Il 24 novembre 1945 nasce a Los Angeles, in California, Lee Michaels destinato a diventare, intorno alla metà degli anni Sessanta, il cantante e pianista dei Sentinels, uno dei gruppi seminali del rock californiano. Sciolti i Sentinels, lui e il batterista John Barbata si uniscono più tardi ai Joel Scott Hill. Nel 1966 Lee forma una propria band mentre Barbata segue una strada diversa che lo porterà qualche anno dopo a suonare con i Jefferson Airplane. Nel 1968 Michaels viene scritturato dalla A&M di Herb Alpert per la quale pubblica nel 1968 con scarso successo gli album Carnival of life e Recital. L’anno dopo, inaspettatamente entra per la prima volta nella classifica dei dischi più venduti con Lee Michaels riuscendo poi a ripetersi nel 1970 con gli album Live e Barrel e nel 1971 con 5th. Nel 1972 piazza ancora in classifica i singoli Do you know what I mean? e Can I get a witness? estratti dal suo album Space and first takes, ma è l’ultimo sussulto. Da quel momento la sua carriera entra in una fase discendente sottolineata dagli album Nice day for something del 1973, Tailface del 1974 e Saturn rings del 1975.Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio...
24 novembre, 2025
24 novembre 1945 - Lee Michaels, uno dei Sentinels
Il 24 novembre 1945 nasce a Los Angeles, in California, Lee Michaels destinato a diventare, intorno alla metà degli anni Sessanta, il cantante e pianista dei Sentinels, uno dei gruppi seminali del rock californiano. Sciolti i Sentinels, lui e il batterista John Barbata si uniscono più tardi ai Joel Scott Hill. Nel 1966 Lee forma una propria band mentre Barbata segue una strada diversa che lo porterà qualche anno dopo a suonare con i Jefferson Airplane. Nel 1968 Michaels viene scritturato dalla A&M di Herb Alpert per la quale pubblica nel 1968 con scarso successo gli album Carnival of life e Recital. L’anno dopo, inaspettatamente entra per la prima volta nella classifica dei dischi più venduti con Lee Michaels riuscendo poi a ripetersi nel 1970 con gli album Live e Barrel e nel 1971 con 5th. Nel 1972 piazza ancora in classifica i singoli Do you know what I mean? e Can I get a witness? estratti dal suo album Space and first takes, ma è l’ultimo sussulto. Da quel momento la sua carriera entra in una fase discendente sottolineata dagli album Nice day for something del 1973, Tailface del 1974 e Saturn rings del 1975.23 novembre, 2025
23 novembre 1961 – Maurice Durand, un protagonista del jazz delle origini
Il 23 novembre 1961 muore in California il trombettista Maurice Durand, uno dei grandi trombettisti del jazz delle origini. Nato a New Orleans, in Louisiana, il 4 luglio 1893 comincia a suonare quando è ancora ragazzo con varie brass band mettendosi in evidenza per la notevole tecnica strumentale di cui è in possesso. All'inizio degli anni Venti entra a far parte della Onward Brass Band e della Tuxedo Brass Band, due delle più prestigiose bande di New Orleans, diventando in breve tempo molto popolare. Verso la metà degli anni Venti forma una sua orchestra da ballo, che ha tra i componenti il giovanissimo ma già validissimo clarinettista Willie Humphrey destinato a diventare uno dei protagonisti del New Orleans revival. Con questa formazione Maurice Durand suona per parecchio tempo al Pythian Temple Roof Garden, uno dei locali più in voge di quel periodo. Durante la crisi economica Durand decide di chiudere con la musica e si ritira in California, abbandonando la professione.22 novembre, 2025
22 novembre 1963 - L’assassinio di Kennedy
Il 22 novembre 1963 John Fitzgerald Kennedy, Presidente degli Stati Uniti, è in visita ufficiale a Dallas, una città del Texas. Mentre sta percorrendo una via della città su una macchina scoperta con al suo fianco la moglie Jaqueline e il governatore Connaly, viene colpito mortalmente da tre proiettili d’arma da fuoco. Le prime indagini individuano in Lee Harvey Oswald l’assassino, ma la vicenda è solo all’inizio. Lo stesso Oswald verrà ucciso e tra verità, menzogne, coperture e supposizioni il responsabile della morte di Kennedy e gli eventuali mandanti resteranno per i più un mistero. Il gruppo britannico dei Renegades dedicherà allo scomparso presidente il brano John Fitzgerald Kennedy, cantato interamente in italiano.21 novembre, 2025
21 novembre 1956 – Piero Fidelfatti, un mago del remix

Il 21 novembre 1956 nasce a Padova il disk jockey Piero Fidelfatti. Nel 1981, dopo aver lavorato in varie discoteche del Veneto, inizia a produrre mix di dance riscuotendo un notevole successo soprattutto in Germania, Spagna e Grecia. Nel 1983, Somebody, un suo disco pubblicato con il nome di Video e remissato da David Morales, ottiene un lusinghiero riscontro sul mercato statunitense e arriva al quinto posto della classifica olandese. Nel 1984 vince, con il nome di Time, "Un disco per l'estate", con Don't stop e quattro anni dopo pubblica Baila Chico, uno dei primi brani italiani di house. Nel 1989 inizia a firmare con il proprio nome i suoi dischi e con Just wanna touch entra nella classifica britannica dei singoli più venduti.
