23 luglio, 2025

23 luglio 1992 – Arletty la collaborazionista

Il 23 luglio 1992 muore Arletty, una delle protagoniste, nel bene e nel male, dello spettacolo francese del Novecento. La sua vita è stata ricca di contraddizioni e di sbagli. La donna ha sbagliato ma, se paragonata ad altri protagonisti del suo tempo, ha pagato in misura certamente superiore agli sbagli commessi. Arletty l’altera, la bella e la traditrice, dopo essere stata la luminosa stella capace di scaldare il cuore della gente di Francia diventa la reietta e viene rinchiusa in un carcere con l’infamante accusa di aver collaborato con i nazisti. Per sua ammissione la vita non è stata tenera con lei ma nemmeno troppo maligna. Ogni volta che si è ritrovata nella polvere ha avuto la caparbietà ma anche la possibilità di risorgere. Grande attrice, ha saputo trasferire con naturalezza nella canzone quella straordinaria capacità interpretativa che le permetteva di brillare sul palcoscenico dei teatri e sullo schermo cinematografico. Amato o detestato, osannato o disprezzato il suo personaggio non ammette mezze misure e divide i sentimenti dei francesi. Suo malgrado Arletty è diventata un po’ il simbolo vivente delle contraddizioni anche drammatiche della Francia del Novecento. Léonie Bathiat, la futura Arletty, nasce il 15 maggio 1898 a Courbevoie. Suo padre Michel lavora nell’azienda dei tram, mentre la madre, Marie Dautreix, fa la lavandaia. Entrambi sognano un destino tranquillo e una vita serena per la piccola Léonie e con qualche sacrificio riescono a pagarle gli studi presso una scuola di stenografia. La sua vita trascorre apparentemente lineare con le emozioni e i sogni che caratterizzano l’adolescenza di migliaia di ragazze come lei. Le nubi che s’addensano sull’Europa, però, finiranno per cambiare in qualche modo il suo destino. Nel 1914 la guerra, quel massacro che i posteri chiameranno Prima Guerra Mondiale dopo averne messa in cantiere una seconda, le porta via il suo primo amore. La morte di Ciel, Cielo, come lei lo ha soprannominato per il blu intenso dei suoi occhi, la segna per sempre e l’accompagna per tutta la vita. «In quel momento ho deciso: non mi sposerò mai, non avrò alcun bambino perchè non voglio essere nè vedova di guerra ne madre di un soldato». Due anni dopo anche suo padre se ne va. Non se lo porta via la guerra ma un incidente. Travolto da un tram del deposito dove lavora lascia la famiglia nelle mani del destino. A diciott’anni la ragazza cerca allora di darsi da fare. Lavora un po’ come impiegata, ma soprattutto accetta la corte di un suo coetaneo, Jacques Georges Levy, rampollo di una famiglia di banchieri e innamorato perso di lei. È lui a introdurla nei salotti parigini e a farle conoscere il mondo del teatro. Il palcoscenico colpisce la sua immaginazione e la convince che quella deve essere la sua vita. Jacques George Levy diventa rapidamente un ricordo per la giovane Léonie che per sbarcare il lunario lavora come indossatrice a Parigi da Poiret con il nome d’arte di Arlette. Proprio nell’ambiente della moda conosce Paul Guillame, il gallerista che ha saputo intuire e valorizzare prima di tutti la genialità di pittori come Picasso e Modigliani. Tra i due nasce un’amicizia preziosa e la ragazza gli confida il suo sogno di lavorare in teatro. Per un tipo sveglio come Guillame darle una mano non è un problema. Una chiacchierata con il direttore del Théâtre des Capucines è sufficiente a cambiare la sua vita. Sui manifesti il nome d’arte da indossatrice, Arlette, viene modificato nel più esotico ed evocativo Arletty. È l’inizio di una lunga carriera. Per tutti gli anni Venti le sue canzoni e la sua straordinaria capacità interpretativa caratterizzano alcune tra le commedie musicali e le riviste di maggior successo. La popolarità di cui gode alla fine del decennio rende quasi inevitabile l’incontro con il cinema dove debutta nel 1930 interpretando un piccolo ruolo al fianco di Victor Boucher nel film “Douceur de vivre” diretto da René Hervil. La sua interpretazione viene notata da Jean Choux che le affida un ruolo di primo piano accanto al popolare Jean Coquelin nel lungometraggio “Un chien qui rapporte”. Negli stessi anni anche la sua carriera teatrale è costella da successi strepitosi come “Un soir de réveillon” al Bouffes-Parisiens, un’operetta di Sacha Guitry, e soprattutto “Le Bonheur mesdames” con Michel Simon che viene replicato ben cinquecento volte consecutive nonostante le liti tra Arletty e il suo compagno di scena. A completare il periodo magico c’è anche il successo di pubblico del lungometraggio “Pensione Mimosa” del belga Jacques Feyder. Proprio durante la lavorazione di questo film, l'attrice conosce il ventottenne Marcel Carné, all'epoca assistente alla regia di Feyder, che nel 1938 la chiama a interpretare, “Albergo Nord” con Louis Jouvet, e l’anno dopo la vuole in “Alba tragica” al fianco di Jean Gabin. Il successo di critica e pubblico ottenuto da questi film fanno di Arletty una delle attrici più popolari e pagate della Francia di quel periodo. All’inizio degli anni Quaranta proprio con Marcel Carné Arletty gira i due film destinati a regalarle l’immortalità artistica. Il primo è “L'amore e il diavolo”, girato nel 1942 con al suo fianco Alain Cuny e il secondo è “Amanti perduti” con Jean-Louis Barrault girato più o meno nello stesso periodo ma caduto sotto gli strali della censura degli occupanti nazisti e presentato al pubblico soltanto nel 1945 dopo la Liberazione. I due lungometraggi, nati dalla collaborazione di Carné con il poeta Jacques Prévert, sono considerati ancora oggi quanto di meglio abbia prodotto il realismo francese di quegli anni. È all’apice del successo quando si ritrova in una sorta di girone infernale apparentemente senza uscita. Come dicevano gli antichi, l’eccesso di fortuna finisce per suscitare l’invidia degli dei. Nell’estate del 1944, subito dopo la liberazione di Parigi, Arletty viene catturata e rinchiusa nel campo di prigionia di Drancy, a due passi da Parigi. L’accusa che le viene rivolta è la più infamante che in quel periodo si possa immaginare: collaborazionismo con le forze di occupazione naziste della città. In realtà la sua colpa vera è quella di essersi innamorata di un ufficiale tedesco di stanza nella capitale, ma il tribunale è inflessibile. Dopo 120 giorni nel carcere di Fresnes sconta un paio d’anni di libertà vigilata con l’impegno di stare lontana da Parigi. Gli amici però non l’abbandonano, neppure quelli più impegnati politicamente, a partire da Jacques Prévert. Capiscono che la sua colpa è stata soltanto quella d’innamorarsi e l’aspettano. Scontata la sua pena, a partire dal 1947 Arletty torna a lavorare, soprattutto in teatro dove ritrova il suo pubblico e l’antico successo. Più faticoso è il rientro nel cinema. Nel 1948 Marcel Carné la scrittura per il suo “La Fleur de l'âge” un film mai terminato per il fallimento della produzione. Le prime interpretazioni degne di nota sono del 1953 ne “Il grande gioco” di Robert Siodmak che la vede al fianco di una giovanissima Gina Lollobrigida e in “Aria di Parigi” di Marcel Carné con Jean Gabin. Quando nella sua vita tutto sembra tornato a posto, il destino ha in serbo un’altra brutta sorpresa. Arletty viene colpita da una grave forma di cecità progressiva. Lei reagisce con l’energia di chi è abituato a far fronte alle avversità, ma pian piano finisce per arrendersi all’ineluttabile. Nel 1962 chiude con il cinema interpretando “Viaggio a Biarritz” diretto da Gilles Grangier. Nonostante la perdita della vista lavora ancora in teatro per qualche anno prima di lasciare definitivamente le scene. Il suo ritiro non assume mai le caratteristiche dell’abbandono. Negli anni seguenti resta in contatto con il pubblico rilasciando interviste, raccontando la sua vita e commemorando gli amici scomparsi. Nel 1971 pubblica “La défense”, un’autobiografia ricca di aneddoti sconosciuti e considerazioni sulla vita. L’unica regola che si dà è quella di comparire il meno possibile in video, anche per lasciare ai suoi ammiratori l’immagine splendida degli anni migliori. Il canale di comunicazione con il pubblico resta affidato principalmente alla sua voce. Muore a Parigi il 23 Luglio del 1992 all'età di novantaquattro anni.

