08 novembre, 2025

8 novembre 1927 - Patti Page, diva del pop

L'8 novembre 1927 nasce in Oklahoma Clara Ann Fowler destinata a diventare con il nome di Patti Page, una delle cantanti pop statunitensi di maggior successo dell'epoca immediatamente precedente all'esplosione del rock and roll. Al contrario di altre stelle di quel periodo, però, non verrà travolta dalle nuove mode. Dotata di una voce calda e molto duttile si adatterà all'idea di non essere più un personaggio di copertina, continuerà a cantare mantenendo una buona popolarità fino alla fine degli anni Sessanta. Nata in una famiglia numerosa composta da undici tra fratelli e sorelle, passa i primi anni della sua vita a Tulsa prendendo lezioni di canto come si conviene in quegli anni alle signorine di buona famiglia. Pian piano il canto da obbligo diventa hobby e poi professione. La sua voce viene notata da un talent scout che le procura un contratto "di soccorso": deve sostituire per breve tempo la cantante che interpreta il ruolo di una ragazza che si chiama Patti Page nel Page Milk Company Show, un programma della stazione radio KTUL. La sostituzione momentanea diventa definitiva e il nome del personaggio anche. Da quel momento, siamo nel 1947, diventa per tutti Patti Page. Fino alla metà degli anni Cinquanta la sua voce imperversa in quasi tutti gli show radiofonici degli Stati Uniti. Nel 1955 anche la televisione le affida la conduzione triennale di un suo spettacolo mentre il cinema cerca di sfruttarne la popolarità con una partecipazione al film "Il figlio di Giuda". I tempi stanno, però, cambiando. Il rock irrompe sulla scena. Lei capisce che il suo momento migliore è ormai alle spalle e si adatta.




07 novembre, 2025

7 novembre 1926 - Gino Latilla, un geniale figlio d’arte

Il 7 novembre 1926 nasce a Bari Gino Latilla. Suo padre è Mario Latilla, uno dei cantanti più popolari degli anni Trenta e il piccolo fin da bambino si ritaglia piccole esibizioni di contorno negli gli spettacoli di varietà l’illustre genitore. Va a scuola con profitto e non abbandona gli studi prima d’aver terminato il Liceo ma la sua passione resta la musica. Nel 1948 debutta come cantante al Teatro Manzoni di Bologna. Partecipa anche un provino alla RAI di Torino dove viene bocciato dal maestro Cinico Angelini. La delusione per il risultato negativo non lo scoraggia. Ottiene altre scritture alcune delle quali lo portano a cantare all’estero, in particolare in Germania e negli Stati Uniti. Nel 1952 il maestro Angelini torna sulla sua decisione e gli apre le porte delle sua orchestra dove si esibisce anche in duetto con Carla Boni, destinata a diventare la sua compagna anche nella vita. Con gli altri cantanti della scuderia Angelini è tra i protagonisti delle prime edizioni del Festival di Sanremo, manifestazione che vince nel 1954 con Tutte le mamme in coppia con Giorgio Consolini. La sua presenza alla rassegna sanremese continua anche quando la manifestazione cessa di essere appannaggio esclusivo del maestro Angelini. Partecipa sempre da protagonista alle edizioni del la gara nel 1957, 1958, 1959, 1960 e 1961. All'inizio degli anni Sessanta, quando sulla scena musicale italiana irrompono nuovi protagonisti e nuove mode sceglie di mettere a frutto i suoi studi extramusicali e lascia il mondo dello spettacolo per diventare dirigente RAI. Dopo mille rifiuti e altrettante smentite su un ritorno alla canzone negli anni Ottanta cede alle pressioni di chi lo invita a tornare sui suoi passi e, dopo aver fatto parte del gruppo Quelli di Sanremo, con Nilla Pizzi, Giorgio Consolini e Carla Boni, continua a esibirsi saltuariamente in spettacoli improntati alla nostalgia. Con Achille Togliani, Nilla Pizzi, e Carla Boni, è uno dei “quattro moschettieri”, gli interpreti di maggior successo della straordinaria squadra di solisti vocali dell’orchestra di Cinico Angelini, considerata non a torto la più grande “macchina di successi” degli anni Cinquanta. In quel periodo, dopo la contrapposizione aspra dell’immediato dopoguerra, la canzone ritmica derivata dallo swing e quella melodica più tradizionale sembrano trovare una sorta di punto d’incontro in un nuovo genere che i critici ribattezzeranno “melodico moderno” ma che in realtà raggruppa stili e soluzioni ritmiche spesso molto diverse tra loro, dallo slow al fox, dalla rumba al paso doble, alla beguine ecc. L’evoluzione stilistica impone interpreti all’altezza della sfida. Non è più sufficiente possedere una voce bene impostata e saperla modulare correttamente se non si ha nelle proprie corde la duttilità necessaria a cimentarsi con atmosfere, registri e colori musicali spesso molto differenti tra loro. Finisce l’epoca della specializzazione e ne inizia una nuova in cui il cantante non è più soltanto un mero esecutore alla pari tutti gli strumenti che compongono l’orchestra ma assurge al ruolo di interprete principale. Gino Latilla ha le caratteristiche necessarie per affermarsi. Dotato di una voce dall’intonazione naturale con grandi capacità d’estensione nel corso degli anni si è applicato nello studio fino a divenire uno degli interpreti italiani più preparati tecnicamente. Si dice che quando un gruppo o un solista trovatosi occasionalmente ad accompagnarlo gli chiedeva quale tonalità preferisse rispondeva: «Fate voi quella che preferite o che vi viene meglio!». Muore a Firenze l'11 settembre 2011.