20 novembre, 2025
20 novembre 2004 - Hakim, il leone d’Egitto
Il 20 novembre 2004 arriva in Italia Hakim, “Il leone d’Egitto”, un mito per i giovani arabi e un personaggio di spicco della scena pop internazionale con più di otto milioni di dischi venduti. L’artista si esibisce al Palaghiaccio di Marino, in provincia di Roma nel primo di due concerti già esauriti da giorni (il secondo si svolge due giorni dopo al Palamazda di Milano). I concerti sono l’occasione per vedere e ascoltare dal vivo uno dei fenomeni dell’incontro tra pop e tradizione mediorientale. Nato a Maghnagha, un centro del meridione egiziano, Hakim ha fatto conoscere a tutto il mondo la sua mescola tra lo “sha’bi”, il suono della musica popolare da strada del nordafrica, e le nuove ritmiche del pop. Scoperto da Hamid El Shaeri arriva al successo nel 1991 con l’album Nazra, il primo di una lunga serie giunta nel 2004 all’ottava tappa con Lela, un disco in cui duetta con Stevie Wonder e James Brown. La sua popolarità è rafforzata anche da un costante impegno sociale a favore dei popoli dei paesi del nordafrica che negli anni gli è valso una lunga serie di riconoscimenti ufficiali.19 novembre, 2025
19 novembre 1964 – Little Johnny Jones, dall'armonica al piano
18 novembre, 2025
18 novembre 1939 - Lia Scutari, cantante da Juke Box
Il 18 novembre 1939 nasce a Cavarzere, in provincia di Venezia, la cantante Lia Scutari. Terminate le scuole medie frequenta i corsi d’economia domestica a Padova. Tornata in famiglia lavora nel mulino paterno ma non rinuncia alla passione del canto, spinta anche dal padre che ogni sera al termine del duro lavoro si esibisce come basso in una corale. La ragazza a diciott’anni partecipa ai vari concorsi canori della sua zona e diventa in breve popolarissima. Nel mese di gennaio del 1959 si trasferisce a Milano per studiare canto con il maestro Federico Bergamini e pochi mesi dopo si fa notare al Festival del Juke Box di Rimini. Nel 1960 dopo aver partecipato al Festival di Villa Olmo e alla Sei Giorni della Canzone di Milano ottiene una sorprendente affermazione al Burlamacco d'oro di Viareggio con Briciole di baci. Vince poi il Festival di Pesaro con È ritornato il sole, in coppia con Flo Sandon's. Prosegue poi l’attività con alterna fortuna per qualche anno. Tra i brani di maggior successo si ricordano Tu sei simile a me, Notte mia, Il corsaro, Ruby Baby, Cerasella rock e Faro di Bahia. Muore ad Agliano Terme il 15 agosto 2011.17 novembre, 2025
17 novembre 1978 – Il primo album della Polizia

Il 17 novembre 1978 i Police pubblicano il primo album della loro non lunghissima storia. È Outlandos d'amour, un disco accolto con meraviglia dalla critica. Le recensioni sono entusiastiche al limite dell’apologia e descrivono il lavoro di Sting e compagni come «una raccolta di canzoni prepotenti e sfacciate che racchiudono l’intero messaggio di una generazione in piena formazione». Niente male per un gruppo che solo qualche mese prima aveva subito la censura della BBC nei confronti del brano Roxanne, tolto dalla programmazione radiofonica e televisiva per il testo, ritenuto offensivo… Al di là delle esagerazioni dell’epoca, cui non sono estranei i responsabili dell’ufficio promozionale di una casa discografica potente come la A&M, il disco rappresenta davvero una ventata d’aria nuova nella statica situazione del rock britannico di quel periodo, compresso tra lo strappo del punk e la noiosa ripetitività di un pop leggero e danzereccio. A questo va aggiunto che il gruppo, pur essendo di recente costituzione, non è formato da giovani musicisti di primo pelo. Sting, il cui vero nome è Gordon Matthew Sumner, ha alle spalle qualche anno con la Newcastle Big Band e i Last Exit, il batterista Stewart Copeland proviene da un gruppo di culto come i Curved Air e il chitarrista Andy Summers (all’anagrafe Andrew James Somers) ha all'attivo esperienze in gruppi come la Zoot Money's Big Roll Band, Eric Burdon & The Animals, i Soft Machine, le band di Kevin Ayers e Kevin Coyne, oltre ad una lunga collaborazione con il musicista tedesco Eberhard Schoerner. I tre, quindi, nonostante la giovane età, sanno quel che fanno. Outlandos d’amour è un album ricco di tensione, velocità e ritmo. Con la tipica struttura a tre, chitarra – basso – batteria, i Police frullano generi diversi, dal pop al reggae, e ottengono un prodotto gradevolmente provocatorio che non rinuncia alla secca immediatezza del punk. Non è che l’inizio di un lungo lavoro di sperimentazione destinato a proseguire anche dopo lo scioglimento della band, soprattutto per opera di Sting, ma questo è sicuramente uno di quei casi in cui… il buongiorno si vede dal mattino.