22 luglio, 2025

22 luglio 1954 – Al Di Meola, batterista mancato

Il 22 luglio 1954 nasce a Bergenfield, nel New Jersey, il chitarrista Al DiMeola. A cinque anni comincia a picchiare sui tamburi di una batteria tra la disperazione dei famigliari e dei vicini di casa. Le proteste e la crescente insofferenza del quartiere fanno sì che, dopo qualche anno, le lezioni di batteria lascino il posto allo studio di un nuovo e meno problematico strumento: la chitarra. Proprio con le corde e la cassa armonica ha modo si svilupparsi lo straordinario e precoce talento musicale del piccolo Al. Ha soltanto undici anni, anche se ne dimostra qualcuno di più, quando forma la sua prima rockband. Inizialmente non proprio disposti ad assecondare quello che considerano un hobby, i suoi famigliari cedono alle insistenze del ragazzo e gli passano il sostegno economico necessario a frequentare il prestigioso Berklee College of Music di Boston. Qui Al DiMeola si trova a suo agio. Alterna gli studi alle esibizioni e ben presto riesce a conquistarsi un posticino nella band di Barry Miles. L'avventura dura soltanto qualche mese ma si rivela un passaggio decisivo per la sua carriera. Grazie ai buoni uffici del suo amico ed estimatore Larry Coryell a soli diciannove anni entra a far parte dei Return To Forever di Chick Corea. I suoi virtuosismi e la magica purezza del suo tocco vengono esaltati dall'esplosione del jazz rock. La critica è unanime nel considerarlo uno chitarristi più importanti del genere. La conclusione dell'esperienza dei Return To Forever non cambia la sua vita. Nel 1976 debutta come solista con l'album Land of the midnight sun. L'anno dopo per la realizzazione del suo secondo album Elegant gypsy può contare sulla collaborazione attiva e sulla partecipazione di grandi musicisti come Jan Hammer, Lenny White, Steve Gadd, Mingo Lewis e il chitarrista classico spagnolo Paco de Lucia. Superata indenne anche la fine del periodo d'oro del jazz rock, si presenta all'appuntamento degli anni Ottanta pubblicando il doppio album Splendido Hotel con la collaborazione, tra gli altri, di Chick Corea. In quel periodo oltre al lavoro in solitario realizza un'interessante collaborazione con i chitarristi John McLaughlin e Paco de Lucia che sfocia in una lunga serie di concerti dal vivo. Appassionato ricercatore, Al DiMeola svilupperà negli anni successivi innovative esperienze con moltissimi musicisti, compreso il geniale giapponese Stomu Yamashta.


21 luglio, 2025

21 luglio 1920 - Constance Dowling, verrà la morte e avrà i tuoi occhi

Il 21 luglio 1920 (secondo alcune fonti il 24 luglio) nasce a New York Constance Dowling, la donna che, secondo alcuni cronisti dell’epoca, è stata la causa scatenante della tempesta interiore che ha portato Cesare Pavese alla morte. Comincia a muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo come prima modella e poi come cantante e ballerina e nel 1943 viene scritturata dalla Metro Goldwin Mayer. Se ne va quindi a Hollywood e l’anno dopo fa il suo debutto su grande schermo nel film “Così vinsi la guerra” al fianco di Danny Kaye. Nei primi anni del dopoguerra come molti protagonisti dello star system statunitense si trasferisce a Roma dove gira una serie di lungometraggi di buon successo. Ci resta fino all’inizio del 1950 quando torna a Hollywood per girare un film di fantascienza. È una donna decisamente bella, anche se di una bellezza particolare, con il viso cosparso da efelidi rosse e uno sguardo profondo che, nelle foto, appare più da ragazza timida e un po’ sfuggente che da sensuale seduttrice. Cesare Pavese si innamora perdutamente di lei e ne viene ricambiato anche se, forse, non con la stessa intensità. Prima di suicidarsi le dedica dieci poesie, otto in italiano e due in inglese, che verranno trovate dopo la morte dello scrittore chiuse nel cassetto della sua scrivania negli uffici della casa editrice Einaudi. Sono dattiloscritte, ma la data e il titolo di ciascuna sono stati annotati a mano da Pavese che ha anche scritto sul frontespizio “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi/11 marzo – 11 aprile 1950”. Il destino non sarà poi così generoso neppure con lei. Constance Dowling infatti dopo aver lasciato le scene per sposare il produttore Ivan Tors morirà a Los Angeles il 28 ottobre 1969 a soli quarantanove anni.