06 novembre, 2025

6 novembre 1938 – P. J. Proby, il rocker col codino

Il 6 novembre 1938, a Houston, nel Texas nasce James Marcus Smith destinato a diventare un personaggio di spicco della scena musicale con il nome di P. J. Proby. Inizia a esibirsi in pubblico a soli undici anni e a diciassette ottiene, grazie a Jackie De Shannon, il suo primo contratto discografico. Nonostante la sua precocità Proby non riesce a sfondare negli Stati Uniti, ma sotto l'abile guida di Brian Epstein diventa uno dei cantanti più popolari in Inghilterra, debuttando nel 1964 nello show dei Beatles “Around The Beatles”. Famoso anche per il suo codino, inusuale in quel periodo, e per l'abbigliamento in stile “rivoluzione francese”, per un paio d'anni colleziona successi con brani come Hold me, Somewhere I apologize, Let the water run down, That means a lot, Maria, You need love e I can't make it alone. Nel 1968, ormai in declino, torna negli Stati Uniti. Si parla nuovamente di lui nel 1971, quando ritorna a Londra per interpretare Jago nel musical "Catch my soul", versione rock dell'Otello. Nel 1977 è uno dei protagonisti del musical "Elvis" con Shakin' Stevens.


05 novembre, 2025

5 novembre 2002 – Not in my name

Il 5 novembre 2002 a Roma viene presentato ufficialmente Not in my name, un album di canzoni contro la guerra edito dal quotidiano "Liberazione" e realizzato da quattordici gruppi e artisti italiani. Il progetto, curato da Michele Anelli, Gianni Lucini e Paolo Pietrangeli, è nato sottoponendo ai gruppi e agli artisti una lista di canzoni "storiche" del rock, del pop e della tradizione che avessero al centro il tema del rifiuto della guerra e della pace e chiedendo agli stessi di "reinterpretarli" filtrandoli attraverso la loro sensibilità artistica. Il risultato è un disco di notevole interesse e di grande suggestione con brani di una lunga serie di autori che va da Dylan a Fossati, da Country Joe McDonald a De André, da Lennon a Tenco, da Pietrangeli a De Gregori, al "primo" Guccini. Tutti i brani però, appaiono "nuovi" perché ciascuno è "ripensato" e filtrato attraverso la personalità degli interpreti finendo per disegnare una caleidoscopica rassegna dei linguaggi principali della musica di oggi. Accanto a Gang, Paolo Pietrangeli, Ratoblanco, Groovers, Mirafiori Kids e gran parte dei gruppi emergenti della canzone d'impegno la lista degli interpreti vede anche il gradito ritorno in sala di registrazione di Tommaso Leddi e Umberto Fiori, cioè il chitarrista e il cantante dei leggendari Stormy Six, che hanno regalato all'album un brano originale. Molti sono stati gli apporti "illustri" alla realizzazione del progetto, come quella di Jaré, un gruppo dietro al quale si nasconde il nome di Mauro Sabbione, il protagonista della svolta elettropop dei Matia Bazar di Vacanze romane nonché tastiera aggiunta dei "vecchi" Litfiba in El Diablo e dei nuovi in Elettromacumba. Tra le collaborazioni importanti c'è poi da annoverare anche la presenza di Fabrizio Barale degli Yo Yo Mundi nel brano registrato dal Gruppo Spontaneo di Musica Moderna. Il missaggio finale del CD è stato curato da Daniele Denti, l'indimenticato chitarrista dei Settore Out passato poi alla live band di Gianna Nannini. In un periodo in cui da più parti si criticano gli artisti italiani perché, pur prendendo posizione contro la guerra, faticano a elaborare un progetto collettivo, "Liberazione" ha fatto un piccolo miracolo.




04 novembre, 2025

4 Novembre 1961 - I canali televisivi in Italia diventano due

Il 4 Novembre 1961 iniziano le trasmissioni della Seconda rete televisiva. Ancora una volta la sua diffusione avviene in modo progressivo partendo dal nord del paese. Torino è un po’ il centro motore dell’iniziativa. Proprio nel capoluogo piemontese si inaugura nello stesso periodo un nuovo Centro Ricerca e Sperimentazione Rai in corso Giambone. Seguendo un po’ l’impostazione dei canali radiofonici, il primo canale televisivo prende il nome di "Programma nazionale" e l’altro diventa il "Secondo programma". Nello stesso anno viene nominato direttore generale Ettore Bernabei, un dirigente destinato a caratterizzare per anni, nel bene e nel male, con il suo stile e le sue scelte l’azienda. Una delle sue prime decisioni è quella di nominare, nel settembre del 1961, a direttore del telegiornale Enzo Biagi, un giovane giornalista già popolare nel mondo della carta stampata.



03 novembre, 2025

3 novembre 1957 - Con il naso in su cercando lo Sputnik di Laika

Nelle calde notti dell’estate del 1957 sono in molti quelli che, con il naso all’insù, cercano di individuare nella volta celeste una “stella in movimento”. Così, infatti, i giornali descrivono il primo satellite artificiale lanciato dall’Unione Sovietica, lo Sputnik, in orbita intorno alla terra. L’impresa, che sbalordisce il mondo, umilia gli statunitensi e rischia di sgretolare il mito della loro superiorità tecnologica. Non è più estate ma la gente continua a scrutare il cielo con il naso in su quando, il 3 novembre 1957, a bordo di un altro Sputnik, viene lanciato nello spazio il primo essere vivente. È la cagnetta Laika è il suo destino è quello di morire in orbita. La vicenda dell’animale appassiona e commuove il mondo intero. Proprio per reagire alla sfida lanciata dai sovietici il Dipartimento della Difesa USA costituisce l’agenzia ARPA (Advanced Research Projects Agency), un’organizzazione destinata a realizzare, tra l’altro, negli anni Sessanta, la prima sperimentazione di quella rete che anni dopo diventerà Internet.



