16 gennaio, 2019

17 gennaio 1973 – Edgar Sampson, un agnello polistrumentista


Il 17 gennaio 1973 a Englewood, nel New Jersey, muore Edgar Melvin Sampson, soprannominato "The lamb", l'agnello, per i suoi capelli ricci e setosi. Ha sessantacinque anni e da tempo è stato colpito da una misteriosa malattia che ha lasciato spazio a varie ipotesi sulle quali lui tace. Gli annuari del jazz parlano di lui come di un sassofonista, ma in realtà The Lamb, pur avendo dato il meglio di sé al sassofono, è un polistrumentista ricco di genio. Il suo incontro con la musica avviene, infatti, quando, ancora piccolo, comincia a fare esperienza davanti alla tastiera di un pianoforte, passando poi al violino. L'incontro con il sassofono avviene più tardi, quando il giovane Sampson sta già frequentando le scuole superiori. È amore a prima vista, anche se destinato a restare segreto per qualche tempo. Nel 1924, infatti, fa il suo debutto come strumentista suonando il violino al fianco di Joe Coleman. Tre anni dopo entra a far parte della big band di Duke Ellington e tra il 1928 e il 1930 suona con le orchestre di Arthur Gibbs e Charles Johnson. Passa indifferentemente dal violino al sassofono, ma lascia ad altri il compito di pigiare sulla tastiera del pianoforte. All'inizio degli anni Trenta sembra trovare un equilibrio definitivo nell'orchestra di Fletcher Henderson, che sfrutta in modo intelligente la sua capacità con entrambi gli strumenti. The Lamb, però, non si lascia intruppare. Nel 1933 chiude il suo rapporto con Henderson e inizia a lavorare con Chick Webb. Alla coppia si devono brani come Blue Lou, Stompin’ at The Savoy o Lullaby in rhythm, considerati ancora oggi tra le migliori pagine scritte durante l’era dello swing. Chiusa anche la collaborazione con Webb, Sampson giura a se stesso di dedicarsi completamente all’arrangiamento e alla composizione abbandonando la carriera solistica. Non è l'ultimo atto del suo percorso musicale. Nel 1944 Al Sears lo convince a suonare il sassofono nella sua orchestra e lui rompe il giuramento e ricomincia a vagabondare tra le migliori formazioni dell'epoca, con una predilezione per quelle che si esibiscono nei locali di New York, in modo da non doversi spostare. Negli anni Cinquanta scopre la nuova frontiera delle sonorità latino-americane e presta il suo sassofono alle formazioni di Tito Puente, Tito Rodriguez, Manolo Guerra e altri. All'inizio degli anni Sessanta i primi sintomi della misteriosa malattia lo costringono a chiudere con la musica.


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