Il 12 settembre 1933 nasce a Parigi la cantante Mathé Altéry, uno dei personaggi femminili più importanti della scena musicale francese. Il suo pregio maggiore è nella grazia con la quale ha saputo riproporre al pubblico le canzoni che hanno fatto la storia della musica popolare francese del Novecento. Nella sua interpretazione brani che la polvere del tempo rischiava di cancellare per sempre risorgono a nuova vita e conquistano nuovi estimatori. Gran parte del merito è da attribuire alla sua voce capace di arrampicarsi in colori antichi senza leziosismi e soprattutto senza mai dare l’impressione di perdersi. C’è chi ha scritto che le sue interpretazioni hanno il valore di un restauro. Il paragone, pur suggestivo, rischia di essere forse un po’ azzardato dal punto di vista delle parole utilizzati, ma appare vero nella sostanza. Grazie alla voce e alla grande capacità interpretativa di Mathé Altéry una lunga serie di canzoni appassite dal fruscìo di registrazioni d’inizio secolo tornano a brillare di nuovo e trovano nuovi interpreti disposti a inserirli nel proprio repertorio. È questo il miracolo più grande di un’artista poliedrica e coraggiosa. Il suo vero nome è Marie-Thérèse Altare. Il cognome denuncia l’origine italiana della sua famiglia che da molte generazioni ha un rapporto d’amicizia stretto con la musica, in particolare con la lirica. Suo padre è il tenore Mario Altéry , una delle stelle del teatro de l’Opéra de Paris e di quello dell’Opéra Comique. Nel 1942, quando la piccola Marie-Thérèse ha nove anni, ottiene il maggior successo della sua carriera partecipando alla sontuosa rappresentazione diretta da François Ruhlmann de “Le roi d’Ys” con un cast imponente che oltre a lui schiera anche Suzanne Juyol, Solange Renaux e José Beckmans. Questo padre, così importante e celebrato, quando torna a casa veste i panni dell’insegnante per accompagnare la piccola Marie-Thérèse nel territorio affascinante e misterioso della musica. La trasmissione dei segreti dell’arte musicale fa parte della tradizione della famiglia. È una sorta di catena virtuosa attraverso la quale passano le conoscenze da una generazione all’altra e di cui la bambina non è che l’ultimo e più recente anello. In quel periodo si instaura tra padre e figlia un rapporto solidissimo d’affetto ma anche di stima professionale che li porterà più volte a collaborare sulla scena e che verrà interrotto solo dalla morte dell’uomo nel 1974. La piccola Marie-Thérèse è sveglia e capisce al volo. Impara le tecniche fondamentali del canto dalla respirazione al controllo delle emissioni, alla modulazione della voce. Ben presto le sue esibizioni estemporanee diventano quasi un appuntamento obbligato nelle festicciole di Cherbourg, la città in cui vive. Si guadagna anche il soprannome di “Rossignol cherbourgeois”, usignolo di Cherbourg, con un richiamo evidente a “l’usignolo di Francia”, l’appellativo della Piaf. Se nei primi anni di vita la musica è stata vissuta da Marie-Thérèse come un gioco o un passatempo infantile, con il passare degli anni diventa un impegno per coltivare un talento naturale. È anche fatica vera soprattutto quando il padre ritiene che le sue lezioni di canto debbano essere affiancate dall’apprendimento di almeno uno strumento. Naturalmente la musica non può andare a discapito della cultura generale per cui la ragazza si trova a dover affiancare i corsi di pianoforte e di solfeggio alla fatica di frequentare la scuola secondaria. Sorretta dalla passione e da un carattere forte Marie-Thérèse riesce a reggere bene agli impegni su entrambi i fronti. Decide anche che la musica sarà per sempre la sua vita. Nel 1950, a diciassette anni, si esibisce come corista al Théâtre du Châtelet di Parigi nell’operetta “Annie du Far-West” messa in scena da Lily Fayol e Marcel Merkès. Se si escludono gli spettacolini e le festicciole dell’infanzia si tratta della sua prima vera esibizione