professor Longhair anima una lunga serie di parties privati organizzati dal Ritz Hotel. Ormai considerato un grande del blues più facile e ballabile continuerà da protagonista anche negli anni successivi.


18 gennaio, 2019

19 gennaio 1946 – Miss Dolly Parton, regina dei girovaghi


Il 19 gennaio 1946 nasce a Sevierville nel Tennessee Dolly Parton, una delle maggiori interpreti di country negli anni Sessanta e Settanta, divenuta poi una star del pop. Quarta di dodici figli, è ancora un'adolescente di belle speranze quando inizia a cantare con il nome di Miss Dolly nei Porter Wagoner, uno dei tanti gruppi di cantanti girovaghi che portavano il loro spettacolo nelle cittadine degli Stati Uniti viaggiando su coloratissimi autofurgoni. Nel 1967 pubblica il primo di una lunga serie di dischi che la portano in breve tempo a diventare una delle più popolari e amate interpreti del country. Si difende bene anche come compositrice regalando ad altre sue colleghe vari brani di successo come I will always love you a Linda Ronstadt e Coat of many colours a Emmylou Harris. A partire del 1974, pur senza abbandonare il country, inizia progressivamente a modificare il proprio stile orientandosi verso il pop. L'album Great balls of fire e la sua partecipazione al film "Dalle 9 alle 5 orario continuato", di cui interpreta anche il tema musicale, la trasformano in una delle più importanti interpreti musicali e cinematografiche degli anni Ottanta. Tra premi e grandi successi di vendite non abbandona il set. Nel 1982 interpreta la sua I will always love you nel film "Il più bel casino del Texas" con Burt Reynolds riportando per l'ennesima volta il brano nella classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti. Mentre nessuno più mette in discussione le sue qualità lei si diverte a scorrazzare tra i vari generi dello spettacolo trasformando regolarmente in oro tutto ciò che tocca: dischi, film e televisione. Insieme a Linda Ronstadt e Emmylou Harris realizza lo splendido album Trio, confeziona un sontuoso show televisivo e crea Dollywood, un parco di divertimenti di sua proprietà nel Tennessee. Nel 1992 il suo brano portafortuna I will always love you, che ormai ha più di vent'anni, viene inserito nella colonna sonora del film "Guardia del corpo" nella suggestiva interpretazione di Whitney Houston, protagonista della pellicola e vola al vertice delle classifiche di vendita di tutto il mondo, diventa il singolo dell'anno e stabilisce il nuovo record di permanenza al primo posto della classifica statunitense. Dolly incassa e non fa una piega. Anzi, stupirà il pubblico tornando al country più tradizionale con brani come Slow dancing with the moon e, soprattutto Honky tonk angels, interpretato con Loretta Lynn e Tammy Wynette.

18 gennaio 1974 – Rick Wakeman: io tastierista rock? Non dite stupidaggini


Il 18 gennaio 1974 Rick Wakeman, il tastierista degli Yes da poco premiato dalla critica come “miglior tastierista rock del mondo”, si esibisce alla Royal Festival Hall di Londra in una performance straordinaria. Accompagnato dalla London Simphony Orchestra e dall'English Chamber Choir, diretti da David Measham, con la voce narrante dell’attore David Hemmings, esegue la sua opera Journey to the centre of the earth, una sinfonia per tastiere, sintetizzatori, orchestra, coro e voce narrante. Il concerto suscita entusiasmi decisamente eccessivi che finiscono per lasciare perplesso anche lo stesso Rick Wakeman. Qualche critico saluta addirittura la nascita di un nuovo genere, provvisoriamente battezzate “rock sinfonico”, ma il carismatico tastierista, figlio di Cyril Wakeman, il pianista della Ted Heath's Big Band, butta acqua sul fuoco. «Sono tutte stupidaggini. La musica è musica e basta. I generi, le etichette, come le mode, sono soltanto una sciocca invenzione. Come si fa a dire che io sono un tastierista rock? Che cosa vuol dire? Che cos’è il rock? Ho iniziato a studiare pianoforte a quattro anni sotto la guida di mio padre e a diciassette mi sono diplomato al Royal College of Music. Successivamente ho ottenuto il dottorato, anche se non mi faccio chiamare professore. Mi piace la musica, tutta la musica che riesce a esprimere sentimenti ed emozioni. Sono rock per questo?». Trincerato dietro la sua pila di tastiere, tra cui un organo Hammond, un sintetizzatore Moog, un pianoforte Rhodes e un Mellotron, Wakeman, con i suoi lunghi capelli biondi e il mantello svolazzante, è considerato ormai una sorta di “stregone delle tastiere” e uno dei personaggi più emblematici della capacità del “progressive” degli anni Settanta di fondere senza imbarazzi tutte le correnti musicali che l’hanno preceduto. Il successo di Journey to the centre of the earth, che segue di un anno la buona accoglienza riservata al suo primo lavoro The six wives of Henry VIII, lo convincono a chiudere la sua collaborazione con gli Yes e a continuare sulla strada della ricerca solistica. In estate terrà un concerto al Cristal Palace Garden con l'accompagnamento di ben centodue persone tra musicisti e coro e alla fine del 1974 la critica lo eleggerà per la seconda volta consecutiva “miglior tastierista del mondo”. La separazione dagli Yes non sarà definitiva ma il miglior periodo della band è ormai alle spalle.

