29 aprile, 2018

30 aprile 1992 – L’hip hop regala la colonna sonora alla rivolta del quartiere nero di Los Angeles

Il 30 aprile 1992 l’hip hop fornisce la colonna sonora alla rivolta del quartiere nero di Los Angeles. Si tratta di un’evoluzione importante di un genere che da qualche tempo rischiava di essere definitivamente inglobato dalla struttura del music-business. L’evento apre una riflessione profonda sul genere. Che cos’è l’hip hop? Negli anni Ottanta è senza dubbio l’espressione più alta della cultura musicale alternativa nera statunitense. Dice il grande batterista jazz Max Roach: «La cultura musicale nera ha espresso tutti i principali suoni di questo secolo. Da Jelly Roll Morton a Scott Joplin fino ad arrivare all’hip hop c’è un sottile, ma robusto, filo di continuità. Il rap, Louis Armstrong e Charlie Parker sono l’espressione della stessa realtà minima, delle stesse povere zone urbane. Il jazz era la musica di chi non aveva soldi per studiare la musica dei ricchi, il rap è una musica povera che si può fare senza strumenti». Le radici nere dell’hip hop sono evidenti e inconfutabili. Affondano nel dub giamaicano dei Sound System, quegli enormi diffusori musicali, spesso montati sul rimorchio di un camion, costituiti da trenta o quaranta casse collegate tra loro da un groviglio artigianale di cavi. Negli anni Cinquanta i “Sound System Operator” sono personaggi molto popolari in Giamaica, veri e propri profeti musicali, soprattutto nei quartieri neri dove quasi nessuno possiede una radio. Sono disk jockey che cantano e parlano sulla base rubata ai dischi americani dell’epoca. Parlano, lanciano messaggi o costruiscono brevi melodie sui ritmi dei dischi jazz e delle grandi orchestre swing. Si danno nomi di fantasia, come quelli di Tom The Great Sebastian, Prince Buster, Count Smith The Music Blaster, Count Joe o Sir Nick e organizzano grandi feste da ballo nei prati della periferia di Kingston. A loro si rifanno, anche nella fantasiosa ispirazione degli pseudonimi, i rapper statunitensi degli anni Ottanta. C’è però una differenza rispetto al passato: questa volta la ribellione è consapevole e la contrapposizione è voluta, come emerge dalle dure parole di Ice-T: «Non ce la faranno a fregarci, come è successo con lo sforzo creativo nero del rock and roll. Negli anni Cinquanta le canzoni di Little Richard e Chuck Berry venivano definiti “suoni da jungla”, poi l’industria ha capito che poteva essere un affare e ha tirato fuori dal cilindro un caro ragazzo bianco del Sud come Elvis Presley. Non hanno fermato il rock, l’hanno inglobato depotenziando la sua componente nera. Questa volta non sarà così». In realtà non è stato diverso neppure questa volta, se si pensa che nel 1987 il primo album hip hop al vertice della classifica dei dischi più venduti degli Stati Uniti ha sulla copertina le facce bianche dei Beastie Boys, un gruppo la cui trasgressione in quel momento si limita alle parolacce. Il tentativo del music businnes di inglobare questo genere musicale e metabolizzarlo riesce, però, solo a metà. Crea un hip hop parallelo, di plastica e gradevole, ma non spegne la forza di quello alternativo che diventa ancor più violento, tanto da fornire, il 30 aprile 1992, la colonna sonora alla rivolta del quartiere nero di Los Angeles dopo il verdetto che manda assolti i poliziotti artefici di un pestaggio ai danni di un giovane di colore. La cultura hip hop, quella vera e quella addomesticata, si porta dietro però anche pericolose confusioni su argomenti delicati come la violenza e il razzismo. Nel 1989, i Public Enemy si dissociano pubblicamente da un loro componente, Professor Griff, che ha attaccato pesantemente la comunità ebraica, lo cacciano e lo sostituiscono con James Norman, salvo poi scoprire che l’antisemitismo rende e farne una bandiera nelle loro canzoni. Le accuse di razzismo e di incitamento alla violenza sono state pane quotidiano anche per Ice Cube, che se la prende con gli ebrei in “No vaseline” e con i coreani in “Black Korea”. Quando c’è di mezzo il razzismo le case discografiche fanno, però, finta di non vedere e non sentire. L’importante è vendere. Anche la violenza va bene se è generica. Non importa se cattiva, purché generica. Uno dei casi più emblematici è quello del rapper bianco Vanilla Ice, un tranquillo personaggio cui è stato costruito a tavolino dai produttori un passato turbolento in bande assolutamente inventate. Diversa è la situazione che si crea quando la violenza esce dalla genericità per diventare ribellione. Ice-T, un personaggio che arriva al rap partendo dalla poesia tanto da ispirarsi per il suo nome d'arte allo scrittore nero Iceberg Slim, viene licenziato in tronco, nonostante i successi commerciali, nel 1993 dalla Warner Bros., per aver messo in musica la rivolta nera di Los Angeles. Il discrimine non è poi tanto sottile: se serve a vendere qualche disco in più anche il razzismo va bene, mentre la violenza è accettabile solo se non mette in discussione l’ordine costituito. Uscito dai confini degli Stati Uniti, a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta l’hip hop è progressivamente diventato una delle basi per l’evoluzione musicale delle culture alternative di tutto il mondo. Gli Stessi Beastie Boys, simbolo di un’iniziale processo di commercializzazione, evolveranno verso un impegno politico sociale più marcato.

