Il 14 febbraio 1974 al Rainbow di Londra è in programma un concerto di Roy Harper, uno dei più estrosi e singolari personaggi della musica britannica degli anni Settanta per promuovere il suo nuovo album Valentine. La formazione che dovrebbe accompagnarlo è un mistero, visto che il cantautore non ha un gruppo fisso e, in più, ha un rapporto decisamente saltuario con il pubblico, per i gravi problemi cardiocircolatori di cui soffre. Tra la sorpresa generale si presenta sul palco con una gran bella compagnia: Jimmy Page dei Led Zeppelin, Ronnie Lane dei Faces e Keith Moon, lo sciroccato batterista degli Who. La serata si trasforma in una sorta di happening di altissima qualità regalando a Roy Harper nuova voglia di continuare nonostante i problemi fisici e il difficile rapporto con il mondo dello show-business. A trent'anni passati si conferma il più longevo protagonista dell'underground britannico degli anni Sessanta, uno dei pochi poeti della generazione "post beat", apprezzato per la sua originalità più dai colleghi che dal pubblico che lo trova troppo "duro" per amarlo davvero. Non sono molti quelli che posso sopportare parole come «La storia della religione è la storia dello stato/un'incestuosa esplosione di tutto l'odio possibile». Del resto, però non è morbida neppure la sua storia. Orfano dalla nascita (la madre muore mentre lo dà alla luce) finisce nelle grinfie di una madre adottiva testimone di Geova. Per sfuggirle si arruola a quindici anni nella RAF e, quando si accorge di aver sbagliato posto, si finge pazzo. Ospedale psichiatrico e carcere militare non lo inducono all'ottimismo, soprattutto se inframmezzati da qualche elettroshock. La sua mente trova un appiglio nella musica e nella letteratura, che diventano una ragione di vita e un'ancora di salvezza. Quando arriva sul palco del Rainbow ha già alle spalle dieci anni di carriera, iniziata a Les Cousins di Soho, uno dei locali più disponibili ad accogliere nuovi talenti, e proseguita con molti momenti alti sul piano creativo e tanti bassi sul piano commerciale. L'esibizione del 14 febbraio è destinata a segnare una svolta nella sua carriera. Il successo della serata gli darà nuova energia. Di lì a poco formerà una sua band, i Trigger, con musicisti come Bill Bruford, già con gli Yes e i King Crimson e Chris Spedding. Per qualche tempo, dunque, il solitario e tormentato solista con la chitarra troverà buona compagnia nelle sue suggestive esibizioni.
Nessun commento:
Posta un commento