16 novembre, 2025
16 novembre 1929 – Inizia la leggenda delle rosse
Le rosse. Tutto il mondo ormai le chiama così, anche se non sono più i tempi in cui i colori delle auto in corsa corrispondevano alle nazioni produttrici e il rosso era, appunto, il colore dell’Italia. Oggi che gli sponsor e la commercializzazione degli spazi hanno cancellato questa identificazione tra colore e il paese, la Ferrari resta per tutti la nazionale rossa. Non si può spiegare compiutamente una passione, se no che passione sarebbe? E la storia della Ferrari è interamente scritta con le tinte vivide della passione fin da quando, Enzo Ferrari, un appassionato e competente collaudatore oltre che pilota alla corte dell’Alfa Romeo, inizia a sognare di poter costruire bolidi a quattro ruote interamente suoi. Il primo passo è la costituzione, il 16 novembre 1929, di una scuderia che porta il suo nome e che all’apparenza ha il solo scopo di far correre i soci. La sua sede è in Viale Trento e Trieste a Modena e, di fatto, è una filiale tecnico-agonistica dell’Alfa Romeo. Il tentativo di affrancarsi dall’ingombrante partnership dell’azienda milanese subisce un’accelerazione nel 1938 quando la casa del biscione decide di non affidare più le sue vetture a piloti e scuderie diverse da quella ufficiale. Un po’ per forza e molto per passione la “Scuderia Ferrari” si tramuta così nella Auto Avio Costruzioni Ferrari che oltre a fornire prodotti meccanici alla Compagnia Nazionale Aeronautica di Roma, alla Piaggio e alla RIV, inizia a lavorare alacremente a un progetto di una vettura da competizione. Nasce così la 815, la prima vettura fabbricata da Ferrari, un modello con un motore da otto cilindri in linea da 1,5 litri che ha lo chassis e le sospensioni della Fiat. Ne vengono realizzati due modelli che partecipano alla Mille Miglia del 1940. Una delle due è guidata da un giovane pilota che risponde al nome di Alberto Ascari. Allo scoppio della seconda guerra mondiale la Auto Avio Costruzioni accantona le velleità automobilistiche e produce macchine rettificatrici oleodinamiche per cuscinetti a sfere. Gli stabilimenti, trasferiti a Maranello, vengono semidistrutti dai bombardamenti. Enzo Ferrari non s’arrende. Alla fine del conflitto ricomincia da capo e il suo sogno finisce per diventare emblematico del sentimento del popolo italiano impegnato nella ricostruzione. Nei primi mesi del 1946 è già pronta la 125 Sport, l’auto della rinascita della Ferrari, un bolide rosso che porta il marchio del cavallino rampante nero su un rettangolo giallo. È l’inizio di una leggenda costellata di successi sportivi e di auto da sogno destinate a un pubblico ristretto ma competente, costruite una per una con la stessa cura maniacale che ha caratterizzato il rapporto tra Enzo Ferrari e l’automobile. La morte dell’antico fondatore, avvenuta nel 1988, non fermerà la passione..