02 novembre, 2025

2 novembre 1975 – Muore assassinato Pier Paolo Pasolini, l’eretico fustigatore del boom

Il 2 novembre 1975 su una spiaggia di Ostia viene ritrovato il corpo sfigurato di Pier Paolo Pasolini. Poche ore dopo il ritrovamento viene annunciato l’arresto del suo assassino. È il diciassettenne Giuseppe Pelosi, detto “Pino la rana” che confessa di averlo ucciso dopo un litigio e di averlo poi investito casualmente con l’automobile mentre fuggiva in preda al panico. Muore così uno dei protagonisti assoluti della cultura del Novecento italiano. Scrittore, poeta, critico, sceneggiatore e regista cinematografico, Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo 1922, l’anno in cui Mussolini va al potere. Il padre Carlo Alberto Pasolini è ufficiale di fanteria, mentre la madre, Susanna Colussi, è una maestra elementare. Il piccolo Pier Paolo trascorre l’infanzia e la prima giovinezza girovagando al seguito del padre, ufficiale di carriera. Se ne va prima a Parma, quindi a Belluno, Conegliano, Cremona e Reggio Emilia, anche se il luogo che ama di più è Casarsa, la cittadina friulana dove è nata sua madre, che lui descriverà come un «… vecchio borgo… grigio e immerso nella più sorda penombra di pioggia, popolato a stento da antiquate figure di contadini e intronato dal suono senza tempo della campana». Il rapporto con il padre non è facile e il giovane sviluppa un attaccamento fortissimo nei confronti della madre. Terminato il liceo, nel 1939 s’iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, e nel 1942 pubblica a proprie spese, Poesie a Casarsa, una raccolta di composizioni poetiche in dialetto friulano. In quell’anno il padre cade prigioniero degli inglesi in Africa. Chiamato alle armi il giovane figlio dell’ufficiale Pasolini non ci resta per molto. L’8 settembre 1943 butta la divisa e torna a Casarsa dalla madre. Gli ultimi anni della guerra e i primi dopo la liberazione sono tragici e segnati dalla morte del fratello minore partigiano. Alla fine degli anni Quaranta, dopo un periodo d’insegnamento nella scuola media di Valvasone, viene sospeso dall’incarico perché omosessuale e nei suoi confronti viene avviato anche un vero processo. Per tentare di ricominciare se ne va con la madre a Roma dove riesce a sbarcare il lunario insegnando in una scuola privata a Ciampino per ventisettemila lire al mese. Nella capitale vedono la luce “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta” due fra i romanzi più importanti di Pier Paolo Pasolini. Vede la luce anche “Le ceneri di Gramsci”, un’opera poetica che gli vale il Premio Viareggio del 1957. La letteratura però non è sufficiente a mantenerlo. Per arrotondare le scarse entrate inizia a lavorare anche come sceneggiatore cinematografico. Tra il 1957 e il 1961 sono undici le sceneggiature firmate da Pasolini che considera cinema e scrittura due forme espressive strettamente complementari e non alternative. I suoi romanzi e le sue poesie, infatti, sono ricche, infatti, di elementi per cosi dire “cinematografici”, mentre le sceneggiature dei suoi film hanno spesso una autonoma e solida validità letteraria. La sua avventura cinematografica nasce un po’ per incoscienza e un po’ per caso. Pur non essendo in possesso di una particolare preparazione tecnica, ma sorretto dall’ispirazione interiore, fa il suo esordio come regista nel 1961 con il film “Accattone”, con il quale porta sul grande schermo il suo interesse e la sua simpatia per le fasce più marginali del sottoproletariato romano. Nel lavoro di quel periodo è evidente la solidarietà con il mondo che il boom della società italiana sta lasciando al margine. I suoi personaggi sono diseredati, dimenticati da ogni chiesa e partito, dei quali lui cui ammira gli istintivi valori culturali che sopravvivono alla miseria materiale e morale, ma che nella sua visione pessimista sono però destinati a soccombere di fronte ai miti del “benessere” e della normalità piccolo-borghese. Negli anni successivi la sua narrazione cinematografica si arricchisce di un afflato religioso d’impianto squisitamente laico disegnando una sorta di cattolicesimo “eretico” che trova il suo momento culminante nel 1964 con “Il Vangelo secondo Matteo”. Negli anni della contestazione, la sua posizione dissente sia dai palazzi del potere che dai nuovi oppositori, ai quali attribuisce il tentativo di omologare l’intero tessuto sociale dell’Italia al modello piccolo-borghese spazzando via i valori dell’Italia precapitalistica e contadina. Accusa i contestatori del Sessantotto di essere i portatori di un nuovo potere e, negli anni successivi, pur continuando a militare nel Partito Comunista (che lo aveva sospeso nel 1949 per la sua omosessualità) critica aspramente il “conformismo di sinistra”. Le modalità del suo assassinio così come sono state diffuse non convincono. Non tutti credono alla versione raccontata dal ragazzo e molti amici dell’intellettuale scomparso sosterranno negli anni successivi la tesi di un vero proprio agguato premeditato ed eseguito da un gruppo numeroso. Sergio Citti, regista attore e amico di Pasolini dichiara pubblicamente che «...Quella notte Pelosi era insieme ad altre quattro persone e quelle persone erano lì per uccidere Pier Paolo... Pier Paolo era scomodo. Scriveva cose scomode, anche sul Corriere . No, non fu un incidente, una lite: Pier Paolo fu giustiziato. Qualcuno aveva deciso che Pasolini dovesse morire...». Già due settimane dopo il ritrovamento del suo corpo la giornalista Oriana Fallaci in un lungo articolo su “L’Europeo” ipotizza per la prima volta che il poeta, scrittore e regista sia stato ucciso in un agguato premeditato cui avrebbero partecipato più persone. L’ipotesi viene ripresa più volte nel corso degli anni e argomentata anche da inchieste giornalistiche accurate e ben documentate. Nessuna delle ricostruzioni riesce però a far riaprire le indagini finché nel 2005 è lo stesso Pino Pelosi annunciare in un seguitissimo programma televisivo: «Non sono io l’assassino di Pasolini ma tre uomini sui 45 anni, dal forte accento siciliano, scesi da una 1500 Fiat targata Catania, che lo assalirono gridandogli “Fetuso, arruso, sporco comunista” e minacciando di uccidere i miei genitori se non avessi taciuto su ciò che avevo visto quella notte».

