Il 27 marzo 1896 arriva sul suolo greco Carlo Airoli. Dei duecentottantasei iscritti alla prima Olimpiade moderna, che si svolge ad Atene, ben centonovantasette sono greci. Lui è l'unico italiano. Viene da Origgio, in provincia di Varese e passerà alla storia per essere stata la prima di una serie lunghissima di vittime della norma che vieta le gare olimpiche ai professionisti. Iscritto alla gara della maratona parte a piedi da Milano in febbraio intenzionato ad allenarsi così per la gara. Percorre circa sessanta chilometri al giorno, seguendo i binari della ferrovia e fa fronte alle spese del suo mantenimento con i soldi ricevuto da una casa editrice di giornali, alla quale invia strampalate e colorite corrispondenze. Arrivato sulle coste slave si imbarca ed arriva a Patrasso il 27 marzo. Il 31 marzo è ad Atene, pronto per prendere il via della maratona che si deve svolgere il 26 aprile, ma la giuria decide di escluderlo perchè "professionista": l'anno prima ha ricevuto un piccolo premio in denaro per aver vinto la Torino - Marsiglia - Barcellona, una gara di dodici giorni durante la quale i concorrenti hanno percorso 1020 chilometri. In effetti Airoldi, figlio di contadini, sopravvive nell'Italia povera di quei tempi, fidandosi più dei suoi muscoli che di lavori veri e propri. Non si pone alcun limite, convinto dei suoi mezzi, non trascura alcuna occasione per confrontarsi con gli altri: dalle scommesse a braccio di ferro fino a sfidare a cavallo con successo al Trotter di Milano, nel 1894, il leggendario Buffalo Bill. Dopo un viaggio così lungo e dispendioso, la notizia della squalifica lo ferisce profondamente e gli lascerà il segno per tutta la vita. Offeso per essere stato ingiustamente defraudato di un suo diritto, rifiuta orgogliosamente l'offerta di re Giorgio I di Grecia, che vuole trovare un modo di ricompensarlo per la delusione, dicendo: "Nonostante quello che si pensa da queste parti, maestà, gli atleti italiani non si vendono". Tornato in Italia riparte ben presto per affrontare nuove sfide in Europa e nel Sud America. Tra le sue imprese c'è anche una vittoria a Porto Alegre, in Brasile, in una gara di corsa contro gli scaricatori di porto, portando sulle spalle un sacco da 150 chili. Quando l'età non gli consente di continuare la sua attività sportiva entra nella fabbrica di biciclette Legnano, di cui diventa capofabbrica, passando poi a ricoprire il ruolo di massaggiatore-allenatore della squadra ciclistica della stessa ditta. Muore nel 1929, a sessant'anni, sostenendo fino all'ultimo dei suoi giorni di essere stato vittima di una grande ingiustizia: «Ad Atene mi hanno squalificato perchè doveva vincere un greco».
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