20 luglio, 2025

20 luglio 1963 – Con "Maria Elena" l'Italia scopre Los Indios Tabajaras

Il 20 luglio 1963 arriva al vertice della classifica dei dischi più venduti in Italia la canzone Maria Elena. Ci resterà per sei settimane diventando uno dei primi fenomeni del mercato discografico del nostro paese. Il duo che l'interpreta è indicato sulla copertina del disco con il nome di Los Indios Tabajaras. Più che un marchio di fabbrica la definizione è la pura e semplice verità. Nonostante nelle biografie addomesticate abbiano i nomi molto cristiani e civilizzati di Natalicio e Antenor i componenti del duo si chiamano Musaperi ed Herundy e sono davvero due indios della tribù Tabajaras, stanziata nel nord-est del Brasile. La loro storia inizia alla fine degli anni Cinquanta quando, chitarristi autodidatti e appassionati dei suoni caraibici, lasciano il loro villaggio per cercar fortuna nel mondo dello spettacolo. In quel periodo incidono alcuni classici della tradizione cubana e centro- americana compresa Maria Elena, una canzone degli anni Quaranta scritta da Barcelata. I sogni di gloria non si concretizzano e i dischi finiscono direttamente sulle bancarelle dei venditori ambulanti. Molto tempo dopo, nel 1963, per uno scherzo del destino il disk jockey di una radio newyorkese si ritrova Maria Elena tra le mani e decide di trasmetterla. Il risultato è inaspettato. La canzone piace al pubblico per cui la RCA decide di farla propria e distribuirla. In breve tempo Maria Elena ottiene un successo strepitoso, ma dei musicisti che l'hanno incisa si sono perse le tracce. Vengono rintracciati qualche tempo dopo in uno dei villaggi della loro tribù e convinti a tornare sulle scene. Questa volta sarà per sempre. Nel 1965 ottengono un nuovo successo mondiale con Siempre en mi corazon, un classico di Ernesto Lecuona, uno dei tanti della loro lunghissima carriera scandita dalla rielaborazioni di classici della canzone latina e nordamericana. Negli anni Settanta, sull'onda dell'interesse per il folk, si fanno trascinare in un'operazione commerciale di dubbio gusto che li porta a eseguire il consueto repertorio indossando però i costumi tipici della loro tribù con tanto di piume in testa. Recuperata una dimensione più dignitosa al loro lavoro riusciranno a sopravvivere ai margini del music business grazie al circuito del revival e dei grandi alberghi statunitensi. Negli anni Ottanta pubblicheranno, con risultati lusinghieri, una loro versione di Annie's Song di John Denver e di Woman in love dei Bee Gees.



19 luglio, 2025

19 luglio 2002 – L’ordinanza contro Franco Trincale

È il 19 luglio 2002. Provate a immaginare tra i mille problemi della città di Milano qual è quello che tormenta di più i sogni del Sindaco Gabriele Albertini? La disoccupazione, il traffico, le nuove povertà, l'ambiente… Macché il problema principale si chiama Franco Trincale, di professione cantastorie, "reo" di disturbare con le sue canzoni la gente per bene che vota a destra e deplora ogni "disordine". L'attivo Sindaco di Milano, infatti, il 19 luglio prende carta e penna (si fa per dire) e scrive, anzi scolpisce, un’ordinanza con cui si stabilisce di vietare l'uso di «impianti di amplificazione per l'esercizio di attività musicali disciplinate dal vigente Regolamento comunale degli artisti di strada nelle aree pedonali di Piazza Duomo, C.so Vittorio Emanuele e Via Dante». Indovinate chi si esibisce in quelle aree pedonali? Franco Trincale. La cosa, se non fosse una vera e propria persecuzione contro un artista che ha il torto di aver mai piegato la testa di fronte a nessuno, sarebbe ridicola. Non è così. In realtà è un attacco contro la libertà di espressione artistica e un atto di insofferenza contro i "fastidiosi" cantastorie che "osano" prendere in giro il potere. Mentre crescono gli attestati di solidarietà nei confronti di Franco Trincale, la questione arriva in Parlamento grazie a un'interrogazione presentata dai senatori, Pizzinato, Togni, Pagliarulo, Donati, Dalla Chiesa e Piloni ai Ministri della Cultura e dell'Interno. Alla fine vince Trincale, ma il braccio di ferro sarà lungo e ricco di nuovi tentativi di limitarne la libertà.

18 luglio, 2025

18 luglio 1975 – Nasce il mito di Marley

Il 18 luglio 1975 una folla impressionante si accalca davanti al Lyceum di Londra dove è in programma un concerto di Bob Marley & The Wailers. Il servizio d'ordine, sorpreso e impreparato a reggere un afflusso di queste proporzioni, fatica a contenere l'urto dei corpi che si spingono per entrare. Interviene anche la polizia che, faticosamente, forma un cordone protettivo. Sono migliaia le persone senza biglietto costrette a restare fuori. La confusione è tale che anche Tyrone Downie, il tastierista degli Wailers, rischia di non poter suonare perché imbottigliato nella ressa. Alla fine Bob Marley può iniziare. L’intero concerto viene registrato e fornirà il materiale per l’album Live, destinato a portare nelle classifiche di vendita la magia che Bob e la sua band sanno creare dal vivo. Il concerto del 18 luglio resta nella storia della musica del Novecento soprattutto per la versione, strepitosa, di No woman, no cry registrata in quell’occasione e pubblicata in singolo. Sarà proprio questo disco a segnare la definitiva conquista da parte di Marley del difficile mercato inglese. Quel 18 luglio nasce un mito destinato a durare oltre la morte del musicista. In breve tempo il Rasta Marley diventerà una sorta di portavoce ufficiale della vasta comunità giamaicana in Gran Bretagna e dalle rive del Tamigi la sua popolarità inizierà a estendersi anche nell’Europa continentale. In quella trionfale sera di luglio la rockstar immaginata da Blackwell, il discografico giamaicano bianco che per primo ha creduto nelle sue possibilità, si separa dalle mani del suo creatore. Il suo destino sarà diverso da quello dei dominatori delle classifiche. Non sarà prigioniero della ricerca spasmodica del risultato commerciale. A Bob il successo discografico interesserà sempre poco, perché, come avrà modo di dichiarare più volte, lui si sente investito da una missione più grande: testimoniare la potenza di Jah in tutto il mondo. Lo farà fino alla morte, oltre la morte.



