Il 14 novembre 2001 a Genova si conclude una due giorni sospesa tra danza e spiritualità. Nell'ambito degli appuntamenti di Echo Art - Festival Musicale del Mediterraneo, al Teatro della Corte, infatti, si svolge "I suoni dell'estasi", una lunga notte di musica e danza dedicata al sufismo, il movimento mistico-ascetico nato nel VII secolo e accolto dall'ortodossia islamica solo quasi cinquecento anni dopo. Ispiratore di gran parte della letteratura araba e persiana il sufismo prevede il raggiungimento dell'unione mistica con Dio attraverso stadi progressivi da percorrersi sotto la guida di un maestro. In questo cammino spirituale la musica e la danza vengono vissuti come una sorta di liberazione catartica, un abbandono mistico che allontanando dal mondo materiale avvicina alla sfera del divino. Quello che viene proposto a Genova con "I suoni dell'estasi" è un appuntamento ambizioso e decisamente nuovo: un progetto comune di interpretazione e di incontro fra musicisti e danzatori marocchini, italiani e turchi. Il compito di aprire l'incontro viene assegnato alla confraternita Gnawa Sidi Mimoun di Casablanca, rappresentante del sufismo nordafricano, esponente della musica rituale e di trance marocchina. Presenti nelle regioni di Essauira, Fes , Marrakesh, Casablanca, gli Gnawa sono membri della confraternita sufi costituita dagli eredi degli antichi schiavi neri originari del Ghana, Sudan occidentale, Guinea, Mali , Niger , Senegal e portati, come soldati della guardia reale, in Marocco. La principale pratica della loro confraternita è la partecipazione collettiva alla Lila e alla Derdeba, rituali di musica e danza vissuti come liberazione catartica, avvicinamento spirituale e perdita di coscienza. Le roteanti danze estatiche vengono accompagnate dall’incessante poliritmia delle percussioni a membrana T’bel, dalle qaraqeb, le grandi nacchere di ferro, oltre che dall’ipnotica melodia della chitarra tamburo guembri. La seconda parte è dedicata gli ideatori della serata, i gruppi Echo Art e i danzatori della Compagnia Arbalete che propongono un'intersezione tra suono e movimento individuando alcuni scenari possibili tra sacro e profano. Tocca poi alla Sema dei Dervisci Danzanti Mevlevi di Istanbul, diretto dallo Sheik Nail Kesova. Basata principalmente sui versi delle Mescevi, uno dei poemi sacri dell'Islam, la liturgia Mevlevi utilizza musiche, chiamate Vestei-Kadim, composte in oltre cinquecento anni, dal XIV al XIX secolo. Il Sema dei Dervisci Danzanti è una delle forme coreutico-musicali più affascinanti del sufismo. Si apre con l'ingresso nello spazio cerimoniale dei dervisci in preghiera e, dopo la recitazione dei dieci passi più importanti del Corano, un flauto di canna (ney) introduce con una sorta d'improvvisazione (taksim) la parte danzata. I Dervisci, dopo l'approvazione del Maestro, cominciano a ruotare su se stessi in senso antiorario, allargando sempre di più le braccia a formare un ponte simbolico attraverso il cuore, con il palmo della mano destra rivolto al cielo, più in alto della mano sinistra che ha, invece, il palmo rivolto verso terra. È evidente il simbolismo cosmico che tende a rappresentare l'universo, la totalità, l'essenza del divino. La danza è diretta dal semazen che, proprio per mantenere l'unione spirituale, corregge i movimenti in modo impercettibile dall'esterno. L'ultima parte dell'appuntamento genovese è, infine, dedicata a uno straordinario e, per molti versi, unico incontro di musica e danza tra Oriente e Occidente. Per la prima volta una donna occidentale, la cantante Simona Barbera di Echo Art, duetta con lo Sheik Nail Kesova mentre i passi dei danzatori occidentali rammentano ed esaltano la forza evocativa della rotazione dei Dervisci.
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