28 aprile, 2018

28 aprile 1937 – Il primo disco della Swing

Il 28 aprile 1937 viene registrato il primo disco della Swing, un’etichetta francese, la prima al mondo che si è dedicata esclusivamente a registrazioni di musica jazz. Fondata nel 1937 su iniziativa di Charles Delaunay cui si deve la grafica dell'etichetta la Swing viene distribuita in Italia dalla società Gramophone - La Voce del Padrone fino al 1950. Il primo disco che porta l'etichetta Swing (impressione oro su fondo azzurro scuro) è realizzato a Parigi sotto la direzione di Coleman Hawkins il 28 aprile 1937 con Benny Carter, André Ekyan, Alix Combelle, Stéphane Grappelli, Django Reinhardt, Eugène d'Hellemes e Tommy Benford e contiene i brani Honey suckle Rose e Crazy Rhythm. Il secondo della serie sarà un disco del Quintetto dell'Hot Club de France. Più di cento sono i titoli furono registrati in quegli anni sotto la supervisione di Charles Delaunay e Hugueš Panassié, che erano i Direttori Artistici della marca. Durante l'occupazione tedesca, la Swing cambia la grafica delle etichette che hanno l’impressione nera su fondo bianco e pubblica un gran numero di dischi di musicisti francesi che suonano composizioni proprie o interpretano classici americani, sostituendo il titolo originale con uno in francese: Reflets al posto di Sweet Sue (Alix Combelle), Indécision invece di Undecided (Quintetto dell'HCF). Nel 1951 la marca Vogue, tornata nuovamente in attività, si riprende il diritto di utilizzazione dell'etichetta, cambiandola da Swing a EMI e conservando la proprietà di tutte le registrazioni alle quali questa Società aveva assicurato il finanziamento.

25 aprile, 2018

26 aprile 1886 - Ma Rainey, la madre del blues

Il 26 aprile 1886 a Columbus, in Georgia, nasce Ma Rainey, una delle più grandi cantanti della storia del blues. Il suo vero nome è Gertrude Pridgett e dopo essersi fatta le ossa girovagando per gli stati del sud degli Stati Uniti viene scoperta e lanciata dalla nascente industria discografica di Chicago e conquista una fama leggendaria. Se a Bessie Smith è toccato il titolo d'imperatrice del blues, la Rainey viene soprannominata "Mother of the blues”, madre del blues. È lei la prima grande vedette nera della storia della musica statunitense e l'originale creatrice dello stile del blues classico. A quattordici anni esordisce in uno spettacolo di vaudeville e a diciotto spose l'attore e ballerino Will "Pa" Rainey col quale forma un solido sodalizio artistico e sentimentale. In quel periodo lavora anche con i celeberrimi Rabbit Foot Minstrels e incontra la giovanissima esordiente Bessie Smith di cui diventa amica e consigliera. Lo stile di Ma Rainey fonde la tensione realistica del blues rurale con l'equilibrio espressivo degli stili vocali urbani. Altri lo chiameranno "classic blues". Con lei suonano con grandi solisti del jazz e del blues come Armstrong, Tommy Ladnier, “Georgia Tom" Dorsey e Tampa Red. Nel 1933 dopo la morte di una sorella e della madre si ritira a Rome, in Georgia, dove resta fino alla morte, avvenuta il 10 novembre 1939.

23 aprile, 2018

24 aprile 1964 - Via la testa della Sirenetta di Copenaghen!

Il 24 aprile 1964 viene decapitata la famosissima statua della Sirenetta, collocata all'ingresso del porto di Copenaghen. La testa, segata e separata dal resto del corpo non verrà mai ritrovata e dovrà essere sostituita da una copia. Il gesto viene rivendicato da un gruppo di artisti appartenenti al movimento "situazionista". Qualche anno dopo uno dei leader del gruppo, Jorgen Nash dichiarerà di essere stato l'esecutore materiale della decapitazione. La statua realizzata dallo scultore Edward Eriksen utilizzando sua moglie Eline come modella e mostrata per la prima volta al pubblico il 23 agosto 1913 sarà periodicamente oggetto di provocazioni e atti vandalici.

21 aprile, 2018

22 aprile 1979 - Keith Richards in concerto per ordine del giudice

Il 22 aprile 1979 Keith Richards, il chitarrista dei Rolling Stones, tiene un singolare concerto nel Civic Auditorium di Ottawa, in Canada. Perché singolare? Tutto inizia il 24 ottobre dell’anno prima nel Palazzo di Giustizia di Toronto dove si svolge l’udienza conclusiva di un processo che vede il buon Keith imputato di detenzione di sostanze stupefacenti. I fatti contestati risalgono al 29 febbraio 1977, quando la polizia canadese, allertata da una soffiata, fa irruzione nella camera della rockstar all’Harbour Castle Hotel di Toronto rinvenendo ventidue grammi di eroina e cinque di cocaina. Arrestato, il chitarrista viene poi rilasciato dopo il pagamento di venticinquemila dollari di cauzione. L’accusa è di detenzione a scopo di spaccio, ma fin dal primo momento Richards fa capire che la sua linea di difesa è quella di chiedere la derubricazione del reato in detenzione per consumo personale. La vicenda, vista la popolarità del protagonista, attira l’attenzione dei media che mettono in risalto come la legislazione contro la diffusione e il consumo di stupefacenti sia inadeguata e ingiusta. «Solo i poveri vanno in galera. I ricchi no», è il leit-motiv di una campagna che vede anche le associazioni antiproibizioniste prendere posizione contro gli effetti di una normativa devastante sul piano sociale. Il reato contestato al chitarrista prevede la reclusione fino a diciotto mesi, convertibile in una sanzione monetaria o in lavori socialmente utili, e una multa salata. Tutti sanno però che le sue pressoché illimitate possibilità economiche lo rendono, nei fatti, diverso dal piccolo spacciatore squattrinato. I ricchi possono pagarsi la libertà, i poveri possono scegliere tra la galera o un periodo lavorativo al servizio della collettività. Per queste ragioni quando il giudice Lloyd Graburn entra nell’aula del Palazzo di Giustizia per la lettura della sentenza, c’è un silenzio carico di tensione. «Io credo – dice il giudice – che i legislatori di questo stato abbiano in mente una giustizia capace di equità e in grado di costituire un punto di riferimento certo per tutti i cittadini. Guai se si pensasse che le legge non è uguale per tutti». In conclusione decide di accettare la tesi del “consumo personale” ma di trattare Keith Richards come tutti gli altri. Lo obbliga a sottoporsi a un trattamento disintossicante e gli impone di prestare la sua capacità lavorativa al servizio della collettività stabilendo che entro sei mesi in un luogo di sua scelta purché sul territorio canadese deve tenere un concerto di beneficenza il cui ricavato è destinato a un istituto di assistenza ai ciechi, il Canadian National Institute for Blind. In più stabilisce la non convertibilità della pena in una sanzione monetaria. È una sentenza emblematica perché equipara nei fatti una persona dalle notevoli possibilità finanziarie al piccolo spacciatore squattrinato attribuendo un valore monetario al lavoro. È per chiudere il conto con la giustizia che il 22 aprile 1979 sale sul palco del Civic Auditorium di Ottawa. Per l’occasione è accompagnato dai New Barbarians, un gruppo composto dall’altro chitarrista dei Rolling Stones Ron Wood, dal bassista Stanley Clarke, dall’ex tastierista dei Faces Ian McLagan e dall’ex batterista dei Meters Ziggy Modeliste.