17 luglio, 2025

17 luglio 1942 – Zoot Money, un irrequieto bluesman britannico

Il 17 luglio 1942 nasce a Bournemouth, in Gran Bretagna, Zoot Money, uno dei grandi pionieri del blues britannico. Registrato all’anagrafe con il nome di George Bruno, il giovane Zoot studia pianoforte ma agli autori classici preferisce decisamente i ritmi e le melodie dei discendenti degli schiavi neri d'America. Quando, nel 1961, dà vita alla prima formazione della Big Roll Band ha soltanto diciannove anni. Lo affianca nell'impresa un gruppo di giovani destinati a lasciare un segno importante: il chitarrista Roger Collins, il bassista Johnny King, il batterista Peter Brooks e il sassofonista Kevin Drake. La Big Roll Band diventerà una sorta di contenitore di cui Zoot costituirà l'unico elemento stabile, tanto che non si potrà mai parlare di una "formazione tipo", ma di tante formazioni, ciascuna riferita a un periodo specifico. Una delle più significative è quella del 1963, che schiera, oltre a Zoot, il chitarrista Andy Somers (il futuro Andy Summers dei Police), il sassofonista Nick Newall e il batterista Colin Allen. Tra le numerose testimonianze discografiche di questo periodo, alcune ufficiali, altre meno, la migliore resta l'album live Zoot! del 1966, registrato al Klook's Kleek con la partecipazione del sassofonista Johnny Almond. In quell'anno Zoot abbandona il progetto della Big Roll per formare una nuova band: i Dantallion's Chariot. Non si fermerà lì. Irrequieto e sempre disponibile a nuove avventure alternerà progetti solistici a esperienze con gruppi diversi. Alla fine degli anni Sessanta farà anche parte di una delle ultime formazioni storiche degli Animals, la leggendaria band di Eric Burdon, con i quali registrerà l'album Everyone of us. All'inizio degli anni Settanta darà vita agli Ellis insieme a Steve Ellis, l'ex componente dei Love Affair, ma anche questa non sarà una scelta definitiva. Recuperata, come ogni volta, la sua libertà continuerà a vivere da protagonista le ricche esperienze della scena blues britannica. Muore l'8 settembre 2024.


16 luglio, 2025

16 luglio 2004 - Chi vota per Bush non è punk

«Questa compilation non nasce per fare profitti: nasce per fare la differenza». La scritta in inglese campeggia bene in evidenza nel libretto che accompagna Rock Against Bush – vol. 1 l’album promosso e realizzato dall’eclettico Fat Mike a supporto del sito www.punkvoter.com. per convincere i giovani ad andare a votare contro Bush. La filosofia dell’album, presentato anche in Italia il 16 luglio, e del sito è, grosso modo, riassumibile così: chi vota per Bush non è punk e chi si astiene è un pisciasotto. E se il presidente dell’America imperialista che punta a farsi impero sceglie il mondo intero come scenario per la sua campagna elettorale, i punk decidono di fare lo stesso perché alla minaccia globale si risponde con la mobilitazione globale. L’album viene così distribuito ovunque e anche in un mercato provinciale come quello italiano si può acquistare per 14 Euri. Sono soldini spesi bene sia per la causa che per il contenuto musicale. In allegato c’è un dvd, forse un po’ ostico per chi non frequenta troppo l’inglese, con videoclip (di Bad Religion, Anti-Flag, NOFX e Strike Anywhere), documentari sulla guerra in Iraq, divertenti spot anti-Bush e un monologo del comico David Cross. La scaletta del Cd è ricca. Accanto ai nomi sempre presenti in iniziative di questo genere ci sono anche gruppi inaspettati. Balzano all’occhio Pennywise, Strike Anywhere, Anti-Flag, NOFX, New Found Glory, Sum 41, Less Than Jake, Soviettes, Ataris, Authority Zero, Strong Out e il quasi leggendario Jello Biafra supportato per l’occasione dai D.O.A. Tra i brani spiccano la bella versione elettrica di Sink, Florida, sink degli Against Me!, l'inedito Give it all dei Rise Against e una Baghdad degli Offspring che è in realtà la riscrittura della Tehran del loro primo album. L’elenco comprende altri nomi illustri come Social Distortion, Descendents o Billy Bragg che affianca i Less Than Jake. Gli amanti dei generi più di confine si possono deliziare con il crossover dei Frisk, il metallo industriale dei Ministry, l'indie-rock degli ormai disciolti Denali, la new wave degli Epoxies, lo ska-core degli RX Bandits, il folk-punk di The World/Inferno Friendship Society o l'emo-pop-rock degli Alkaline Trio e dei Get Up Kids. La campagna di Punkvoter.com sarà supportata anche da decine di concerti cui parteciperanno, oltre ai gruppi citati, Bad Religion, Blink, Good Charlotte, Foo Fighters, Green Day e Sonic Youth, destinati a finire nell’annunciata seconda compilation. Di fronte a quest’offensiva mediatica l’establishment non è stato fermo. In pochi giorni è nato un sito “di destra”, ConservativePunk.com, che ha arruolato l'ex cantante dei Misfits Michael Graves, l’ex Black Flag Henry Rollins e il leggendario Johnny Ramone, tutti favorevoli alla rielezione di Bush. Il tentativo, però, come scrive la stampa d’oltreoceano «…finora ha raccolto scarse adesioni e si è tolto poche soddisfazioni…». Sono timidi e un po’ patetici pannicelli messi a fermare l’onda. Nata sull’onda del movimento contro la guerra l’ondata musicale anti-Bush non sembra facilmente arrestabile. Chi vota per Bush non è punk, appunto.



