27 settembre, 2019

27 settembre 1966 – Jovanotti, l'evoluzione


Considerato agli esordi poco più di una geniale invenzione dell’industria discografica e bersagliato come l’interprete della superficialità disimpegnata degli anni Ottanta, Jovanotti riesce, nel tempo, ad affinare la sua tecnica e a riempire i suoi brani di contenuti, fino a diventare interprete impegnato e colto, senza mai perdere il successo commerciale. Il suo vero nome è Lorenzo Cherubini e nasce a Roma il 27 settembre 1966. Inizia giovanissimo a lavorare come disc jockey e conduttore radiofonico. Nel 1987 debutta come cantante su suggerimento di Claudio Cecchetto che lo convince a interpretare brani disimpegnati che si rivolgono a un pubblico di adolescenti come 1...2...3... casino, Siamo o non siamo un bel movimento? , Go Jovanotti go e Gimme Five. Nel 1988 pubblica l'album Jovanotti for president che vende più di cinquecentomila copie e fa di lui uno dei più grandi fenomeni commerciali della fine degli anni Ottanta. Nel 1989 partecipa al Festival di Sanremo con l'ironica Vasco, una rassicurante e un po' codina presa in giro di Vasco Rossi, cui segue l'album La mia moto, un disco in cui la dance music lascia trasparire qua e là riferimenti alla cultura hip hop, non sufficienti però a conquistare il pubblico più esigente che vede in lui un simbolo della superficialità degli anni Ottanta. Non a caso il brano che dà il titolo all’album viene ripreso dal gruppo ragamuffin veneto dei Pitura Freska che lo incidono con un nuovo testo pesantemente ironico nei confronti del cantante. Nel 1990 realizza l'album Giovani Jovanotti cui collaborano musicisti come Keith Emerson, Billy Preston, Mick Talbot, Pino Palladino e i Memphis Horms, che segna una svolta nella sua carriera. A partire dal 1991 con l’album Una tribù che balla la sua produzione si fa via via più matura e ricca sia dal punto di vista musicale che da quello dei contenuti. Nonostante qualche problema di credibilità, soprattutto all’inizio degli anni Novanta, a lui va riconosciuto l'indubbio merito di aver saputo fondere in modo efficace l’esperienza della canzone italiana con le nuove tendenze della musica internazionale, contribuendo a un grande rinnovamento generazionale della musica popolare del nostro paese.


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