21 aprile 1967 - Il golpe dei colonnelli in Grecia

Nella notte fra il 20 e il 21 aprile 1967 in Grecia inizia un colpo di Stato guidato dai colonnelli Papadopoulos, Makarezos e Ladas. Mentre un reggimento di paracadutisti occupa il Ministero della Difesa, militari prendono in controllo dei centri di comunicazione, del parlamento e del palazzo reale. Contemporaneamente le unità mobili della Polizia Militare arrestano più di 10.000 persone. La repressione colpisce dirigenti politici, compreso il primo ministro Panagiotis Kanellopoulos, varie figure di rilievo ma anche semplici cittadini colpevoli soltanto di avere simpatia per la sinistra. La "dittatura dei colonnelli", come viene chiamato il regime instaurato dai militari organizzatori del colpo di stato, durerà fino al 1974. Così il regista Costa Gavras nel suo film "Z-L'orgia del potere" elenca le proibizioni introdotte dal Regime: «... i militari hanno proibito i capelli lunghi, le minigonne, Sofocle, Tolstoj, Mark Twain, Euripide, spezzare i bicchieri alla russa, Aragon, Trotskij, scioperare, la libertà sindacale, Lurcat, Eschilo, Aristofane, Ionesco, Sartre, i Beatles, Albee, Pinter, dire che Socrate era omosessuale, l'ordine degli avvocati, imparare il russo, imparare il bulgaro, la libertà di stampa, l'enciclopedia internazionale, la sociologia, Beckett, Dostojevskij, Cechov, Gorki e tutti i russi, il "chi è?", la musica moderna, la musica popolare, la matematica moderna, i movimenti della pace, e la lettera "Ζ" che vuol dire "è vivo" in greco antico».

20 aprile, 2018

20 aprile 1937 - Beppe Chierici, il nostro Brassens

Il 20 aprile 1937 nasce a Cuneo il cantante, compositore, attore Beppe Chierici. Dopo aver girato il mondo come marinaio, si stabilisce a Parigi dove conosce le canzoni di Jacques Brel, Leo Ferré e degli altri cantautori francesi. Successivamente se ne va per una decina d'anni in Africa e tornato poi in Italia negli anni Sessanta, inizia a cantare nei locali alternativi le sue versioni in italiano dei brani di Brassens pubblicando vari album. Nel 1969 a Roma fonda, con Daisy Lumini, una Compagnia che mette in scena lo spettacolo "Essere e avere" che ottiene un grande successo. Nei primi anni Settanta è attivo nel movimento del folk revival e pubblica "La cattiva erba. Contro la guerra e le armi", un album realizzato in coppia con Daisy Lumini nel quale ripropone i canti contro la guerra della tradizione popolare. Poliedrico ed eclettico si divide costantemente fra teatro, musica, cabaret, televisione e cinema Negli anni Ottanta si trasferisce di nuovo in Francia. Tra i registi con i quali lavora ci sono Luigi Comencini, Anton Giulio Majano, Carlo Lizzani, Giuseppe Tornatore, Daniele Luchetti, Alberto Bevilacqua e tanti altri...

18 aprile, 2018

18 aprile 1980 - Il ritorno in Africa di Bob Marley

Nei primi giorni del 1980 Bob Marley realizza il sogno di potersi esibire in Africa. L’occasione non è un granché, ma segna l’inizio di un rapporto. Viene, infatti, invitato a esibirsi per un ristretto pubblico di invitati in occasione della festa di compleanno del Presidente del Gabon, Omar Bongo. Nonostante l’evidente bizzarria dell’evento e dell’ambiente in cui si trovano a suonare, Bob e la sua band danno un grande significato al fatto di essere tornati, sia pur per una settimana, nel continente d’origine dei loro avi. Ben diversa, come spessore culturale e come contenuti, è invece l’occasione successiva. Il 18 aprile 1980, in occasione della festa per la definitiva indipendenza della Rhodesia, Marley & gli Wailers si esibiscono nella capitale Salisbury. In quel giorno la Rhodesia marca la rottura con il passato coloniale recuperando l’antico nome di Zimbabwe e Salisbury diventa Harare. L’accesso all’area che ospita il concerto è riservato solo a una ristretta e selezionata cerchia d’invitati. Recinzioni e barriere, però, possono trattenere le persone, non la musica. Quando Bob inizia a cantare migliaia di cittadini iniziano ad accalcarsi sulle transenne che ne limitano l’accesso all’area dove si sta svolgendo il concerto. L’intervento della polizia non fa che peggiorare la situazione e ben presto l’area è invasa dal suono delle sirene e dal fumo acre dei lacrimogeni. In quelle condizioni è impossibile suonare e il gruppo è costretto a interrompere la sua esibizione. Bob non s’arrende. Convince le autorità locali a ripetere il concerto il giorno dopo lasciando libero l’accesso al pubblico. Il risultato sono due ore ininterrotte di musica davanti a oltre centomila spettatori entusiasti.