15 luglio, 2025

15 luglio - Il Festival del Meréngue, vida amor y baile

Se è vero che quasi tutta la vita degli abitanti della Repubblica Dominicana si svolge a ritmo del meréngue diffuso dagli immancabili apparecchi radiofonici che si trovano ovunque, è altrettanto vero che questa sorta di fiesta ininterrotta trova il suo culmine il 15 luglio di ogni anno con il classico Festival del Meréngue. In quel giorno tutta la nazione sembra fermarsi e convergere sul lungomare di Santo Domingo, mentre centinaia di gruppi improvvisati riempiono ogni vicolo e ogni spazio della città con le loro note. È una grande manifestazione di “vida, amor y baile” (vita amore e ballo) che si riversa in ogni angolo della nazione: dagli aeroporti agli alberghi, dai mezzi pubblici, ai bar, fino alle case delle periferie. Per i turisti il Carnaval con la sua musica, il rhum e una moltitudine di corpi che ballano in libertà, è una folgorazione, un'esperienza unica nel suo genere.


14 luglio, 2025

14 luglio 1973 – L'ultima volta al vertice per i Camaleonti

Il 14 luglio 1973 i Camaleonti arrivano per la quinta volta nella loro storia al vertice della classifica dei singoli più venduti in Italia con Perché ti amo. Il brano, un'accattivante, ma un po' stucchevole, melodia scritta da Totò Savio consacra definitivamente il paroliere Giancarlo Bigazzi che, per l'occasione non si è troppo spremuto (Perché ti amo/io non lo so/ma stai sicura/che non dormirò). Rappresenta però una sorta di canto del cigno per la band milanese, arrivata al capolinea di un'involuzione stilistica iniziata alcuni anni prima con la separazione dal suo primo cantante e frontman Riki Maiocchi. Nati all'inizio degli anni Sessanta nel Santa Tecla, uno dei locali di culto del rock milanese, con il già citato Maiocchi, il bassista Gerry Manzoli, il chitarrista Livio Macchia, il tastierista Tonino Cripezzi e il batterista Paolo De Ceglie, sono per qualche tempo una delle più genuine espressione del garage beat dell'area alternativa milanese. Nei primi dischi e, soprattutto, nei concerti, i cinque entusiasmano i giovani rocker del capoluogo lombardo con le loro ruvide versioni di brani inglesi e americani. Il primo successo discografico è, nel 1965, Sha-la-la-la la, versione dell'omonimo brano di Paul Clarence. La popolarità finisce per innescare o, forse, accelerare un processo di revisione interna. Persa per strada la roca voce blues di Riki Maiocchi che viene sostituita da quella più melodica e perbene di Tonino Cripezzi, la band cambia rapidamente impostazione e casa discografica. Chiude in un cassetto il garage beat degli inizi e si avvia su una strada decisamente commerciale abbracciando progressivamente un pop melodico di grande successo. All'inizio degli anni Settanta sotto la spinta dei cambiamenti in atto nella canzone italiana la popolarità dei Camaleonti è in declino. Nel 1973 il successo di Perché ti amo sembra inaugurare una nuova stagione per quello che è ormai divenuto uno dei gruppi simbolo del pop melodico italiano, ma non sarà così.



13 luglio, 2025

13 luglio 1920 – Umberto Cesari, il pianista che amava Fats Waller

Il 13 luglio 1920 nasce a Chieti il pianista Umberto Cesari. All’inizio dell’attività, pur essendo in possesso di una formazione classica non disdegna incursioni sempre più frequenti nella musica leggera. La sua carriera sembra ormai incanalata sui binari di una tranquilla routine da strumentista d’accompagnamento quando l’ascolto casuale di un disco che contiene After you’ve gone nella versione di Fats Waller gli fa scoprire il jazz. È quasi un colpo di fulmine. Gli orizzonti del giovanotto chietino cambiano improvvisamente e anche la sua impostazione stilistica per un po’ appare fortemente condizionata da quella di Waller. Negli anni immediatamente successivi alla Liberazione dà vita a ben due formazioni: il Cristall Trio e un sestetto impostato sulla falsariga delle formazioni di Benny Goodman di cui si occupa persino Down Beat, la rivista per le forze armate statunitensi di stanza in Europa. La sua popolarità si allarga e alla fine degli anni Quaranta se ne va a New York per suonare in una grande orchestra radiofonica. Nel marzo del 1950 è, però di nuovo in Italia per registrare negli studi della Parlophon una leggendaria versione di Begin the Beguine con il Trio, un gruppo che oltre a lui comprende Carlo Pes alla chitarra e Carletto Loffredo al basso. In breve tempo diventa uno dei più apprezzati strumentisti jazz di studio. Tra le sue registrazioni più famose ci sono quelle con il quartetto di Aurelio Ciarallo per la Columbia nel 1954, quattro brani con la Roman New Orleans Jazz Band per la RCA nel 1958 e otto nel 1959 con la stessa band che può contare per l’occasione anche sull’apporto del clarinettista Peanuts Hucko e del trombettista Trummy Young. Il 24 ottobre 1960, con Sergio Biseo al basso e Roberto Podio alla batteria, registra negli studi della RCA la famosa Pino solitario. Nella sua carriera ha incontrato quasi tutti i protagonisti del jazz di quel periodo. Suona a lungo con Stéphane Grappelli e, in jam session, incrocia il suo strumento con quelli di personaggi straordinari come Django Reinhardt, Louis Armstrong, Trummy Young, Cozy Cole, Arvell Shaw, Jack Teagarden, Bill Coleman, Barney Bigard, Don Byas, Toots Thielemans, Chet Baker, Max Roach, Zoot Sims, oltre a moltissimi musicisti europei. Da sempre poco incline a mostrarsi in pubblico, negli anni Sessanta rende il suo isolamento quasi inaccessibile rifiutando quasi tutte le proposte di nuove registrazioni. Fanno eccezione un concerto in trio con Giovanni Tommaso al contrabbasso e Daniel Humair alla batteria tenuto il 28 marzo 1968 per Rai Radio e la registrazione nel 1975 dell'album Reminiscenze per la Carosello. Muore nel 1992.