15 novembre, 2025
15 novembre 2005 - Il primo vero tour italiano di Scout Nibblet
Con la sua testa bionda, l’aria dissociata da adolescente imprigionata in un corpo adulto, la geniale e scostante presenza scenica e una voce capace di arrampicarsi in pericolose evoluzioni senza farsi male torna il 15 novembre 2005 torna in Italia Scout Nibblet. La cantante, batterista e chitarrista britannica con la sua disarmante follia e i suoi brani dalle atmosfere scarne e aggressive ha conquistato anche un personaggio difficile come lo scontroso Steve Albini, uno dei guru del rock indipendente statunitense. Proprio lui, già produttore di gruppi come i Pixies o i Nirvana, ha prodotto il suo terzo album Kidnapped by Neptune arrivato nei negozi nei primi mesi del 2005, due anni dopo il buon successo di I Am. L’irrequieta artista è attesa da un tour italiano che inizia il 15 novembre a Bologna e prosegue il 16 a Roma, il 17 a Napoli, il 19 a Cavriago e il 20 a Milano. Non è la prima volta che la ragazza arriva dalle nostre parti, visto che pochi mesi prima fa ha aperto le date del tour dei Kills ma quello era solo un assaggio, una specie di anteprima, una scusa per mettere in mostra la merce senza concedere troppo ai potenziali acquirenti. Questa volta arriva in proprio con una spalla d’eccezione come Todd Trainer, il batterista degli Shellac. Ogni concerto fa storia a sé, come un’opera unica, perché da sempre Scout Nibblet è abituata a seguire l’ispirazione del momento senza ripetersi mai. È il suo stile, una linea da cui non ha derogato mai, neppure nella produzione discografica dove dopo il successo di I Am invece di ripetersi ha preferito spostare più in là la sua ricerca camminando su nuove strade ricche di sensualità e di allusioni sonore attraversando territori inesplorati dove il lirismo del rock fa l’amore con la poesia. Come talvolta succede di fronte alla genialità la critica si è divisa di fronte a questa «…bambina isterica in un corpo di donna che… guarda fisso nel vuoto e urla, percuotendo un grosso tamburo oppure sussurra con un filo di voce delle minimali e molto poetiche ninne-nanne…» e, alla fine un po’ «…affascina, e un po’ fa paura». Chi guarda al di là delle apparenze scopre che sotto quella parrucca bionda c’è un’artista geniale che si inserisce a pieno titolo allo stesso filone cui appartengono Cat Power o le CocoRosie e non lascia mai indifferenti. Chi non l’ama ne è spaventato. Il suo stile e i suoi brani intimoriscono soltanto chi non sa accettare la follia creativa in un’epoca in cui la musica di plastica sembra obnubilare le coscienze. Chi non si ferma alla superficie si innamora perdutamente di questa giovane autrice dai mille talenti dotata di una voce che rapisce e di grandi performance strumentali. Batteria, pianoforte, chitarra, basso e altre diavolerie sonore non hanno segreti per questa ragazza capace di suonare ogni cosa ritenga indispensabile alla sua espressione artistica. C’è una band al completo nascosta in quella figura piccola, da fatina, che ammicca allusiva nascosta dalla sua inseparabile parrucca bionda. Ogni suo concerto è un’avventura sonora e sensoriale. La forza del suo stile nelle esibizioni dal vivo è in un’apparente semplicità che prima cattura l’attenzione e poi si snoda progressivamente passando dalla più nuda linearità alla distorsione più intricata, accarezzando, mordendo, graffiando l’anima di chi ascolta. Ogni concerto è un camaleontico mosaico di suoni ed emozioni in cui Scout Nibblet si muove come un serpentello nella stagione della muta, cambiando pelle, colore e atteggiamento. È anche un gioco di potere crudele e affascinante al tempo stesso in cui l’artista è la predatrice e lo spettatore la preda. Il viso angelico e la voce magnetica hanno la stessa funzione del canto delle sirene nella mitologia greca. Servono a disarmare l’anima di chi ascolta, sgretolarne le difese, ripulirla dal sedime dell’abitudine per consentire l’ingresso in universo artistico ricco di contraddizioni e distonie che si muove sull’onda di un rock graffiante, irrequieto, incapace di restare tranquillo nella sua definizione. È come specchiarsi in uno stagno apparentemente tranquillo e scoprire che l’immagine rimandata è confusa, alterata, quasi distorta e proprio nella sua diversità dal reale trova una nuova sublimazione. 14 novembre, 2025
14 novembre 1902 - Carlo Buti, l’ispiratore del “canto melodico all’italiana”
Il 14 novembre 1902 nasce a Firenze Carlo Buti, il cantante considerato uno degli artefici di quel genere che verrà più tardi definito come “canto melodico all’italiana”. Il suo stile innova profondamente le tecniche canore del tempo, contaminando l’impostazione lirico-tenorile dei cantanti da romanza con gli abbellimenti vocali e i gorgheggi degli stornellatori. Comincia a cantare fin da ragazzo nei locali della campagna fiorentina e nel 1931 si dedica a tempo pieno alla canzone napoletana cogliendo l’occasione offertagli dall’editore Francesco Feola, l’artefice delle edizioni “La canzonetta”, che lo presenta alla Piedigrotta di quell’anno. L’incontro con la melodia napoletana determina una svolta nella sua carriera: pubblica vari dischi di canzoni napoletane e comincia a farsi conoscere da un pubblico più vasto. Sul finire degli anni Trenta è protagonista del primo boom discografico della storia italiana con canzoni come Portami tante rose e Violino tzigano, grazie anche alla grande popolarità che gli deriva dal fatto di essere il primo cantante lanciato dalla radio. La sua voce diventa popolarissima e il suo successo attraversa anche i confini d’Italia. I suoi dischi ottengono, infatti, qualche anno dopo, un buon successo di vendite anche negli Stati Uniti. Eclettico e dinamico personaggio di spettacolo, interpreta anche film musicali di successo, come “Per uomini soli” del 1939 diretto da Guido Brignone. Tra i suoi successi, oltre alle già citate Portami tante rose e Violino tzigano, sono da ricordare Bombolo, Firenze, Stornelli toscani, Quel motivetto che mi piace tanto, Parlami d’amore Mariù, Reginella campagnola, Firenze sogna, Chitarra romana e Signorinella. Muore a Montelupo Fiorentino il 16 novembre 1963.