01 novembre, 2025

1° novembre 1926 – Lou Donaldson, dal clarinetto al sax contralto

Il 1° novembre 1926 a Badin, nel North Carolina nasce il sassofonista Lou Donaldson. Figlio di un predicatore che di mestiere fa l’insegnante di musica, apprende le prime nozioni musicali in famiglia e a quindici anni, inizia a studiare clarinetto. È durante il servizio militare prestato in marina che prende la decisione di lasciare il suo strumento di legno per il metallo del sax contralto. Congedato, nel 1950 frequenta il Darrow Institute dove incontra Charlie Parker, Sonny Stitt e altri boppers. Dopo varie esperienze si trasferisce a New York dove incidere per la Blue Note prima in una formazione guidata da Horace Silver e poi anche sotto suo nome. Dopo un breve passaggio al al rhythm and blues torna al jazz dando vita a una propria band con la quale suona in alcuni tra i più importanti club di New York, dal Five Spot all’Half Note, al Play House e tanti altri. Nell’autunno del 1965 arriva in Europa per una breve permanenza al Golden Circle di Stoccolma. Dopo aver inciso per quattro anni per la Cadet, ritorna alla Blue Note. Considerato dalla critica come un allievo di Charlie Parker, in realtà Donaldson ha due facce. La prima decisamente e rigorosamente jazz hard bopper e la seconda nata nel rhythm and blues ed evoluta nel funky.

31 ottobre, 2025

31 ottobre 2003 – Frankie Hi-Nrg Mc era un autarchico


Ci sono anche Franca Valeri, Arnoldo Foà, Antonio Rezza, Paola Cortellesi e Pacifico in Ero un autarchico, l’album che vede la luce il 31 ottobre 2003. L’artefice è Frankie Hi-Nrg Mc, uno dei personaggi più significativi dell'hip-hop italiano dei primi anni Novanta, capace di essere, insieme, innovativo e campione di vendite. Arriva nei negozi sei anni dopo il suo ultimo lavoro in studio La morte dei miracoli, un periodo lunghissimo per un ambiente che è abituato a capitalizzare in fretta le azioni consolidate. Frankie, al secolo Francesco Di Gesù, nonostante i successi la prende con calma ma non sta fermo. La sua creatività si sperimenta anche in altre direzioni. Prova a realizzare alcuni video-clip per sé, poi ci prende gusto e lavora ai filmati musicali di altri come Nocca, Flaminio Maphia, Tiromancino e Pacifico. Sul piano strettamente musicale spiccano le collaborazioni con Alice, Puff Daddy, Nas, Alter Ego, Shel Shapiro, Banda Osiris e, soprattutto la partecipazione all'album The world according to RZA, uscito quest'anno dalla factory dei Wu-Tang Clan, che sembra avergli ridato la voglia di lavorare a un progetto musicale nuovo e più ampio. L'album che esce il 31 ottobre Ero un autarchico, un voluto omaggio a Nanni Moretti, segna una svolta decisa rispetto al passato almeno sul piano musicale. Le atmosfere sono meno cupe e la sua voce non ha i connotati della disperazione presenti soprattutto nel disco precedente, anche se le parole restano di pietra, ben tagliata e dura come il diamante. In Generazione di mostri spiega che «Rivoluzione resta un vocabolo impronunciabile/se l'unico scontro possibile/è tra parti di popolo/che vivono gomito a gomito/e non si accorgono di essere identiche…» e in Rap lamento usa l'accetta contro un'opposizione che rischia di assomigliare troppo alla "squadraccia" di governo del centro-destra. Strepitoso è Morsi e rimorsi, un taglia e incolla dell'intervento di Arnoldo Foà per il "no" all'abrogazione del divorzio nel 1974, smontato e ricomposto in una dichiarazione attualissima. La critica è radicale, ma a dispetto delle apparenze, non prevale mai la tentazione qualunquista: «Io sono geneticamente di sinistra, ma non posso ignorare le deficienze di questa sinistra prigioniera di piccole beghe di condominio. Ci sono milioni di salotti che assomigliano a tante piazzette Venezia e la sinistra si muove in punta di forchetta quando tutti ci si dovrebbe tirare su le maniche». Questa è l'aria che tira nel disco e che, a partire dal 13 novembre a Verona dà anche sostanza al nuovo tour di Frankie Hi-Nrg Mc accompagnato da una band che schiera Francesco Bruni alla chitarra, Lino De Rosa al basso, Ninja alla batteria e Skizo al piatto dei vinili.



