Il 27 luglio 1979 un attentato distrugge a Scottsdale, in Arizona, un negozio di prodotti d’artigianato dei nativi americani, quelli che nei film western vengono chiamati “indiani”. Le fiamme riducono in cenere l’intero emporio. In assenza di rivendicazioni gli investigatori brancolano nel buio. L’unica certezza è l’origine dolosa dell’incendio, preceduto da un’esplosione assordante. La curiosità dei giornalisti aumenta quando si scopre che il proprietario del negozio è Alice Cooper, una delle rockstar più popolari dei primi anni Settanta, le cui violente e raccapriccianti invenzioni sceniche hanno entusiasmato anche Salvador Dalì. Proprio il celebre pittore lo ha definito “re della confusione totale”. Nel 1972 la sua School’s out era divenuta l’inno di ribellione degli studenti inglesi («Noi non abbiamo classi/e non abbiamo princìpi/e non abbiamo neanche l’innocenza/e non riusciamo a pensare neppure una parola che faccia rima»). Simbolo di un rock decadente ricco d’effetti e affascinato dall’horror, Vincent Damon Furnier, questo è il suo vero nome, ha sempre diviso l’immagine pubblica dalla vita privata. Incendiario e provocatorio sul palcoscenico, quando sveste i panni della rockstar si trasforma in un uomo cortese, intelligente e colto. A partire dalla seconda metà degli anni Settanta riduce l’attività artistica, allargando il campo dei suoi interessi anche a settori diversi dalla musica. Per questa ragione appare improbabile che l’incendio sia opera di qualche ammiratore in cerca di popolarità. Ai giornalisti confessa che nell’attentato sono andati distrutti tutti i riconoscimenti ottenuti nel corso della sua carriera, compresi i dischi d’oro. «Non so chi volessero colpire con questa azione, se la mia modesta attività commerciale o l’opera di sensibilizzazione sui diritti dei nativi americani, ma chiunque sia stato sappia che non otterrà risultati. Sgomberate le macerie ricominceremo come prima».
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