01 gennaio, 2019

2 gennaio 1945 – Armando Gill, il primo cantautore della canzone italiana


Il 2 gennaio 1945 muore nella sua Napoli Armando Gill, all’anagrafe Michele Testa Piccolomini, il primo cantautore della canzone italiana. La sua età resta avvolta nel mistero. Alcune biografie dicono sia nato a Napoli il 23 luglio 1877, altre il 21 gennaio 1878. Rampollo di una famiglia molto in vista frequenta la facoltà di Giurisprudenza, ma passa gran parte del tempo a suonare e cantare nei vari locali del capoluogo partenopeo. Per sfuggire alle ire del padre sceglie di esibirsi con il nome d’arte di Armando Gill. Nel 1898 pubblica musica e testo della sua prima canzone Fenesta 'nchiusa cui segue 'O surdato. In quel periodo la popolarità dei suoi brani non supera i confini della città di Napoli, ma il ragazzo non se ne cura. Quello che più gli interessa è poter continuare a suonare e cantare. I quattro soldi che gli arrivano dagli editori gli bastano per vivere senza dover presentarsi davanti a papà Pasquale con il capo cosparso di cenere. Progressivamente il suo lavoro riscuote consensi sempre più ampi e nel 1910 arriva il primo successo su scala nazionale con Bel soldatin. La sua popolarità è destinata ad allargarsi a dismisura nel 1918 quando compone e interpreta Come pioveva, una canzone destinata a restare nella storia della musica leggera italiana come uno dei più grandi successi di tutti i tempi. Viaggia per l’Europa acclamato ovunque fino a quando, nel 1933, un impresario statunitense gli offre l’occasione della vita. È disposto a coprirlo d’oro se accetta di varcare l’oceano e trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti. Armando Gill tentenna, prende tempo, fa sapere che non è sua intenzione fare scelte così radicali. Gli americani rilanciano: l’offerta resta valida anche se il cantautore non se la sente di trasferirsi definitivamente negli States. L’ultima proposta prevede una serie di concerti nelle maggiori città statunitensi con la possibilità di revocare unilateralmente e senza alcuna motivazione il contratto. In realtà dietro al quella che sembra un’indecisione costruita ad arte per alzare il prezzo c’è il terrore di Gill per il mare. Lo spaventa la sola idea di mettere piede su una nave. Alla fine rinuncia e resta nella sua Napoli. Dieci anni dopo, stanco dell’ambiente, decide di ritirarsi a vita privata.

1° gennaio 1966 - "Sound of silence" al vertice grazie a Tom Wilson


Il 1° gennaio 1966 The sound of silence di Simon & Garfunkel arriva al vertice della classifica dei singoli più venduti negli Stati Uniti. Con due anni di ritardo rispetto alla prima registrazione uno degli inni dei giovani impegnati nel movimento dei diritti civili riceve anche la consacrazione del mercato. La sua prima comparsa è del 1964, quando Simon & Garfunkel la inseriscono nell'album interamente acustico Wednesday morning 3 AM. In quel momento non suscita particolare interesse un po' perché penalizzata dalla scarsa originalità complessiva del disco ma, soprattutto, perché l'attenzione del pubblico più attento ai contenuti si sposta su un altro brano, He was my brother dedicato a un ragazzo morto durante una manifestazione per i diritti civili nel Mississippi. La seconda versione di The sound of silence è quella di un album solista pubblicato a Parigi da Paul Simon nel 1965. La terza e definitiva versione è quella che arriva al vertice della classifica. Cosa è cambiato? Molto. Ci ha messo le mani Tom Wilson, uno dei collaboratori di Dylan nella sua "svolta elettrica", che ha aggiunto alla versione acustica del brano una base grintosa con basso, chitarra elettrica e batteria. In più è stato adottato dai giovani del movimento per i diritti civili e dalle radio universitarie che lo ritrasmettono fino alla nausea. In poche settimane diventa il disco più acquistato degli Stati Uniti. Sull'onda del successo Simon & Garfunkel saranno per cinque anni la "coppia d'oro" della musica statunitense pubblicando brani indimenticabili e vendendo più di venti milioni di dischi.