12 luglio, 2025

12 luglio 1963 - Una pallottola nel cuore di Gino Paoli

Il cantautore Gino Paoli viene ricoverato alle 18.30 del 12 luglio 1963 al pronto soccorso dell’ospedale genovese di San Martino con una ferita d’arma da fuoco alla “regione parasternale destra”. La prognosi è riservata e i medici disperano di salvarlo. I giornali sostengono che il cantante, in preda a una forte crisi depressiva, ha deciso di farla finita e si è sparato al cuore. Paoli, invece, sostiene che si tratta di un colpo accidentale partito mentre stava pulendo l’arma. Contrariamente alle previsioni la vicenda ha un felice epilogo. La pallottola si è incastrata in un punto non vitale del cuore, per cui non è neppure necessario procedere alla sua estrazione. Dopo una lunga convalescenza il cantautore riprenderà a lavorare.


11 luglio, 2025

11 luglio 1949 – Danny Polo, il clarinettista che amava l'Europa

L'11 luglio 1949 all'Illinois Masonic Hospital di Chicago muore il clarinettista e sassofonista Danny Polo, uno dei migliori ed eclettici musicisti di sezione, oltre che ottimo solista. Ha quarantotto anni. Il giorno prima è stato colto da un improvviso malore mentre era impegnato con l'orchestra di Claude Thornhill all'Edgewater Hotel di Chicago. Figlio d'arte (suo padre è clarinettista) nasce a Clinton, nell'Indiana, e fin dai primi anni d'età inizia soffiare negli strumenti ad ancia. A otto anni veste la divisa di una banda della sua città. Negli anni successivi forma una coppia inseparabile con un suo amico d'infanzia, il pianista Claude Thornhill, lo stesso che gli sarà accanto anche nel suo ultimo concerto. A Chicago, nel 1923, ottiene i primi ingaggi professionali con l'orchestra di Elmer Schoebel al Midway Gardens cui segue un breve periodo nella band di Merritt Brunies. Tra il 1924 e il 1925 lavora in Florida e a New York con varie orchestre da ballo. Nell'inverno del 1926 sostituisce per tre mesi Don Murray nell'orchestra di Jean Goldkette e nell'estate successiva si lascia tentare dall'idea di andarsene via per un po'. Insieme al batterista Dave Tough, lascia gli Stati Uniti per un lungo soggiorno europeo durante il quale suona con le band del banjoista George Carhart, di Lud Gluskin e con quella di Arthur Briggs, senza rinunciare a una breve esperienza in proprio. All'inizio degli anni Trenta è a Londra con il gruppo di Bert Ambrose. Nel 1935 torna negli Stati Uniti, ma non può resistere alla nostalgia per l'Europa. Nel 1938 torna a Parigi al fianco di Ambrose e poi si aggrega alla band di Ray Ventura. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale lo costringe a rientrare in patria. Lo fa malvolentieri anche se riesce a suonare con alcuni tra i migliori gruppi del periodo, come quelli di Joe Sullivan e di Jack Teagarden. Alla fine della guerra rientra nell'orchestra del suo amico Claude Thornhill con la quale resta fino alla morte.

10 luglio, 2025

10 luglio 1991 – Un fulmine sugli Happy Mondays

Il 10 luglio 1991, quando mancano trenta minuti all’inizio del concerto degli Happy Mondays nella Plaza de Toros di Valencia, un fulmine si abbatte sul palco mettendo fuori uso gran parte degli strumenti della band. Sembra un segno del destino per il gruppo formato a Salford, in Gran Bretagna, undici anni prima dai fratelli Shaun e Paul Ryder, uno cantante e l'altro bassista, dal batterista Gary Whelan e dal chitarrista Mark Day. Dopo l'arrivo del tastierista Paul Davis prendono il nome definitivo di Happy Monday ispirandosi all'omonima canzone dei New Order, la loro band preferita. Qualche disco autoprodotto precede la pubblicazione del singolo Freaky dancin', prodotto proprio da Barney Sumner, uno dei componenti dei New Order Il loro sound, una sapiente fusione tra la dance, l'acid house e le linee morbide del pop, attira l'attenzione di John Cale che, nel 1986 li aiuta nella registrazione dell'album Squirel and G-Man twenty four hour party people plastic face carnt smile (white out). Il successivo Bummed, precede l'inizio di una lunga serie di guai per la band che iniziano nel 1989 con l'arresto di Shaun Ryder e Mark Berry per detenzione di sostanze stupefacenti. Da quel momento la loro storia è un continuo alternarsi di successi discografici e pause sempre più lunghe per problemi di droga. All'inizio degli anni Novanta dopo lo splendido Manchester rave on, il gruppo si ferma perché Shaun Ryder si chiude in clinica per disintossicarsi dall'eroina. Il concerto di Valencia del 10 luglio 1991 è uno di quelli programmati per rilanciare la band, per questo il fulmine appare come un segnale. Qualche mese dopo la tossicodipendenza di Shaun Ryder, ricoverato nuovamente in clinica, bloccherà ancora l'attività del gruppo e segnerà l'inizio della crisi. Nel mese di febbraio del 1993, dopo l'uscita dal gruppo dello stesso Shaun e dopo violente liti e discussioni, la storia degli Happy Mondays si concluderà con una traumatica separazione.