30 ottobre, 2025

30 ottobre 1969 – Lo slapping poderoso di Pop Foster

Il 30 ottobre 1969 muore a San Francisco, in California il contrabbassista Pop Foster, registrato all’anagrafe con il nome di George Murphy Foster. Nato a McCall, in Louisiana, il 19 maggio 1892 al momento della more è considerato uno dei più grandi contrabbassisti della storia del jazz, grazie al suo poderoso slapping creato da una possente forza delle dita e dei muscoli del braccio che quasi fa da contraltare al suo aspetto esile e dimesso. Il talento di Pop è soprattutto nelle sue intuizioni ritmiche che gli consentono di lanciare i solisti anticipandone il linguaggio. La sua tecnica, più vicino alla perfezione di un metronomo che ai capricci dell'invenzione, gli consente di diventare rapidamente uno dei protagonisti dello stile New Orleans delle origini. La sua carriera musicale inizia infatti proprio a New Orleans dove si trasferisce giovanissimo con la famiglia costretta ad abbandonare la piantagione di McCall in cui è nato e vissuto da bambino. Il suo primo strumento è il violoncello che impara sotto la guida del padre e della sorella. Soltanto a sedici anni passa al contrabbasso bruciando rapidamente le tappe. Prima dei vent’anni suona già con band come l'Eagle Band e la Magnolia Jazz Band che intrattengono i turisti ospitati dai battelli in navigazione sulle acque del Mississippi. Nello stesso periodo suona anche nei locali di Storyville insieme ai maestri leggendari dello stile di New Orleans, da King Oliver a Roy Palmer e George Baquet. Successivamente lascia New Orleans per entrare nell'orchestra itinerante di Fate Marable di cui fanno parte anche Louis Armstrong e Baby Dodds. Con loro Pop affina la sua tendenza ad irrobustire l’accompagnamento fino a sostituire definitivamente il basso tuba con il suo contrabbasso. Dalla band di Fate Marable passa poi a quella di Charlie Creath, un altro leggendario musicista della regione del delta e, dopo una breve parentesi californiana, se ne va a New York per suonare nell’orchestra di Luis Russell con la quale resta dal 1929 al 1940. Nella seconda metà degli anni Quaranta il jazz tradizionale va un po’ in crisi e non gli consente di guadagnare quanto basta per vivere Pop Foster continua a suonare ma si mantiene facendo l’operaio nella metropolitana di New York. I musicisti di cui si circonda in quegli anni sono i neri di New Orleans che vivono la fase del recupero storico, quali Baby Dodds, Bunk Johnson, George Lewis, ma anche i jazzmen bianchi di Chicago, primo fra tutti quell’Art Hodes, che ha saputo dare una coscienza storica e critica all'intero fenomeno del jazz delle origini. Rudi Blesh chiama Pop accanto a sé nelle celebri esibizioni radiofoniche intitolate “This Is Jazz” alle quali partecipa il meglio del jazz tradizionale. Dal 1949 al 1951 è a Boston con l'orchestra di Bob Wilber e successivamente con Jimmy Archey. Negli anni Sessanta deve ridurre la sua attività per ragioni di salute. Con la sua morte scompare uno dei protagonisti della scuola classica di contrabbasso.



29 ottobre, 2025

29 ottobre 1984 - Luciano Tajoli festeggia 45 anni con la canzone italiana

Il 29 ottobre 1984 Luciano Tajoli celebra i suoi quarantacinque anni di carriera con un grande concerto al Teatro Nazionale di Milano il cui ricavato è destinato a essere interamente devoluto alla Lega italiana per la lotta contro i tumori. La serata, affollata come al solito, conclude un lungo ciclo di festeggiamenti iniziato il 9 ottobre con una serie di concerti televisivi dal vivo insieme all’orchestra di Sante Palumbo prodotti da un’emittente privata toscana. Luciano, che sta vivendo un momento particolarmente felice della sua carriera, annuncia la pubblicazione del suo cinquantesimo album. Si intitola Amici miei e, oltre a una lunga serie di brani nuovi, tra cui quello che dà il titolo alla raccolta, contiene anche due originali versioni delle canzoni Vecchio Frac di Domenico Modugno e Il cielo in una stanza di Gino Paoli.




28 ottobre, 2025

28 ottobre 1945 – Elton Dean, uno dei Soft Machine

Il 28 ottobre 1945 a Nottingham, in Gran Bretagna, nasce il sassofonista Elton Dean, un tipo curioso che nella sua carriera non ha disdegnato di suonare anche tastiere e strumenti vari. Dopo le prime esperienze con vari gruppi semi-professionali di jazz tradizionale dà vita ai Soul Pushers, una propria band di musica soul.. Verso la metà degli anni Sessanta, entra a far parte della band di Long John Baldry dove incontra il trombettista Marc Charig e il pianista Keith Tippett destinati a diventare suoi compagni di strada in varie occasioni. Dopo aver suonato in uno dei tanti gruppi formati da Keith Tippett, nel 1969 entra a far parte dei Soft Machine, uno dei più dotati e geniali gruppi di rock progressivo. Proprio nei Soft Machine militano anche Robert Wyatt, Hugh Hopper e Michael Ratledge, musicisti che, come lui, sono destinati a lasciare un segno importante nelle varie forme di contaminazione tra il rock inglese e il jazz elettrico e nelle altre forme di musica di confine. Terminata la collaborazione con i Soft Machine nel 1972 suona coi Centipede, una formazione di cinquanta elementi diretta da Keith Tippett. Successivamente prosegue l'attività dando vita a vari gruppi dall’organico variabile come i Just Us, i Ninesense o l’Elton Dean Quintet. In tutte queste avventure gli saranno al fianco, oltre ai soliti Tippett e Charig, musicisti come il batterista Louis Moholo, il trombonista Nick Evans, il sassofonista Alan Skidmore e il contrabbassista Harry Miller. Muore a Londra l'8 febbraio 2006.


