Il 31 agosto del 2000 alla Mostra del Cinema di Venezia viene proiettato per la prima volta “I cento passi”, il film di Marco Tullio Giordana dedicato alla vita e alla morte per mano della mafia del giovane Peppino Impastato. Quando si riaccendono le luci dalla sala che ospita pubblico e critica arrivano dodici minuti ininterrotti di applausi. È un successo inaspettato che premia la costanza di chi ha creduto in un progetto la cui storia parte da lontano. I primi in ordine di tempo a occuparsi della vicenda di Peppino Impastato sono Michele Mangiafico e Giuseppe Marrazzo che nel 1978 realizzano due servizi televisivi. L’anno dopo il regista Gillo Pontecorvo pensa di realizzare un film sulla vita del ragazzo, ma dopo un sopralluogo a Cinisi, non dà seguito all’intenzione. La vicenda di Peppino Impastato torna d’attualità nel 1993 quando Claudio Fava e il regista Marco Risi realizzano un servizio per la serie “Cinque delitti imperfetti” di Canale 5. Due anni dopo il regista Antonio Garella realizza un video per il programma televisivo “Mixer” mai andato in onda. Nel 1998 il regista Antonio Bellia con un video di una mezz’oretta intitolato Peppino Impastato: storia di un siciliano libero distribuito con il quotidiano “Il Manifesto”. Nello stesso periodo Claudio Fava e Monica Capelli cominciano a lavorare su una sceneggiatura che vince il Premio Solinas ottenendo così una parte dei fondi necessari per finanziare il film. La regia viene affidata a Marco Tullio Giordana, che all’epoca ha all’attivo film d’impegno come "Maledetti vi amerò" del 1980 e "Pasolini, un delitto italiano" del 1995. Trovati i fondi che mancano grazie anche al sostegno del giovane produttore Fabrizio Mosca Giordana riesce a concludere il lavoro in tempo per proiettarlo al Festival di Venezia dove la giuria gli assegna il premio per la miglior sceneggiatura. È il primo di una lunga serie di riconoscimenti tra i quali spiccano i quattro David di Donatello del 2001: a Claudio Fava, Monica Zappelli e Marco Tullio Giordana per la miglior sceneggiatura, a Luigi Lo Cascio per il migliore attore protagonista, a Tony Sperandeo per il miglior attore non protagonista e a Elisabetta Montaldo per i migliori costumi. Nello stesso anno il film vince anche il prestigioso premio David Scuola. Notevoli riscontri ottiene anche la ricca colonna sonora che attinge a generi diversi. Accanto a brani di Giovanni Sòllima, Arvo Pärt, John Williams, Gustav Mahler, si possono infatti ascoltare passaggi jazz del Quintette Hot Club de France, il leggendario gruppo di Django Reinhardt e Stéphane Grappelli, o Volare di Domenico Modugno. L’idea di Marco Tullio Giordana è quella di rendere un clima senza curarsi troppo della perfezione storica per questo si mescolano artisti nati in anni differenti come Sweet, Animals o Leonard Cohen. Emozionanti sono le note strozzate di Summertime nella versione di Janis Joplin nel momento dell’agguato finale e la scelta di far accompagnare i funerali dall’organo hammond dei Procol Harum in A whiter shade of pale.
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