16 aprile, 2018

17 aprile 1930 - Chris Barber, il maestro inglese

Il 17 aprile 1930 nasce a Londra il trombonista e direttore d'orchestra Chris Barber, all'anagrafe registrato con il nome di Donald Christopher Barber. La sua popolarità è legata soprattutto all’orchestra che inizia a dirigere nel 1954, dopo aver fatto una breve esperienza insieme a quella di Ken Colyer. Amato dal pubblico e molto meno dalla critica vive il suo periodo migliore tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, quando conquista il pubblico statunitense. Nel 1959 partecipa al Monterey Jazz Festival applaudito e osannato dagli spettatori e ferocemente contestato dai critici che accusano la sua orchestra di mancanza di carattere e scarso valore musicale. Chris non si cura troppo delle critiche. Il pubblico è con lui e questo gli basta. Negli anni successivi torna più volte negli Stati Uniti e nel 1962 suona per il presidente Kennedy al Washington Jazz Festival. Negli anni Settanta l'orchestra sembra entrata nella sua fase declinante, ma ancora una volta Chris Barber riesce a dare un colpo d'ala. Dopo aver suonato nel 1975 alla Royal Fest Hall in occasione del primo anniversario della morte di Duke Ellington, promuove nel 1976 l'organizzazione di "Echoes of Ellington Tour", un progetto musicale ambizioso con la propria Jazz and Blues Band rinforzata, per l'occasione, da due musicisti che avevano suonato con Ellington: il sassofonista Russell Procope e il pianista organista Wild Bill Davis. La sua caratteristica migliore è proprio nella capacità di rinnovarsi con stile passando dal più rigoroso tradizionalismo a una grande varietà di stili e di influenze che si integrano fra loro, dal rhythm and blues, dal jazz rock al rock più propriamente detto, dal mainstream al jazz moderno.