27 ottobre, 2025

27 ottobre 1988 – Rattle and hum


Dublino non è una città abituata ai grandi eventi cinematografici come le prime mondiali. In genere si preferisce lanciare un film in una delle grandi capitali della comunicazione, preferibilmente negli Stati Uniti, al centro dell’Impero. Gli U2 no. Per la prima di “Rattle and hum” il film che li vede nel ruolo di ispiratori e protagonisti hanno imposto alla produzione Dublino, la loro città, uno dei tanti cuori della periferia dell’Occidente. La capitale irlandese reagisce con orgoglio a questa scelta e, il 27 ottobre 1988 in occasione della prima mondiale del film sugli U2 si dimostra all’altezza della situazione accogliendo con simpatia la moltitudine di giornalisti, critici, fans e semplici curiosi che arrivano nei modi più disparati per assistere all’avvenimento. I fortunati che riescono ad assistere al film ne parlano con entusiasmo. La band si sottopone di buon grado alla conferenza stampa insieme al regista del film, Phil Joanou, un californiano di Los Angeles laureato in cinematografia all’università della sua città, la prestigiosa UCLA. Ha soltanto venticinque anni e dopo una collaborazione con Steven Spielberg in “Amazing stories” ha all’attivo soltanto “Three o’ clock high”, un cortometraggio realizzato in proprio nel 1986. «Perché proprio lui, vista la scarsa esperienza?» chiedono i cronisti a Bono e compagni. La risposta della band è chiara: «Perché il film non poteva funzionare se non c’era sintonia tra le parti. Molti registi affermati ci avevano informato della loro disponibilità a partecipare al progetto, ma incontrandoli ci rendevamo conto che ciascuno di loro pensava a noi come a degli oggetti da muovere, da interpretare a suo piacimento. L’ultima cosa che volevamo era che qualcuno trasformasse il film in un circo hollywoodiano». Per vari mesi Joanou e un suo assistente hanno seguito con due telecamere i membri del gruppo girando una quantità di materiale sufficiente a realizzare centodiciotto documentari da novanta minuti l’uno. Per il montaggio sono stati necessari circa dieci mesi di lavoro. L’accoglienza del pubblico è entusiastica, ma anche la critica non arriccia il naso, nonostante la struttura narrativa del film sia tutt’altro che originale: è sostanzialmente un documentario che racconta una tournée. Lo fa, però, con mano leggera e gradevole, evitando di santificare gli artisti. E questo, non solo in quel periodo, è un fatto raro.



26 ottobre, 2025

26 ottobre 1931 - Due nomi un solo blues

Il 26 ottobre 1931 nasce ad Haynesville, in Arkansas, Emery H. Williams jr., destinato a diventare un bluesman famoso con due nomi d'arte in due epoche diverse della sua carriera: Little Junior Williams e Detroit Junior. Gli inizi della sua carriera si perdono nella notte dei tempi. Sballottato qua e là dalla sua famiglia che si sposta continuamente vive l'infanzia in una sorta di triangolo tra le città di Forrest City, Memphis e Pulaski (un piccolo centro dell'Illinois). In questo suo vagabondaggio apprende le prime nozioni musicali, non complete dal punto di vista formativo, ma sufficienti a dargli la possibilità di cantare accompagnandosi in modo accettabile con pianoforte e chitarra. 
Nel 1948 si stabilisce a Flint nel Michigan, dove comincia ad esibirsi soprattutto nelle feste private. Ha diciassette anni e si presenta con il suo vero nome. La svolta sul piano professionale avviene nei primi anni Cinquanta, quando ottiene un contratto fisso dal Mellowland Club di Pontiac e incide i primi dischi con la Great Lakes. La sua giovane età gli regala il primo nome d'arte. In questo periodo, infatti, diventa Little Junior Williams. Nel 1953 forma i Blues Champs, una band destinata ad avere vita breve. Dopo lo scioglimento del gruppo riprende a vagabondare offrendo i propri servigi come solista e suonando occasionalmente con l'orchestra del Circle Club di Flint. Nel 1956 va a Chicago a cercare fortuna. La trova nella band del chitarrista Eddie Taylor e, dal 1959, con i Royal Aces di Little Mack. In quel periodo l'etichetta Bea & Baby gli propone un nuovo contratto discografico. «Sei già sotto contratto con altri?». Il buon Emery non si ricorda i termini del contratto con la Great Lakes, ma dice di no. Per evitare guai decide di cambiare nome d'arte. Nasce così Detroit Junior. Nel 1967 verrà ingaggiato dal grande Howlin' Wolf con cui resterà fino alla metà degli anni Settanta, partecipando tra l'altro al festival blues di Ann Arbor del 1972. Muore il 9 agosto 2005 a Chicago.



25 ottobre, 2025

25 ottobre 2004 - Quando Papa Wemba venne accusato di favorire l’immigrazione clandestina

Il 25 ottobre 2004 a Bobigny, Parigi, inizia il processo intentato contro Papa Wemba, una delle star della world music mondiale, nato in Congo, cittadino belga e residente in Francia, accusato di vari reati collegati all’immigrazione illegale. Il musicista rischia una pena pesante, fino a dieci anni di carcere, per aver fatto entrare in Francia centinaia di cittadini congolesi con un’ingegnosa truffa ai danni delle leggi sull’immigrazione. Secondo l’accusa, infatti, Papa Wemba chiedeva visti per loro dichiarando che erano componenti del suo nutrito gruppo Vive La Musique. Sempre stando alla ricostruzione dell’accusa i cittadini congolesi, una volta ottenuto il visto per la Francia, non avrebbero fatto più ritorno in Congo. Con Papa Wemba, il cui vero nome è Jules Shungu Wembadio Pene Kikumba, saranno giudicate altre sette persone. Il musicista, che ha cinquantacinque anni, al momento del processo ha già trascorso in prigione quasi quattro mesi da quando ha preso avvio l’inchiesta.