13 novembre, 2025
13 novembre 1921 – Eddie Calhoun, l'autodidatta
Il 13 novembre 1921 nasce a Clarksdale, in Mississippi, il contrabbassista
Eddie Calhoun. Completamente autodidatta, dice di aver imparato la musica nelle strade di Chicago. Fa le sue prime esperienze professionali con Prince Cooper dopo aver prestato servizio militare nell'esercito. Tra il 1947 e il 1954 fa parte dei gruppi di Dick Davis, Ahmad Jamal, Horace Henderson, Johnny Griffin e ha suonato saltuariamente anche con Roy Eldridge, Billie Holiday, Miles Davis. Ma la sua collaborazione più duratura, dal 1955 in avanti, è stata quella con Erroll Garner; con il trio del famoso pianista scomparso ha partecipato a numerosi concerti negli Stati Uniti e In Europa e ha inciso molti dischi tra i quali i 33 giri Concert by the Sea e Campus Concert. Contrabbassista di grande esperienza, ha i suoi punti di riferimento in Red Callender e Wilbur Ware.
Eddie Calhoun. Completamente autodidatta, dice di aver imparato la musica nelle strade di Chicago. Fa le sue prime esperienze professionali con Prince Cooper dopo aver prestato servizio militare nell'esercito. Tra il 1947 e il 1954 fa parte dei gruppi di Dick Davis, Ahmad Jamal, Horace Henderson, Johnny Griffin e ha suonato saltuariamente anche con Roy Eldridge, Billie Holiday, Miles Davis. Ma la sua collaborazione più duratura, dal 1955 in avanti, è stata quella con Erroll Garner; con il trio del famoso pianista scomparso ha partecipato a numerosi concerti negli Stati Uniti e In Europa e ha inciso molti dischi tra i quali i 33 giri Concert by the Sea e Campus Concert. Contrabbassista di grande esperienza, ha i suoi punti di riferimento in Red Callender e Wilbur Ware.
12 novembre, 2025
12 novembre 1970 – Harold Eugene Gifford, in arte Gene Gifford
Il 12 novembre 1970 muore a Memphis, nel Tennessee il chitarrista Harold Eugene Gifford, conosciuto dagli appassionati di jazz come Gene Gifford. Nato ad Americus, in Georgia, il 31 maggio 1908 cresce musicalmente a Memphis, nel Tennessee. Dopo aver fatto le prime esperienze in complessi studenteschi, per qualche tempo suona come banjoista con l'orchestra di Bob Foster a El Dorado e successivamente con la formazione di Lloyd Williams e con i Watson's Bell Hops. Nel 1927 dà vita a un suo gruppo con cui si esibisce in vari locali e teatri del Texas. L’anno dopo è con Blue Steele e in questo periodo passa dal banjo alla chitarra. All’inizio degli anni Trenta è a Detroit dove il noto impresario Jean Goldkette lo scrittura come chitarrista nella Orange Blossom Band, primo nucleo della famosa Casaloma. È l'arrangiatore principale di quell’orchestra di cui determina lo stile e le caratteristiche. Alla fine degli anni Trenta se ne va per dedicarsi all’attività di orchestratore prima di diventare, nel 1943, il chitarrista-arrangiatore della formazione di Bob Strong. Nel 1948 torna per un paio d’anni con Glen Gray in una nuova formazione della celebre Casaloma. Negli anni Cinquanta lascia l’attività di strumnentista per lavorare come fonico e arrangiatore. Alla fine degli anni Sessanta si stabilisce a Memphis dove insegna musica. Brillante arrangiatore di orientamento jazzistico deve la sua fama a brani come Casaloma Stomp, White Jazz o Stompin' Around, considerati anticipatori dello swing.