16 aprile 1919 - Nilla Pizzi, la Regina della canzone italiana

Indiscussa “Regina della canzone italiana”, Nilla Pizzi è stata, insieme a Claudio Villa, la protagonista di uno dei primi grandi fenomeni di popolarità di massa della canzone italiana. Negli anni Cinquanta sono migliaia i club a lei dedicati e gli ammiratori fanno la fila per assistere alle sue esibizioni mentre i giornali con la sua foto in copertina vanno a ruba. I suoi veri o presunti flirt occupano le cronache rosa e non mancano voci di tentati suicidi da parte di appassionati spasimanti. Adionilla  Pizzi, questo è il suo vero nome, nasce il 16 aprile 1919 a Sant'Agata Bolognese, una cittadina a pochi chilometri dal capoluogo emiliano. Non sono anni facili quelli della sua infanzia. L’Italia uscita da un sanguinoso conflitto sta precipitando nella dittatura e le condizioni economiche del paese non aiutano a sognare, ma nonostante tutto la piccola Adionilla coltiva una precoce passione per lo spettacolo cantando, recitando e danzando negli spettacoli scolastici e nelle festicciole del paese. In quell’epoca i bambini non hanno tempo di godersi la vita perché si diventa grandi in fretta e la scuola non dà pane. Così, un po’ per imparare un mestiere e un po’ per dare una mano alla famiglia raggranellando qualche soldino la ragazza lavora prima in un laboratorio di sartoria e poi da un fornaio. Non rinuncia però alla musica e nel poco tempo libero continua a studiare canto esibendosi appena può nelle balere dei paesi vicini al suo. La svolta nella vita di Adionilla Pizzi arriva quando viene assunta dalla Società Radio Brevetti Ducati, una fabbrica di apparecchiature radio. Qui mentre lavora può ascoltare le voci delle cantanti più in voga di quegli anni. Spesso unisce la sua voce a quelle di Lina Termini, Silvana Fioresi o Dea Garbaccio diffuse dagli apparecchi radiofonici. Queste esibizioni entusiasmano le sue colleghe di lavoro che la incitano a insistere su quella strada. «Prima o poi diventerai famosa e allora ti dimenticherai di noi…». La ragazza si schernisce, le rimbrotta, ma comincia a pensare seriamente al mondo dello spettacolo. Nel 1937, a diciotto anni, vince il concorso nazionale “Cinquemila lire per un sorriso”, indetto da una rivista e considerato un po’ l’antesignano della futuro concorso per Miss Italia. L’evento non sembra destinato a cambiare granché la vita della ragazza che sembra avviarsi sui binari di una tranquilla normalità dopo il matrimonio con Guido Pizzi, un giovane muratore che porta il suo stesso cognome senza alcun rapporto di parentela. Come spesso accade a decidere diversamente è il caso. La guerra separa la coppia e fa crollare la fragile unione mentre Adionilla nel 1940 comincia a cantare negli spettacoli per le Forze Armate. Due anni dopo viene invitata a partecipare al concorso per voci nuove indetto dall’Eiar, l’Ente statale che gestisce le trasmissioni e i programmi radiofonici. Al termine delle selezioni cui partecipano ben diecimila concorrenti, risulta prima assoluta. Fa così il suo debutto ai microfoni della radio con l’orchestra del maestro Carlo Zeme cantando il brano Casetta tra le rose. Il 23 febbraio 1944 negli studi della Parlophone, Adionilla Pizzi registra con il nome d’arte di Nilla Pizzi il suo primo disco da solista. È poco più di un anno da quando la ragazza ha vinto il concorso EIAR davanti a migliaia di concorrenti conquistandosi il diritto di cantare ai microfoni della radio con l’orchestra di Carlo Zeme. È stato un anno ricco di soddisfazioni e di cambiamenti con il passaggio all’orchestra prestigiosa di Cinico Angelini. Quella che entra negli studi della Parlophone non è più una giovane promessa ma una cantante consapevole delle sue possibilità e del suo talento. Quel giorno Nilla Pizzi deve registrare Alba della vita, un brano destinato a essere pubblicato su un 78 giri come lato B di Guarda un po’ di Dea Garbaccio. La strada sembra ormai in discesa, ma non è così. Il suo modo di cantare, considerato troppo “moderno” dalla censura fascista, unito ai suoi atteggiamenti insofferenti nei confronti delle imposizioni sul repertorio le costano l’allontanamento dalla radio e la rescissione del contratto discografico. Soltanto nel 1946, dopo la Liberazione, riprende il suo posto ai microfoni radiofonici e ottiene un nuovo contratto discografico con l’etichetta La Voce del Padrone. Nello stesso periodo pubblicherà anche per la Cetra e le etichette consociate Fon e Mayor, alcuni dischi con vari pseudonimi: Carmen Isa, Isa Merletti, Conchita Velez e Ilda Tulli.  Nel 1951 il 29 gennaio cade di lunedì. Per gran parte degli italiani non è che una dura giornata di lavoro che precede il secondo giorno lavorativo della settimana. Per questa ragione chi deve alzarsi presto per andare a lavorare è probabilmente già a letto alle 22 quando, diffusa in tutta Italia dal Programma Nazionale della RAI, la voce di Nunzio Filogamo, proveniente dalla Sala delle Feste del Casinò di Sanremo, annuncia per la prima volta il Festival della Canzone Italiana: «Signori e signore, benvenuti al Casinò di Sanremo per un'eccezionale serata organizzata dalla RAI, una serata della canzone con l'orchestra di Cinico Angelini. Premieremo, tra duecentoquaranta composizioni inviate da altrettanti autori italiani, la più bella canzone dell'anno. Le venti canzoni prescelte vi saranno presentate in due serate e saranno cantate da Nilla Pizzi e da Achille Togliani con il duo vocale Fasano». Neppure in sala c’è la percezione del grande evento. Il pubblico seduto ai tavolini, infatti, presta una modesta e distratta attenzione ai brani preferendo dedicarsi con maggior impegno alla cena e alla conversazione. Se ne accorge anche chi ascolta la radio. Le esibizioni dei cantanti arrivano nelle case, infatti, con il sottofondo di un brusio diffuso e del tintinnare delle stoviglie. La presenza è scarsa, non soltanto perché è lunedì, ma anche perché il prezzo d’ingresso di ciascuna serata è di 500 lire, una cifra all’epoca non certo alla portata di tutte le tasche. Al termine delle due serate Nilla Pizzi conquista il primo, secondo e terzo posto, rispettivamente con Grazie dei fiori, La luna si veste d’argento e Serenata a nessuno, le ultime due in coppia con Achille Togliani. L’anno dopo si ripete l’anno piazzando al primo, secondo e terzo posto le canzoni Vola colomba, Papaveri e papere e Una donna prega, mentre nel 1953 è seconda con Campanaro, in coppia con Teddy Reno. Nel 1952 vince anche la prima edizione del Festival di Napoli con Desiderio 'e sole in coppia con Franco Ricci. Insignita del titolo di “Regina della canzone italiana” Nilla Pizzi si dimostra eclettica sperimentandosi in quasi tutti i campi dello spettacolo. Cinema, teatro di rivista e fotoromanzi contribuiscono a rafforzare il suo successo mentre i suoi ammiratori formano a Torino il “Club Nilla Pizzi”, considerato il primo fan club della storia della canzone italiana. Nilla torna al Festival di Sanremo nel 1958 presentando Amare un’altra con Gino Latilla, Giuro d’amarti così con Claudio Villa e L'edera con Tonina Torrielli, che si piazza al terzo posto. Nell’edizione seguente della rassegna sanremese canta Il nostro refrain, con Tonina Torrielli, Sempre con te con Fausto Cigliano e Adorami con Tonina Torrielli, che vince il Premio della Critica. Al Festival di Sanremo del 1960 interpreta Colpevole, con Tonina Torrielli e Perdoniamoci con Achille Togliani. Negli anni Sessanta con l'avvento di nuove mode la sua popolarità inizia a declinare, anche se i più fedeli ammiratori non l’abbandoneranno mai. Negli anni Ottanta, sull’onda del revival nostalgico forma il gruppo “Quelli di Sanremo” con Giorgio Consolini, Carla Boni e Gino Latilla. Nel 1994 torna al Festival di Sanremo come componente della Squadra Italia, un gruppo di undici protagonisti della storia musicale del nostro paese che interpreta Una vecchia canzone italiana. Sempre nel corso degli anni Novanta partecipa a innumerevoli trasmissioni televisive e affronta lunghissime tournée in tutto il mondo. Nel 2002 sorprende tutti pubblicando insieme alla boyband 2080 il brano Io e te e una versione di Grazie dei fiori in chiave rap. Muore a Milano il 12 marzo 2011.