24 ottobre, 2025

24 ottobre 1925 – Willie Mabon, una vita tra blues e camion

Il 24 ottobre 1925 nasce a Hollywood, nel Tennessee, il bluesman Willie Mabon. Come accade a molti altri protagonisti della storia del soul e del blues, la sua prima scuola di musica è il coro della chiesa del quartiere dove vive. Nel 1940, a quindici anni, convinto che il canto possa essere la sua definitiva scelta di vita, inizia a studiare pianoforte e armonica, ma l'anno dopo è costretto a cambiare progetti. La morte improvvisa della madre lo costringe a stabilirsi a Chicago dove alterna lavori saltuari a sporadiche esibizioni nei locali della città. La fine della seconda guerra mondiale lo sorprende al volante di un poderoso autocarro di proprietà di un'impresa di trasporti. Appena può, però, abbandona la vita vagabonda e senza orari per fare l'operaio in una fabbrica d'ascensori. Il lavoro è più duro ma gli lascia maggior tempo per la musica. I suoi amici di quel periodo si chiamano Memphis Slim e Sunnyland Slim, personaggi destinati a scrivere pagine importanti nella storia del blues. Nel mese di dicembre del 1946 forma con Lazy Bill Lucas ed Earl Dranes un trio che debutta al Tuxedo Lounge. L'esperienza di gruppo gli piace. Nel 1948 dà vita ai Blues Rockers e qualche tempo dopo forma addirittura una sorta di big blues band. Sono anni fortunati che lo vedono protagonista di innumerevoli successi discografici tra cui spicca, nel 1952, il singolo I don’t know e, nel 1953, I’m mad. In quel periodo vagabonda per le varie città degli Stati Uniti accompagnato da una band di sette elementi. Negli anni Sessanta, mentre sull'onda dell'esplosione del beat tutto il mondo scopre e impara ad amare il blues, lui comincia ad avere una crisi di rigetto nei confronti del music business. L'invadenza delle case discografiche e del sistema in generale finiscono per fargli rimpiangere gli anni della gioventù, duri ma caratterizzati da maggior libertà. Quando nessuno se l'aspetta abbandona tutto e torna a guidare camion. Accade alla fine del 1967, dopo una lunga serie di concerti nei club di Chicago. Per evitare problemi con la sua casa discografica entra in sala di registrazione e incide a tappe forzate i brani previsti dal contratto. Poi si cerca un posto da camionista e lascia tutto. La scelta non sarà definitiva. Dopo quattro anni sulle strade tornerà a esibirsi alla fine del 1972. L'anno dopo, invitato in tournée in Europa, scoprirà Parigi e non si muoverà più. Stabilirà la sua residenza nella capitale francese e troverà gli stimoli giusti per continuare.



23 ottobre, 2025

23 ottobre 1940 – Edson Arantes Do Nascimento, in arte Pelè


Il 23 ottobre 1940 a Tres Corações in Brasile nasce un bambino che viene registrato all’anagrafe con il nome di Edson Arantes Do Nascimento e che tutto il mondo conoscerà con il nome di Pelé. Lui stesso racconta di chiamarsi Edson in onore di Thomas Alva Edison e di non aver mai apprezzato particolarmente il nomignolo di Pelé. Nonostante le sue personali preferenze resta nella storia dello sport e del costume proprio con questo appellativo di due sole sillabe regalatogli da un compagno di scuola e di giochi quando era ancora un ragazzino e rimastogli appiccicato per tutta la vita. Talento naturale viene scoperto all'età di 11 anni dall'ex giocatore della nazionale brasiliana Waldemar de Brito che lo segue e si incarica di trovargli una collocazione. Quando entra a far parte della prestigiosa formazione del Santos ha soltanto quindici anni e non ne ha ancora compiuti sedici quando, nel mese di settembre del 1956, debutta contro il Corinthians segnando un gol. Due anni dopo i mondiali di Svezia lo consacrano tra gli dei del calcio mondiale. La fortuna non l’assiste quattro anni dopo, ai Mondiali del Cile del 1962. Attesissimo e in gran forma si fa male nel primo incontro e chiude lì la sua avventura. I suoi compagni vincono di nuovo il titolo ma lui deve accontentarsi di entrare nell’albo d’oro della manifestazione senza mai alzarsi dalla panchina. Il destino sembra prendersi gioco di lui anche nei mondiali del 1966 quando, colpito a uno stinco nel corso della terza partita contro il Portogallo deve uscire dal campo in barella e assistere al resto degli incontri dalla panchina. Questa volta, però, il tormento dura poco perché il Brasile viene rapidamente eliminato. Per rivedere il suo genio calcistico all’opera nella più grande e importante competizione internazionale di calcio si dovrà attendere Messico 1970 quando ormai trentenne, assistito dalla giovanile esuberanza di Jairzinho, Tostao, Rivelino e Carlos Alberto darà al mondo una serie di prove delle sue straordinarie qualità In quello che passerà alla storia come il primo Mondiale di calcio trasmesso a colori (anche se in Italia lo si vedrà ancora in bianco e nero) Pelé regala almeno tre perle rimaste negli annuari del calcio spettacolo. La prima è il tentativo di colpire la Cecoslovacchi con un pallonetto da metà campo, la seconda il colpo di testa contro l’Inghilterra impossibile per posizione e per dinamica cui risponde con una parata-capolavoro il portiere inglese Gordon Banks. Terza, ma soltanto in ordine di tempo, è la finta con la quale lascia scorrere il pallone oltre il portiere dell'Uruguay uscito fuori area, per poi recuperarlo e tirare verso la porta mancandola di un soffio. Nella finale contro l’Italia realizza il centesimo gol del Brasile in un Mondiale con un colpo di testa dopo essere stato sospeso in aria per un’eternità. Tarcisio Burgnich, il difensore italiano che ha l’ingrato compito di marcarlo, non si dimenticherà più quella giornata: «Prima della partita mi ripetevo che era un uomo di carne e ossa come me e come tutti gli altri, ma sbagliavo». Il Brasile vince il titolo e Pelé entra definitivamente nella leggenda. Il giorno dopo la finale sulla prima pagina del Sunday Times c’è scritto: «Come si scrive Pelé? D-I-O». Nel 1974 Pelé annuncia il suo abbandono del campo da gioco, ma non è vero. Un anno dopo accetta di andare a giocare nei Cosmos di New York «per portare il gioco più diffuso al mondo al pubblico nordamericano». L’esperienza si rivela molto remunerativa ma non ottiene i risultati sperati sul piano sportivo per cui appende definitivamente le scarpe al chiodo nel 1977 dopo aver realizzato 1.281 gol, un record insuperato che fa di lui il più grande cannoniere della storia del calcio. Muore il 29 dicembre 2022.