09 luglio, 2025

9 luglio 2003 – Festa Nazionale di Liberazione a Modena Park

«A Modena Park puoi starci anche tutta vita…» Le parole di una delle più suggestive canzoni di Ivan Graziani sono diventate un po’ il simbolo di una Festa di Liberazione nazionale tra le più particolari e ricche. A partire dal 9 luglio 2003 fino a domenica 27 la città emiliana diventa il centro di un crocevia ideale tra cultura, politica, musica e parole in movimento. Parte lì, infatti, la prima di tre feste nazionali di Liberazione, la seconda delle quali è in programma a Venezia alla fine d’agosto e la terza, la più grande, a Roma, nella Capitale. Il programma della Festa dà l’idea di un grande laboratorio aperto a mille contributi. Ricca e articolato è anche il programma degli spettacoli concepito non come una lunga serie di eventi slegati tra loro, ma come una vetrina sulla molteplicità dei generi, delle linee, delle tendenze, con l’unica scelta pregiudiziale di invitare soltanto artisti che non abbiano avuto ambiguità sul tema della guerra globale. Ci sono alcune "chicche" come il californiano Elliott Murphy, che ha anticipato di un giorno l’inizio del suo tour italiano per esserci, il jazzista Gaetano Liguori che rimette in scena la sua Cantata rossa per Tall El Zataar, o Claudio Lolli e Il Parto delle Nuvole Pesanti che rifanno sul palco della Festa Ho visto anche gli zingari felici. Nella programmazione singolare, accanto a personaggi noti e importanti, ci sono immagini e suoni diversi con alcune delle band che hanno partecipato al Cd di Liberazione Not in my name e altre che sono state protagoniste dei concerti del Forum Europeo di Firenze, per finire ai suggestivi suoni zingari di Federico Sirianni e della sua Molotov Orchestra. Due serate hanno un gusto particolare. La prima è “Cattivo come il pane”, una lunga kermesse condotta da David Riondino con la partecipazione di musici, artisti e intellettuali dedicata alla memoria di Valerio Peretti, uno scrittore, vignettista, autore radiofonico e televisivo scomparso pochi mesi prima che aveva regalato spesso la sua genialità a Liberazione e al PRC pur senza averne mai fatto parte. La Tv lo ha ricordato come “uno degli autori di Striscia la notizia”, la Festa lo ricorda come un compagno e un amico impegnato in tanti campi. La seconda serata-omaggio viene dedicata a Franco Trincale, l’espressione migliore di una tradizione, quella dei cantastorie, che rischia quotidianamente di non trovare più spazio in una società sempre più repressiva verso le forme d’arte libere. Per un giorno Trincale non deve esibirsi all’angolo di una strada ma canta le sue canzoni sul grande Palco Centrale con un impianto d’amplificazione “vero”. A ben guardare, gli spettacoli della Festa, pensati e messi in fila uno dopo l’altro, finiscono per rappresentare una sorta di affresco dai mille colori capace di parlare di politica con un linguaggio diverso.


08 luglio, 2025

8 luglio 1914 - Billy Eckstine, Mr. B: voglio un'orchestra leggendaria!

L'8 luglio 1914 nasce a Pittsburgh, in Pennsylvania, il cantante Billy Eckstine, detto Mr. B e registrato all'anagrafe con il nome di  William Clarence Eckstein. Il canto è la sua specialità ma nella sua carriera non mancano esibizioni alla tromba, al trombone a pistoni e alla chitarra. Dopo aver studiato alla Howard University di Washington, ottiene vari ingaggi come cantante e direttore di sala in numerosi locali notturni di Buffalo, Detroit e Chicago. Il suo primo insegnante di musica è Maurice Grupp, un giornalista del “Metronome” che gli dà lezioni di tromba e molti preziosi consigli sulla tecnica di emissione del fiato. La svolta nella sua carriera avviene nel 1938 quando il sassofonista Budd Johnson, dopo averlo ascoltato in un locale, lo presenta a Earl. L'anno dopo Eckstine entra a far parte stabilmente della formazione di Hines ben preso ne diventa l'attrazione per il modo inconsueto di presentarsi sul palcoscenico e per uno stile di canto inusuale basato su una serie di note vibrate che si alternano ai fortissimo degli ottoni. Lo storico del jazz Barry Ulanov, a proposito della sua voce, scrive: «Quando urlava Jelly, Jelly, il titolo del suo più famoso blues, sembrava un grido nel vuoto di una caverna». Lasciato Hines nel 1943 inizia a darsi da fare come solista nei night ma già nella primavera de1 1944, sempre insieme a Budd Johnson, decide di dare vita a un'orchestra innovativa e chiede al suo manager Billy Shaw di reclutare gli orchestrali fra i boppers. Nasce così una formazione straordinaria che schiera personaggi come Dizzie Gillespie, Fats Navarro, Kenny Dorham, Miles Davis alle trombe, Gene Ammons, Dexter Gordon, Wardell Gray, Lucky Thompson al sassofono tenore, Charlie Parker, Sonny Stitt al contralto, Leo Parker al sassofono baritono, John Malachi e Clyde Hart al pianoforte, Tommy Potter al contrabbasso, Art Blakey alla batteria. Gli arrangiamenti vengono di volta in volta curati da Dizzy Gillespie, Tadd Dameron, Budd Johnson e Jerry Valentine. I cantanti sono Sarah Vaughan e lo stesso Eckstine. Il successo dell'orchestra spinge molti strumentisti a cercare fortuna da soli. La crisi delle grandi orchestre fa il resto. Nel 1947 Eckstine scioglie l'orchestra e si dedica esclusivamente all'attività di cantante solista. Dalla fine degli anni Cinquanta in avanti l'attività di Eckstine si è svolge prevalentemente nei Casinò del Nevada o in vari tour all'insegna della nostalgia. Muore a Pittsburgh, il Pennsylvania, l'8 marzo 1993.


07 luglio, 2025

7 luglio 1979 – Tu sei l'unica donna per me

Il 7 luglio 1979 arriva al vertice della classifica italiana dei dischi più venduti il brano Tu sei l'unica donna per me. Lo interpreta Alan Sorrenti, un cantautore considerato fino a un paio d'anni prima uno dei pochi solisti italiani in grado di cimentarsi senza sfigurare sul terreno del rock progressivo. Al suo attivo ci sono lavori sperimentali e un paio d'album di buon livello come Aria e Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto. Da un anno, però, lo sperimentalismo non fa più per lui. Il successo di Tu sei l'unica donna per me ne consolida la svolta commerciale, iniziata nel 1978 prima con la rivisitazione di Dicitencello vuie e poi con un altro campione di vendite come Figli delle stelle. Gran parte della critica, che l'ha seguito con simpatia nella fase più impegnata e sperimentale della sua carriera, snobba la svolta dance di Alan Sorrenti, ironizzando sulla sua nuova immagine e sulla banalità di un'impronta musicale sostenuta da un largo uso di falsetti in stile Bee Gees. «Una gran voce sprecata» scrivono alcuni giornali specializzati. Lo stesso atteggiamento assumono i suoi ammiratori della prima ora che, delusi e traditi, gli voltano le spalle. Il cantautore viene invece scoperto dal grande pubblico, quello che affolla le discoteche ed è affascinato dalla "febbre del sabato sera". È questa sterminata platea che porta il suo brano al vertice delle classifiche di vendita dove resterà per ben tre mesi. Sull'onda del successo Alan Sorrenti e il suo produttore Corrado Bacchelli penseranno di poter conquistare anche il pubblico d'oltreoceano ripetendo, in piccolo, l'operazione riuscita all'australiano Robert Stigwood con i Bee Gees. Tra New York e Los Angeles verrà realizzata All day in love, la versione inglese di Tu sei l'unica donna per me, mentre l'immagine del cantante si americanizzerà al limite del ridicolo. L'operazione finirà per incepparsi tra eccessi di megalomania e qualche ingenuità.