11 novembre, 2025
11 novembre 1932 - We Are The Levitts
L’11 novembre 1932 nasce a New York il batterista Alan Levitt. Allievo di Irv Kluger ottiene il suo primo ingaggio da professionista nel 1951 quando suona nelle formazioni di Chuck Wayne e di Barbara Carroll. L’anno dopo è con Stan Getz che lo utilizza con Bob Brookmeyer, Tony Fruscella e John Williams non solo per un giro di concerti, ma anche per la registrazione dell’album The Steamer. Il suo apporto al disco non sfugge alla critica che parla esplicitamente di “avvento di un nuovo batterista moderno di gran talento”. Le qualità di Levitt non sfuggono nemmeno a Lennie Tristano, Lee Konitz e Teddy Charles che, in periodi diversi, si accaparrano le sue prestazioni. Nel 1954 Levitt suona con Paul Bley e più tardi decide di trasferirsi in Europa. Nel 1956 è in Olanda con Pia Beck e qualche tempo dopo sbarca a Parigi dove lavora e incide dischi con Sidney Bechet, Martial Solal, Rene Urtreger e moltissimi altri. Nel 1958 torna negli Stati Uniti dove suona con Akiyoshi Toshiko e con Jackie McLean prima di entrare nei gruppi dei cantanti Chris Connor e Dick Haymes. Nel 1966 Levitt suona nella grande orchestra di Lionel Hampton e l’anno dopo è a Los Angeles con George Auld, Joe Albany e Teddy Edwards. Nel 1968 dopo la pubblicazione del singolare brano We Are The Levitts inciso con la moglie, un figlio e altri parenti preferisce accompagnare vari cantanti di successo. Solo nel 1971 ricomincia a suonare con strumentisti famosi come Lee Konitz e Zoot Sims e l'anno seguente un tour con Charlie Mingus segna il suo ritorno a tempo pieno sulla scena del jazz internazionale. Muore il 28 novembre 1994.10 novembre, 2025
10 novembre 1964 - Siamo i Beefeaters! Ci manda Miles Davis
Il 10 novembre 1964 la Columbia scrittura i Beefeaters, un gruppo formato da tre cantanti e chitarristi: David Crosby, un tipo con alle spalle cinque anni di lavoro nei locali folk, Gene Clark già componente dei New Christy Minstrels e Jim McGuinn, la cui fila di collaborazioni è lunghissima e comprende i Limeliters e il Chad Mitchell Trio, oltre alle band di Bobby Darin e Judy Collins. I tre si sono incontrati nei primi mesi dell'anno al Trobadour di Los Angeles e proprio in quel locale, uno dei più frequentati templi del folk di quel periodo nasce l'idea di mettersi insieme. Il primo nome scelto per il gruppo è quello di Jet Set, poi cambiato in Beefeaters. Sono, dunque, insieme da poco più di sei mesi e tuttavia la Columbia accetta di metterli sotto contratto. Per quale ragione? In realtà i ragazzi hanno un santo in paradiso e non lo sanno. Si chiama Miles Davis. Il trombettista li ha ascoltati per caso ed è rimasto favorevolmente impressionato. Ha intuito che, dietro l'acustica un po' monotona dei loro brani forse troppo uguali c'è stoffa. Per questo li ha "raccomandati" alla Columbia che si è fidata e li ha scritturati. Qui incontreranno Jim Dickson, un discografico convinto che dall'incontro tra i nuovi suoni del beat britannico e le vecchie melodie del folk statunitense possa nascere qualcosa di nuovo. I tre ragazzi gli daranno ragione. Poco tempo dopo, con l'aggiunta di Chris Hillman e Michael Clarke, cambieranno nome e diventeranno i Byrds. Non sarà l'unico cambiamento di nome. Qualche tempo dopo Jim McGuinn si convertirà all'induismo cambiando nome in Roger.
09 novembre, 2025
9 novembre 1963 – La prima volta di Joan Baez
Il 9 novembre 1963 Joan Baez entra per la prima volta nella classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti. È soltanto al novantesimo posto, ma la presenza assume una valenza simbolica, perché ottenuta con un singolo che ha sulla facciata principale una versione di We shall overcome registrata dal vivo durante una manifestazione antirazzista svoltasi al Miles College di Birmingham, in Alabama. A questo va aggiunto che il brano è stato eseguito dalla stessa folk singer a Washington qualche mese prima, il 28 agosto, durante la grande marcia per i diritti civili che ha bloccato il centro della capitale degli Stati Uniti. La sua presenza in classifica, al di là del significato commerciale, diventa un modo per verificare i passi avanti compiuti dalla battaglia per la propagazione di nuove idee di libertà, pace e fratellanza all’interno della società statunitense, soprattutto tra le generazioni più giovani. È un inno, una colonna sonora che accompagna la lunga marcia di chi insegue il sogno di un’America diversa. Non a caso tre anni prima, in una chiesa assediata dai razzisti, la voce di Martin Luther King aveva intonato proprio We shall overcome e le sue note, a partire dal 4 maggio 1961, sono state diffuse in tutte le strade degli stati del sud dai colorati autobus dei predicatori erranti di libertà, ribattezzati Freedom Riders dalla nazione nera. L’ingresso nella classifica dei dischi più venduti di Joan Baez, una bianca dal cuore d’ogni colore, funziona da cassa di risonanza e dà forza al movimento per i diritti civili. Il messaggio politico viaggia sulle ali della musica ed entra nelle case di tutti. Anni dopo la stessa Baez così ricorderà quell’evento: «Fu allora che cominciai a vedere nella canzone folk un vero strumento di cultura alternativa e a capire che la coscienza politica poteva essere mescolata alla musica e diventare un messaggio forte. Fu Pete Seeger, furono i vecchi folksinger a farmelo capire. Prima non lo accettavo. Ero una purista, musicalmente parlando, e non potevo sopportare la commistione tra musica e politica, non sopportavo nulla che non fosse il folk tradizionale, asettico e lontano nel tempo. Poi ho aperto gli occhi…».