22 ottobre, 2025

22 ottobre 2004 – Meg inaspettata e dolce

Il 22 ottobre 2004 Meg presenta il suo primo disco da solista. «Un parto travagliato. È una figlia, una piccola creatura di sesso femminile che io trovo graziosissima» Così Meg descrive l’album che porta il suo nome, il primo da solista dopo tanti anni con i 99 Posse e la più recente esperienza nei Nous in coppia con l’altro ex 99 Marco Messina. È un lavoro inaspettato per chi si è abituato a vederla sulla scena con Zulù e compagni. Delicato, musicalmente curato fin nei minimi dettagli, in qualche passaggio deliziosamente retrò, Meg è un album pop dove le alchimie elettroniche fanno l’amore con gli strumenti veri, fiati e archi compresi. Lei sostiene che al fascino sottile dei suoi brani non sia estranea una questione di genere: «C’è una grande differenza tra la sensibilità maschile e quella femminile. Io ho cantato al femminile». Ci vuole coraggio, però, a imbarcarsi su rotte nuove visto che avresti potuto continuare a navigare nello stesso mare in cui avevi veleggiato con i 99 Posse… «Nel momento in cui il gruppo ha incominciato a starci stretto e abbiamo deciso che era tempo di prenderci una boccata d’aria, ciascuno di noi ha finito per radicalizzare le proprie ispirazioni artistiche e stilistiche…» E le tue quali sono? «Quelle che ritrovi nel disco. Una cultura ricca, non prigioniera di un genere specifico, una sorta di liquido amniotico in cui convivono felicemente la tradizione classica napoletana, il pop dei Beatles, il jazz e la musica classica…» … e il Brasile, visto che nell’album l’unico pezzo che non porta la tua firma è Senza paura, un brano di molti anni fa scritto da Toquinho, Vinicius De Moraes e Sergio Bardotti. Caldo, molto luminoso, insieme a Simbiosi sembra un po’ la chiave di lettura dell’intero disco, uno squarcio di ottimismo, un invito a non credere alle cose come sono e a non avere paura. «È un solare esorcismo alla paura, una canzone che ha illuminato la mia infanzia. Per questo ho voluto cantarla e ho chiesto a mio padre di suonarci». Tu sei ottimista? «Come tutti alterno momenti di pessimismo nero a squarci di speranza e ottimismo. Tutto sommato mi considero positiva, anche se di questi tempi è sempre più difficile. Ciò che di peggio si poteva immaginare è diventato realtà: guerra, falsificazione, desolazione, sopraffazione e, in più, la caduta del significato delle parole. Opporsi è possibile solo se si sfugge a queste logiche». In Simbiosi sembri quasi rivalutare il sogno da contrapporre alla realtà. Non è una fuga? «No, tutt’altro. Io credo che la speranza del mondo sia proprio affidata a quella rete delicatissima, eppur fittissima, di persone che riescono ancora a sognare spostando più in là l’orizzonte. È quello che mi piace chiamare “esercito mondiale dei sognatori” e che raggruppa tutti quelli che non hanno smesso di sognare, progettare e lottare per un mondo diverso».


21 ottobre, 2025

21 ottobre 1996 - I cantautori non sono il diavolo!

Il 21 ottobre 1996 il programma televisivo “Roxy Bar” condotto da Red Ronnie ha un ospite d’eccezione e inusuale. Si tratta del cardinale Ersilio Tonini. Il prelato dovrebbe confrontarsi con il cantautore Francesco De Gregori dopo le polemiche scatenate dal L’Osservatore Romano, il giornale del Vaticano, nei confronti dei cantautori italiani per l’utilizzazione di Dio nei loro testi. Il confronto, annunciato dalla stampa come una sorta di resa dei conti tra la musica dei giovani e la Chiesa, attira l’attenzione di milioni di spettatori. Contrariamente alle previsioni non c’è battaglia, ma un gesto ufficiale di conciliazione da parte dell’autorevole esponente della Chiesa Cattolica. Al termine del faccia a faccia con Francesco De Gregori, infatti, il cardinale Ersilio Tonini, si alza e abbraccia il cantautore esclamando «Posso ringraziare Dio di avere fatto uno come te».


20 ottobre, 2025

20 ottobre 1986 – “Caruso” canzone dell’anno

La più bella canzone del 1986 è Caruso di Lucio Dalla. La giuria del Club Tenco di Sanremo, composta da critici, autori e giornalisti, non ha dubbi in proposito, tanto che il premio viene assegnato quasi all’unanimità. Il 20 ottobre 1986 nel corso dell’annuale manifestazione organizzata dallo stesso Club Tenco, Lucio Dalla riceve quello che lui considera uno dei premi più prestigiosi della sua carriera. La canzone nasce da una leggenda. Si racconta che il grande tenore Enrico Caruso, negli ultimi mesi della sua vita, ormai malato irrimediabilmente di cancro alla gola, continuasse a tenere lezioni di canto a una giovane ragazza di cui era anche segretamente innamorato. In una delle ultime sere della sua vita avrebbe fatto trasportare il suo pianoforte in terrazza per poter cantare una lunga serenata alla luna e allo stupendo Golfo di Sorrento. Commosso e ispirato da questa storia Lucio Dalla compone Caruso, un brano dalla melodia e dal testo ricchi di citazioni attinte direttamente alla tradizione napoletana e operistica. La canzone, pubblicata in singolo e inserita nell’album Dallamericacaruso arriva rapidamente al vertice della classifica dei dischi più venduti. Considerata il capolavoro del cantautore bolognese diventa un successo in varie parti del mondo grazie anche alle numerose versioni realizzate da diversi artisti. Tra i cantanti che l’hanno inserita nel loro repertorio ci sono Luciano Pavarotti, Anna Oxa, Roberto Murolo, Mireille Mathieu e Tom Robinson.