14 aprile, 2018

15 aprile 1928 - Il jazz milanese alla radio

Il 15 aprile 1928 dalla stazione radio di Milano Vigentino va in onda per la prima volta un programma con la jazz band del Ristorante Cova destinato ripetersi ogni domenica dalle 17.30 alle 18.30. Il successo è tale che la stessa band suonerà poi ai microfoni dell'emittente radiofonica anche ogni sabato dalle 17.30 alle 18.30 e la domenica e il mercoledì dalle 23.00 alle 23.30. Nei mesi successivi le orchestre diventano due. Si aggiunge infatti la jazz band del ristorante Diana che occupa la fascia del mercoledì dalle 22.30 alle 24.00 in sostituzione di quella del Cova. L'anno dopo la situazione si consolida ed esce dalla fase sperimentale con una serie di programmi, che sotto la denominazione "Eiar Jazz" vanno in onda per tutto l'anno giornalmente da Milano dalle 17.00 alle 18.30, dalle 19.00 alle 19.55 e dalle 23.00 alle 24.00.

14 aprile 1989 - Per Gainsbourg iniziano i giorni dell’addio

Alla fine degli anni Ottanta Serge Gainsbourg comincia ad avere i primi problemi di salute. Il cuore fa le bizze ma è soprattutto il fegato a mostrare i segni di un precoce degrado. Nel 1988 festeggia i suoi sessant’anni lavorando a un album per Bambou, la sua compagna di quegli anni, partecipando a qualche festival ma più che altro affrontando i problemi che gli derivano dalle sue condizioni di salute. Il 14 aprile 1989 viene operato al fegato. Nonostante le difficoltà crescenti non smette di lavorare. Regala le ultime perle della sua creatività a Vanessa Paradis, scrive per Joëlle Ursull la canzone White and black blues che si piazza seconda all’Eurofestival e, soprattutto, firma Amours des feintes, un nuovo album per Jane Birkin. L’ultimo della sua vita. Il 2 marzo 1991 Bambou trova il corpo senza vita del suo compagno. È stato ucciso dall’ennesima crisi cardiaca. Viene seppellito Parigi, nel Cimitero di Montparnasse, nel corso di una cerimonia in cui Catherine Deneuve legge il testo della sua canzone Fuir le bonheur de peur qu’il ne se sauve.

12 aprile, 2018

13 aprile 1980 - Via “Grease” dal cartellone!

Il 13 aprile 1980, dopo otto anni di ininterrotte rappresentazioni, sparisce dal cartellone di Broadway il musical "Grease". Quando è stato presentato per la prima volta il 12 febbraio 1972 nessuno si immagina che quella mielosa favoletta in puro stile anni Cinquanta è destinata a battere ogni record di longevità. Verrà rappresentata ininterrottamente per 3.388 serate fino al 13 aprile 1980 quando, non senza rimpianti, verrà tolta definitivamente dal cartellone. L’operina in chiave rock and roll segna anche la nascita di un fenomeno musicale battezzato dalla critica con i nomi di “rock and roll revival” o anche “nostalgic rock”. Al di là delle sigle si tratta della riproposizione di classici del passato da parte di artisti specializzatisi in una sorta di archeologia musicale. La moda prende piede nei club di Manhattan nei primi anni Settanta. Tra i primi esponenti ci sono i Manhattan Transfer che si ispirano ai gruppi vocali del passato dal doo-wop al be-bop e gli Sha Na Na che puntano più sulle parodie. Proprio alle loro parodie è ispirata anche la serie televisiva "Happy days", e. Sulla linea dei Manhattan Transfer ci sono anche i Persuasions che rispolverano il canto a cappella, adattandola al soul e al pop mentre Leon Redbone riscopre gli standard di blues e jazz degli anni Trenta e Quaranta e i Colorblind James Experience rinnovano la tradizione delle armonie da "barbiere". I più originali sono i New Rhythm And Blues Quartet (NRBQ) che propongono anche le colonne sonore di “Bonanza” e “North to Alaska” in versione free jazz.


11 aprile, 2018

12 aprile 1910 - Luciana Dolliver, signora illusione

Il 12 aprile 1910 nasce a Catania la cantante Luciana Dolliver. Il suo vero nome è Angela Alecci. Ancora adolescente, inizia a esibirsi come ballerina e cantante. A partire dal 1929 inizia a cantare alla radio prima con l'orchestra di Pippo Barzizza e successivamente con quelle di Angelini, Petralia, Segurini, Semprini e Ferrari. Durante la seconda guerra mondiale diventa popolarissima tra i soldati italiani sui fronti di Grecia, Jugoslavia e Albania per la sua disponibilità a cantare per loro in varie occasioni. Nel primo dopoguerra è ancora una delle cantanti fisse della radio, anche se progressivamente, di fronte all’incalzare delle nuove mode, la sua popolarità va scemando. Nel 1953 un trauma provocato da un incidente tramviario nel quale resta coinvolta le fa perdere la voce. Torna alla ribalta delle cronache qualche tempo dopo quando ottiene di essere risarcita con la cifra, all’epoca considerevole, di quaranta milioni di lire. I suoi successi più conosciuti sono Passa la diligenza, ‘O mese d’ ‘e rrose, Una notte a Madera e Signora illusione. Muore a Roma il 1° settembre 1982.

11 aprile 1902 - Enzo De Muro-Lomanto, tra opera e canzone napoletana

L’11 aprile 1902 a Canosa, in provincia di Bari, nasce Enzo De Muro-Lomanto, uno dei cantanti lirici più popolari nel mondo degli anni Trenta e Quaranta. Compie gli studi di canto nel conservatorio di Napoli con Agostino Roche e fa il suo debutto come tenore nell’opera “Manon” di Massenet. Nel 1928, in Australia, sposa la famosa soprano Toti Del Monte con la quale costituisce una coppia artistica destinata a suscitare grande entusiasmo in tutto il mondo. Tra i suoi successi discografici ci sono molti classici della canzone che, spesso, vengono inseriti anche nella scaletta dei suoi concerti, come Voce e’ notte, Core ’ngrato, Guapparia, Silenzio cantatore, Piscatore ‘e Pusilleco e Passione. Muore a Milano il 15 marzo 1952.