08 novembre, 2025
8 novembre 1927 - Patti Page, diva del pop
L'8 novembre 1927 nasce in Oklahoma Clara Ann Fowler destinata a diventare con il nome di Patti Page, una delle cantanti pop statunitensi di maggior successo dell'epoca immediatamente precedente all'esplosione del rock and roll. Al contrario di altre stelle di quel periodo, però, non verrà travolta dalle nuove mode. Dotata di una voce calda e molto duttile si adatterà all'idea di non essere più un personaggio di copertina, continuerà a cantare mantenendo una buona popolarità fino alla fine degli anni Sessanta. Nata in una famiglia numerosa composta da undici tra fratelli e sorelle, passa i primi anni della sua vita a Tulsa prendendo lezioni di canto come si conviene in quegli anni alle signorine di buona famiglia. Pian piano il canto da obbligo diventa hobby e poi professione. La sua voce viene notata da un talent scout che le procura un contratto "di soccorso": deve sostituire per breve tempo la cantante che interpreta il ruolo di una ragazza che si chiama Patti Page nel Page Milk Company Show, un programma della stazione radio KTUL. La sostituzione momentanea diventa definitiva e il nome del personaggio anche. Da quel momento, siamo nel 1947, diventa per tutti Patti Page. Fino alla metà degli anni Cinquanta la sua voce imperversa in quasi tutti gli show radiofonici degli Stati Uniti. Nel 1955 anche la televisione le affida la conduzione triennale di un suo spettacolo mentre il cinema cerca di sfruttarne la popolarità con una partecipazione al film "Il figlio di Giuda". I tempi stanno, però, cambiando. Il rock irrompe sulla scena. Lei capisce che il suo momento migliore è ormai alle spalle e si adatta.07 novembre, 2025
7 novembre 1926 - Gino Latilla, un geniale figlio d’arte
Il 7 novembre 1926 nasce a Bari Gino Latilla. Suo padre è Mario Latilla, uno dei cantanti più popolari degli anni Trenta e il piccolo fin da bambino si ritaglia piccole esibizioni di contorno negli gli spettacoli di varietà l’illustre genitore. Va a scuola con profitto e non abbandona gli studi prima d’aver terminato il Liceo ma la sua passione resta la musica. Nel 1948 debutta come cantante al Teatro Manzoni di Bologna. Partecipa anche un provino alla RAI di Torino dove viene bocciato dal maestro Cinico Angelini. La delusione per il risultato negativo non lo scoraggia. Ottiene altre scritture alcune delle quali lo portano a cantare all’estero, in particolare in Germania e negli Stati Uniti. Nel 1952 il maestro Angelini torna sulla sua decisione e gli apre le porte delle sua orchestra dove si esibisce anche in duetto con Carla Boni, destinata a diventare la sua compagna anche nella vita. Con gli altri cantanti della scuderia Angelini è tra i protagonisti delle prime edizioni del Festival di Sanremo, manifestazione che vince nel 1954 con Tutte le mamme in coppia con Giorgio Consolini. La sua presenza alla rassegna sanremese continua anche quando la manifestazione cessa di essere appannaggio esclusivo del maestro Angelini. Partecipa sempre da protagonista alle edizioni del la gara nel 1957, 1958, 1959, 1960 e 1961. All'inizio degli anni Sessanta, quando sulla scena musicale italiana irrompono nuovi protagonisti e nuove mode sceglie di mettere a frutto i suoi studi extramusicali e lascia il mondo dello spettacolo per diventare dirigente RAI. Dopo mille rifiuti e altrettante smentite su un ritorno alla canzone negli anni Ottanta cede alle pressioni di chi lo invita a tornare sui suoi passi e, dopo aver fatto parte del gruppo Quelli di Sanremo, con Nilla Pizzi, Giorgio Consolini e Carla Boni, continua a esibirsi saltuariamente in spettacoli improntati alla nostalgia. Con Achille Togliani, Nilla Pizzi, e Carla Boni, è uno dei “quattro moschettieri”, gli interpreti di maggior successo della straordinaria squadra di solisti vocali dell’orchestra di Cinico Angelini, considerata non a torto la più grande “macchina di successi” degli anni Cinquanta. In quel periodo, dopo la contrapposizione aspra dell’immediato dopoguerra, la canzone ritmica derivata dallo swing e quella melodica più tradizionale sembrano trovare una sorta di punto d’incontro in un nuovo genere che i critici ribattezzeranno “melodico moderno” ma che in realtà raggruppa stili e soluzioni ritmiche spesso molto diverse tra loro, dallo slow al fox, dalla rumba al paso doble, alla beguine ecc. L’evoluzione stilistica impone interpreti all’altezza della sfida. Non