Dopo una mobilitazione senza precedenti dei più popolari personaggi del beat britannico, il 31 luglio 1967 la Corte d'Appello di Londra libera dal carcere Mick Jagger e Keith Richards dei Rolling Stones. Cosa ci fanno in prigione due protagonisti di primo piano della musica pop di quel periodo? Facciamo un passo indietro fino al 29 giugno, quando il giudice Lesley Block condanna Jagger a tre mesi di reclusione e cinquecento sterline di multa e Richards a un anno di carcere più cento sterline di multa. L’imputazione è di detenzione e uso di marijuana. La sentenza è immediatamente operativa. Mick Jagger viene rinchiuso nel carcere di Brixton e Keith Richards in quello di Warmwood Scrubs. La notizia fa rapidamente il giro di Londra e immediata scatta la solidarietà. Alla faccia delle finte rivalità e nonostante gli inviti alla prudenza dei loro discografici, i primi a prendere pubblicamente posizione sono gli Who, che, convocata in fretta e furia una conferenza stampa, annunciano l’intenzione di pubblicare un disco con due brani degli Stones, Under my thumb e The last time per “mantenere desta l'attenzione del pubblico” sul lavoro del gruppo. Tre giorni dopo la sentenza il prestigioso Times in un editoriale firmato da William Rees-Moog parte dalla carcerazione dei due artisti per attaccare duramente il sistema giudiziario britannico. La mobilitazione raggiunge il culmine quando, cinque giorni prima del processo d’appello, lo stesso Times ospita in un’intera pagina a pagamento un appello per la legalizzazione della marijuana firmato da tutti e quattro i Beatles, dal loro manager Brian Epstein e da altri personaggi della scena musicale britannica. Questo è il clima nel quale il 31 luglio si svolge l’udienza conclusiva dell’appello. Tra il tripudio dei presenti, dopo la lettura della sentenza il giudice, Lord Parker, con motivazioni tecniche diverse, revoca la condanna al carcere e ordina l’immediata liberazione dei due musicisti.
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