10 aprile, 2018

10 aprile 2003 - Se ne va Little Eva

Il 10 aprile 2003 muore a Kinston nel North Carolina Little Eva. La notizia viene data distrattamente dai media di tutto il mondo. Quel nome alle nuove generazioni non dice nulla e alle precedenti poco. Eppure per un brevissimo tempo quella di Little Eva è stata una stella luminosissima della scena pop internazionale. Nata a Belhaven, nel North Carolina, il 29 giugno 1945 viene registrata all'anagrafe con il nome di Eva Narcissus Boyd. La sua è una famiglia numerosa, costretta a muoversi continuamente inseguendo il lavoro. Anche la piccola Eva non può permettersi di vivere tranquillamente la sua infanzia. Tutti devono dare il loro contributo per tirare avanti e la ragazzina si adatta alle necessità. Il lungo peregrinare li porta nel 1960 a New York, dove Eva, ormai quindicenne, riesce a farsi assumere dalle famiglie dei quartieri ricchi come bambinaia. Tra i suoi affezionati clienti ci sono anche Gerry Goffin e Carole King, in quel periodo marito e moglie, oltre che autori di successo. Favorevolmente impressionati dalla sua voce la convincono a sottoporsi a un provino il cui esito è più convincente del previsto. La diciassettenne Eva si ritrova così con un contratto discografico e un frettoloso nome d'arte: Little Eva. La ditta Goffin & King decide di affidare alla sua voce Locomotion, un brano inizialmente scritto per Dee Dee Sharp. La canzone ottiene uno straordinario successo arrivando al vertice delle classifiche in vari paesi. Decisi a sfruttare fino in fondo l'inaspettata gallina dalle uova d'oro discografici e produttori decidono di utilizzare l'immagine della ragazza per lanciare anche un ballo di moda con lo stesso nome della canzone. Il risultato è quello di legare per sempre a "Locomotion" il personaggio di Little Eva. L'esplosione del beat e l'ondata di rinnovamento che attraversa la musica pop mondiale, fanno il resto. Dopo lo scarso successo di brani come Keep your hands off my baby, Let's turkey trot e Old smokey locomotion, nel 1964 si chiude la sua avventura discografica. La ragazza non ha ancora diciannove anni ed è ormai considerata un reperto d'epoca. Negli anni successivi si tornerà a parlare di lei ogni volta che Locomotion tornerà in classifica sull'onda della nostalgia. La morte se la porta via il 10 aprile 2003 dopo una lunga malattia.

07 aprile, 2018

8 aprile 1975 - L'ultimo spettacolo di Josephine Baker

L’8 aprile 1975 Joséphine Baker celebra i cinquant’anni dal suo debutto in Francia al Bobino. Non sta molto bene. Negli anni Cinquanta ha cominciato ad avere vari problemi di salute. Costretta a ridurre un po’ la sua attività artistica nel tempo libero si è dedicata agli altri impegnandosi anche nella lotta contro la segregazione razziale e per la pace in un modo singolare e unico. Nel suo castello di Milandes, in Dordogna, infatti ospita dodici bambini adottati, ciascuno appartenente a una razza e una religione diversa per dare un esempio di fraternità universale. Gli spettacoli, però, non bastano a mantenere economicamente tutte queste attività e, all’inizio degli anni Sessanta, Josephine, quasi sul lastrico, decide di vendere Milandes. Nel febbraio 1964 alla vigilia del giorno fissato per la vendita Brigitte Bardot, in quel periodo al culmine della sua popolarità, lancia un appello per aiutare la Venere Nera. La vendita viene sospesa, ma i debiti e i problemi non scompaiono per magia. Passato l’effetto Bardot Josephine si ritrova sola nella sua battaglia quotidiana e comincia ad avere problemi di cuore sempre più frequenti. Non manca chi l’aiuta a far fronte ai debiti. Nel 1968 il suo amico Bruno Coquatrix le organizza un concerto all’Olympia mentre la Pathé Marconi si impegna a pubblicare un album speciale per l’occasione. Nonostante i generosi tentativi la battaglia contro i debiti finisce male. Nel 1969, mentre i suoi ragazzi sono rifugiati a Parigi da amici, tenta di resistere alla sfratto ma nella notte viene presa e buttata fuori da Milandes. La sua vita riprende a muoversi tra tournée e ricoveri in ospedale. L’8 aprile 1975 al Bobino per la celebrazione dei cinquant’anni dal suo debutto in Francia mette in scena uno straordinario spettacolo di fronte a un parterre colmo di personalità. Nessuno lo sa ma quello è il suo ultimo saluto alla città. Due giorni dopo si addormenta per un sonnellino pomeridiano e non si sveglia più.

05 aprile, 2018

6 aprile 2007 - Luigi Comencini, il regista impegnato dal linguaggio semplice

Nella mattinata di venerdì 6 aprile 2007 muore il regista Luigi Comencini, uno dei grandi del cinema italiano. La sua caratteristica particolare è quella di saper coniugare l'impegno e la denuncia sociale anche aspra con un linguaggio cinematografico semplice e accattivante. Nato a Salò, in provincia di Brescia, l'8 giugno 1916 nel 1938 quando è ancora studente universitario fa il critico cinematografico della rivista “Corrente” e, insieme ad Alberto Lattuada e a Mario Ferrari, si dedica alla ricerca e alla conservazione di vecchi film. Nel dopoguerra scrive ancora di cinema prima sull’“Avanti!” e poi sul settimanale “Tempo”. Il suo esordio dietro alla macchina da presa avviene nel 1946 con il documentario “Bambini in città”, sulle condizioni dell’infanzia nelle periferie urbane. Due anni dopo gira il suo primo film “Proibito rubare”, ambientato tra gli scugnizzi napoletani, cui seguono “L’imperatore di Capri” nel 1950 con Totò, e due film dedicati al delicato tema della prostituzione: “Persiane chiuse” del 1951 e “La tratta delle bianche” del 1952. La vera svolta nella sua carriera avviene, però, con “Pane, amore e fantasia” nel 1952. Il film ottiene un enorme successo di pubblico e segna la definitiva consacrazione di Comencini tra i grandi del cinema italiano. La capacità di mescolare l’osservazione e il racconto degli umori sociali in vicende apparentemente leggere e divertenti finiranno per essere i tratti caratteristici di quello che all’epoca si chiama ancora “neorealismo rosa” me che qualche anno dopo troverà dignità di genere nella Commedia all’italiana. I funerali si svolgono nel pomeriggio del 7 aprile a Roma in piazza Cavour nella chiesa di rito. Per onorare la sua scomparsa Rai2 modifica la programmazione della serata e manda in onda il suo film "Pane, amore e fantasia".