è più sufficiente possedere una voce bene impostata e saperla modulare correttamente se non si ha nelle proprie corde la duttilità necessaria a cimentarsi con atmosfere, registri e colori musicali spesso molto differenti tra loro. Finisce l’epoca della specializzazione e ne inizia una nuova in cui il cantante non è più soltanto un mero esecutore alla pari tutti gli strumenti che compongono l’orchestra ma assurge al ruolo di interprete principale. Gino Latilla ha le caratteristiche necessarie per affermarsi. Dotato di una voce dall’intonazione naturale con grandi capacità d’estensione nel corso degli anni si è applicato nello studio fino a divenire uno degli interpreti italiani più preparati tecnicamente. Si dice che quando un gruppo o un solista trovatosi occasionalmente ad accompagnarlo gli chiedeva quale tonalità preferisse rispondeva: «Fate voi quella che preferite o che vi viene meglio!». Muore a Firenze l'11 settembre 2011.06 novembre, 2025
6 novembre 1938 – P. J. Proby, il rocker col codino
Il 6 novembre 1938, a Houston, nel Texas nasce James Marcus Smith destinato a diventare un personaggio di spicco della scena musicale con il nome di P. J. Proby. Inizia a esibirsi in pubblico a soli undici anni e a diciassette ottiene, grazie a Jackie De Shannon, il suo primo contratto discografico. Nonostante la sua precocità Proby non riesce a sfondare negli Stati Uniti, ma sotto l'abile guida di Brian Epstein diventa uno dei cantanti più popolari in Inghilterra, debuttando nel 1964 nello show dei Beatles “Around The Beatles”. Famoso anche per il suo codino, inusuale in quel periodo, e per l'abbigliamento in stile “rivoluzione francese”, per un paio d'anni colleziona successi con brani come Hold me, Somewhere I apologize, Let the water run down, That means a lot, Maria, You need love e I can't make it alone. Nel 1968, ormai in declino, torna negli Stati Uniti. Si parla nuovamente di lui nel 1971, quando ritorna a Londra per interpretare Jago nel musical "Catch my soul", versione rock dell'Otello. Nel 1977 è uno dei protagonisti del musical "Elvis" con Shakin' Stevens.
05 novembre, 2025
5 novembre 2002 – Not in my name

Il 5 novembre 2002 a Roma viene presentato ufficialmente Not in my name, un album di canzoni contro la guerra edito dal quotidiano "Liberazione" e realizzato da quattordici gruppi e artisti italiani. Il progetto, curato da Michele Anelli, Gianni Lucini e Paolo Pietrangeli, è nato sottoponendo ai gruppi e agli artisti una lista di canzoni "storiche" del rock, del pop e della tradizione che avessero al centro il tema del rifiuto della guerra e della pace e chiedendo agli stessi di "reinterpretarli" filtrandoli attraverso la loro sensibilità artistica. Il risultato è un disco di notevole interesse e di grande suggestione con brani di una lunga serie di autori che va da Dylan a Fossati, da Country Joe McDonald a De André, da Lennon a Tenco, da Pietrangeli a De Gregori, al "primo" Guccini. Tutti i brani però, appaiono "nuovi" perché ciascuno è "ripensato" e filtrato attraverso la personalità degli interpreti finendo per disegnare una caleidoscopica rassegna dei linguaggi principali della musica di oggi. Accanto a Gang, Paolo Pietrangeli, Ratoblanco, Groovers, Mirafiori Kids e gran parte dei gruppi emergenti della canzone d'impegno la lista degli interpreti vede anche il gradito ritorno in sala di registrazione di Tommaso Leddi e Umberto Fiori, cioè il chitarrista e il cantante dei leggendari Stormy Six, che hanno regalato all'album un brano originale. Molti sono stati gli apporti "illustri" alla realizzazione del progetto, come quella di Jaré, un gruppo dietro al quale si nasconde il nome di Mauro Sabbione, il protagonista della svolta elettropop dei Matia Bazar di Vacanze romane nonché tastiera aggiunta dei "vecchi" Litfiba in El Diablo e dei nuovi in Elettromacumba. Tra le collaborazioni importanti c'è poi da annoverare anche la presenza di Fabrizio Barale degli Yo Yo Mundi nel brano registrato dal Gruppo Spontaneo di Musica Moderna. Il missaggio finale del CD è stato curato da Daniele Denti, l'indimenticato chitarrista dei Settore Out passato poi alla live band di Gianna Nannini. In un periodo in cui da più parti si criticano gli artisti italiani perché, pur prendendo posizione contro la guerra, faticano a elaborare un progetto collettivo, "Liberazione" ha fatto un piccolo miracolo.
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