pubblica. In quel periodo decide anche di darsi un nome d’arte. Dalla contrazione di Marie-Thérèse nasce Mathé, il resto va da sé. Nasce così Mathé Altéry. La ragazza non brilla ancora di luce propria e per questo è più che verosimile immaginare l’intervento del padre per darle una mano a trovare le prime scritture. In ogni caso il talento c’è e la buona impressione suscitata dalla sua esibizione sul palcoscenico del Théâtre du Châtelet la aiuta a non perdersi per strada. Poco tempo dopo inizia a cantare in varie trasmissioni per bambini alla radio e alla televisione, compresa la popolarissima “Vive jeudi” che la vede come una sorta di ospite fissa sia nelle edizioni presentate da Maurice Pauliac ed Edith Lanzac che in quella di Jean Nohain. Nel 1953 partecipa a una delle più prestigiose selezioni di nuovi talenti di quel periodo: il Festival-concorso di Deauville. La sua esibizione colpisce tre personaggi importanti, presenti in qualità di “esperti”, come i compositori Raymond Legrand e Georges Van Parys e il regista e produttore René Clair. Grazie al loro interessamento la cantante registra il primo disco della sua carriera. I brani scelti per il debutto sono quelli contenuti nella colonna sonora del film “Le belle di notte” dello stesso René Clair mentre la direzione artistica è affidata a Pierre Hiégel. Il successo del primo disco regala a Mathé Altéry un contratto con la Pathé-Marconi una delle etichette più prestigiose dell’industria discografica francese. La sua voce da soprano leggero conquista ben presto il favore del grande pubblico e nel 1956 la cantante viene inviata a rappresentare la Francia al primo Festival della canzone Europea organizzato dall’Eurovisione, l’ente che raggruppa le emittenti pubbliche dell’Europa Occidentale. La prima edizione di quello che negli anni seguenti verrà ribattezzato con il nome di Eurofestival si svolge a Lugano, in Svizzera. Mathé Altéry non vince (la canzone vincitrice è Refrain, interpretata dalla rappresentante elvetica Lys Assia) ma la sua interpretazione lascia il segno grazie alle riprese televisive che la fanno conoscere anche al di fuori dei confini francesi. Alla fine degli anni Cinquanta lavora su progetti più complessi del semplice disco a 45 giri da tre minuti destinato al pubblico dei juke box. La sua dimensione ottimale diventa quella dei dischi a 33 giri, i cosiddetti long playing che in Italia qualcuno ribattezza anche “padelloni”, nei quali trova uno spazio più adeguato alle sue ambizioni. È proprio in quel periodo che nasce la cosiddetta “serie del 13”, un lungo elenco di incisioni che hanno la comune caratteristica di contenere tredici brani denunciandolo nel titolo: 13 valses, 13 valses viennoises, 13 airs d’opérettes, 13 airs de films, Le 13 plus belles chansons du monde e molte altre raccolte tra cui figura anche 13 mélodies de la Belle Époque, con cui vince il prestigioso Prix de l’Académie Charles-Cros nel 1957. Diventa anche una stella della televisione canadese e si esibisce in tour che attraversano molti paesi europei come l’Austria, la Germania, la Svizzera, la Spagna e la Scandinavia, ma anche lidi più lontani come le Antille, gli Stati Uniti o il Sudafrica. All’inizio degli anni Sessanta l’esplosione del rock and roll non ferma la sua attività. Mathé Altéry non si lascia impressionare dalle mode ma continua imperterrita per la sua strada incidendo le versioni francesi di vari musical cinematografici a partire dal pluripremiato “My fair lady”. La sua attività non conosce soste e sembra non risentire del passare del tempo. Nel 1975 registra un album di duetti in coppia con Lucien Lupi e porta in teatro “A travers chant”, uno spettacolo scritto da Christian Vebel e diretto da Jacques Ardouin. Nel 1988 Francis Lopez, il più grande compositore d’operette francese, la vuole per mettere in scena “Rêve de Vienne” all’Eldorado.
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