03 aprile, 2018

4 aprile 1943 - Tiny Parham, il medico mancato

Il 4 aprile 1943 muore a Milwaukee, nel Wisconsin il pianista Tiny Parham. Nato a Kansas City, in Kansas il 25 febbraio 1900 all'anagrafe si chiama Hartzell Strathdene Parham. Da giovane pensa alla musica solo come hobby, ma dopo aver frequentato per qualche anno la facoltà di Medicina decide di farne un mestiere. Talentuoso e geniale nei primi anni Venti si conquista rapidamente una buona popolarità nel South Side di Chicago. Nel 1926 assieme al violinista Leroy Pickett forma il primo gruppo della sua carriera. Il grande successo arriva con i Musicians la band di cui fa parte anche il cornettista Punch Miller. Con questa formazione Parham si esibisce al Dreamland e poi al Sunset Café, i due più prestigiosi cabaret di Chicago, e registra una lunga serie di dischi per la Victor annoverabili tra i migliori prodotti del jazz nero di Chicago. Negli anni Trenta Parham, pur senza rinunciare a esibirsi in pubblico, lavora prevalentemente come arrangiatore per vari leader tra cui King Oliver ed Earl Hines nonché come compositore. Quasi tutte le musiche dei floor-show del Royal Frolic Club sono opera sua. Nel 1940 suona e registra a Chicago, con un suo quartetto comprendente il clarinettista Darnell Howard. Parte poi per una lunga serie di tour. Proprio durante un'esibizione a Milwaukee muore per un collasso cardiaco.

3 aprile 1946 - Giuseppe Parmigiani detto Beppe, il sax di Castel San Giovanni

Il 3 aprile 1946 nasce a Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza il sassofonista Giuseppe Parmigiani detto Beppe, una delle numerose figure carismatiche della scena jazz italiana. Lui stesso non ha mai saputo dire quando gli sia nata la voglia di fare della musica la sua principale passione. L'unica cosa certa è che a undici anni suona già nella banda del paese. A quattordici si iscrive al corso di clarinetto del conservatorio di Piacenza e nel 1967 ottiene il diploma. Nel 1975 fa le prime esperienze jazz nel quintetto di Luciano Biasutti del quale scrive buona parte delle composizioni. Con questa formazione nel 1976 incide l'album Blue bone nel quale effettua alcune improvvisazioni col flauto dolce e fa una tournée in Bulgaria partecipando al festival di Sopot. Dal 1975 insegna clarinetto al conservatorio di Piacenza. Nel 1978 collabora con la big band del Capolinea diretta da Attilio Donadio e Tullio De Piscopo. Ancora nel 1978 e nel 1980 tiene seminari sul sassofono jazz a Rovereto, in provincia di Trento, dove ha pure l'opportunità di suonare con Franco D'Andrea. Negli anni Ottanta forma una big band di ragazzi, la Sugar Kitty Band dalla quale escono moltissimi talenti del jazz italiano.

01 aprile, 2018

2 aprile 1937 - Mario Rusca, un pianoforte senza tempo

Il 2 aprile 1937 nasce a Torino il pianista Mario Rusca. A dodici anni inizia a pigiare i tasti bianche neri del pianoforte sotto la guida di un insegnante. La sua passione per la musica lo porta a suonare ovunque possa e senza troppo guardare per il sottile i generi anche se nel futuro sarà il jazz che gli regalerà la maggior popolarità e grandi soddisfazioni. Nel 1957 tiene una serie di concerti in trio con Nando Amedeo al contrabbasso e Giancarlo Coriasso alla batteria poi si dedica quasi esclusivamente alla cosiddetta "musica leggera" fino al 1969 quando si trasferisce a Milano. Qui approfondisce gli studi di armonia e riprende l'attività jazzistica nell'appena inaugurato Capolinea. È un periodo ricco di stimoli e di lavoro visto che il suo tocco viene particolarmente apprezzato anche negli studi di registrazione. Fino al 1977 è una presenza fissa al Capolinea. Nel 1971 collabora con Joe Venuti sia in sala che nei concerti e nel 1972 è uno dei componenti della band di Gil Cuppini. Nel 1974 incide il primo album a proprio nome, Reaction, con Stefano Cerri al basso elettrico e Gianni Cazzola alla batteria. Da quel momento non contano più le incisioni nè le collaborazioni sia in studio che in concerto con i più grandi jazzisti italiani e internazionali. Tra i personaggi con i quali ha suonato spiccano i nomi di Bruno Tommaso, Tullio De Piscopo, Gerry Mulligan, Larry Nocella, Paolo Tomelleri, Mauricio Chiappeta e Paolo Pellegatti, Roberto Haliffi, Julius Farmer, Giancarlo Pillot, Gianni Basso, Gianni Bedori , Chet Baker, Lee Konitz, Don Byas, Kenny Clarke, Tony Scott, Dizzy Reece, Billy Higgins, Marty Morell, Eddie Gomez, Thad Jones, Mel Lewis, Art Farmer e molti altri.