06 luglio, 2025

6 luglio 1957 - John? Piacere, mi chiamo Paul McCartney

Il 6 luglio 1957 i Quarrymen di John Lennon suonano in una festa nel sobborgo di Woolton. Un amico comune presenta a Lennon un ragazzo di nome Paul McCartney, che fa subito un'ottima impressione: sa accordare la chitarra, conosce tutte le parole di canzoni come Be Bop A Lula di Gene Vincent e suona gli accordi di Long tall Sally e di altri brani di Little Richard. Figlio di Jim McCartney un jazzista che negli anni Trenta era stato leader della Jim Mac's jazz band. Paul ha sviluppato una sua personale tecnica da mancino. Dopo quell'incontro a Woolton, Paul entra ufficialmente nei Quarrymen. John e Paul trascorrono interi pomeriggi insieme a esercitarsi, a sperimentare e imparare nuovi accordi, iniziando a stabilire quella stretta collaborazione tra due opposte personalità che sarebbe diventata il cuore delle imprese musicali dei Beatles. Verso la fine del 1957, John Lennon e Paul McCartney sono ormai in grado di comporre canzoni. E la prima canzone di Paul, I lost my little girl, viene presentata da McCartney al gruppo come una sorta di riparazione a una serata disastrosa alla chitarra solista. Il brano è buono ed entra nel repertorio. Inizia qui una storia lunga, lunghissima...



05 luglio, 2025

5 luglio 1946 - La prima volta del bikini

È il 5 luglio 1946 quando alla piscina Molitor di Parigi viene mostrato in pubblico un costume a due pezzi: una mutanda che lascia scoperto l’ombelico e un reggiseno che valorizza in modo prepotente il petto. L’ideatore è un designer svizzero che si chiama Louis Réard e i modelli sono stati realizzati dal couturier Jacques Heim. I due hanno faticato un po’ a trovare le modelle disposte a indossare quel costume nel defilé della “prima”. Nessuna professionista della moda, infatti, se la sente di mostrarsi in pubblico con un costume così succinto. Alla fine gli organizzatori hanno un improvviso colpo di genio reclutando elementi adatti alla parte nel meno altezzoso mondo delle spogliarelliste. Le ragazze sfilano di fronte agli occhi sorpresi di un pubblico scelto per l’occasione ed entrano nella storia. Una in particolare colpisce la fantasia dei presenti e anche degli assenti che l’ammirano in fotografia sui rotocalchi di mezzo mondo. Si chiama Micheline Bernardini, diventa la prima star del costume a due pezzi e nei mesi successivi alla sfilata riceve ben cinquantamila proposte di matrimonio. Al momento della sua nascita ufficiale il costume a due pezzi che i suoi ideatori inizialmente avevano pensato di chiamare Atome viene ribattezzato con il nome di Bikini, preso in prestito dall’omonimo atollo della Micronesia. La scelta nasce dalla suggestione e dalla preoccupazione suscitata nel mondo intero dalla scelta degli Stati Uniti di far esplodere in via sperimentale due bombe all’idrogeno sugli isolotti di quell’atollo. Mai nome è stato più azzeccato. L’effetto che il costume a due pezzi avrà sul costume dell’epoca si rivelerà davvero esplosivo.




04 luglio, 2025

4 luglio 1971 - La leucemia uccide Donald McPherson dei Main Ingredient

Il 4 luglio 1971 muore di leucemia Donald McPherson, il leader del gruppo soul dei Main Ingredient. Cinque giorni dopo avrebbe compiuto trent’anni e da tempo combatteva la battaglia contro la malattia. La sua morte sembra chiudere la storia dei Main Ingredient, il gruppo vocale di cui è stato fondatore alla fine degli anni Cinquanta con i suoi amici Luther Simmons Jr. e Tony Sylvester. Per alcuni anni la loro non è stata una vita facile. Per necessità più che per scelta si adattano ad accompagnare i cantanti della scuderia Red Bird di Leiber & Stoller. Questo è il loro lavoro principale anche se ogni tanto riescono a ritagliarsi, a fatica, un piccolissimo spazio quando ottengono un buon successo con She blew a good thing con il nome di Poets. La loro disponibilità ad accettare un ruolo subalterno e, soprattutto, la loro costante necessità di sopravvivere, li costringe, però, a tornare nell’anonimo ruolo di accompagnatori vocali dei colleghi più fortunati. Solo nel 1966, in parte per il crescente successo ottenuto dal soul sulla scena musicale internazionale e, in parte, perchè i problemi di sopravvivenza sono ormai alle spalle, iniziano a pensare seriamente alla possibilità di proporsi in proprio. In un primo momento sembrano intenzionati a recuperare il vecchio nome di Poets, ma poi prevale la scelta di rompere i ponti con il passato. Nascono così i Main Ingredient. Come spesso accade, le buone intenzioni non bastano da sole a garantire il risultato. Per qualche tempo il gruppo fatica a trovare spazio in una scena, quella del soul, monopolizzata ormai da vecchi e nuovi personaggi che godono di maggiori simpatie presso le case discografiche. Più di una volta, di fronte alle delusioni e alle difficoltà, pensano di abbandonare tutto e tornare al vecchio, sicuro, mestiere degli accompagnatori vocali. Quando stanno per mollare arriva, improvviso, il successo, scandito da una serie di brani che entrano nelle classifiche dei dischi più venduti come I'm so proud, Spinnin' around e Black seeds keep on growing. La morte di McPherson interrompe però quella che sembrava una cavalcata trionfale. Dopo qualche tentennamento i suoi compagni decidono di continuare sostituendolo con Cuba Gooding e per un paio d’anni danno l'impressione di reggere bene alla perdita del loro leader. Nel 1974 l'addio di Sylvester, intenzionato a dedicarsi alla produzione, segna l'inizio del declino.